La guerra in Ucraina sta rinfrescando, alla smemorata umanità, che anche un conflitto bellico non con caratteristiche “mondiali”, per ora, al quale partecipano, indirettamente o meno, potenze planetarie, può influire sul sistema economico globale in modo devastante. Questo braccio di ferro, con fulcro in Ucraina, tra Russia e Stati Uniti, ai quali si appoggia l’Occidente europeo, sta delineando una prevedibile crisi del mercato alimentare, in quelle aree legate sia alla Russia che all’Ucraina. Così, nel Continente africano, iniziano a vacillare quei determinati sostegni alimentari provenienti dai “granai ucraini e russi”, che ora stanno soffrendo della “siccità delle dinamiche di mercato” e dell’imprevedibile futuro geopolitico, causati dalla guerra e dalle sanzioni imposte a Mosca. Le ricadute della guerra in Ucraina rischiano, quindi, di far piombare gli Stati africani in una spirale pericolosa di sovraindebitamento e penuria di cibo e carburante.
Così i prezzi in generale in rialzo, e le concrete carenze date dai problemi di approvvigionamento di cereali, espongono l’Africa a subire le conseguenze del conflitto in Ucraina. Data l’importanza che riveste l’importazione del grano sia ucraino che russo per molti Paesi africani, i ministri dell’Agricoltura dei Paesi del G7 si sono riuniti il 13 maggio in Germania, per definire il livello del rischio alimentare e programmare una risposta a tale grave problematica. I portavoce delle Nazioni Unite hanno reso noto, nei giorni scorsi, la probabilità che i tassi di interesse globali possano aumentare, poiché la guerra sta influendo sia sull’inflazione che sull’attività economica. Quindi, è chiaro che questa situazione peggiorerà la “questione” del debito dei Paesi africani, dando il via a un effetto domino di insolvenze, soprattutto negli Stati il cui rimborso del debito è previsto nel 2022 e nel 2023.
Ricordo che Ucraina e Russia sono i due maggiori esportatori di grano, mais, colza e olio di girasole in Africa. Nel 2020, i Paesi africani hanno importato dalla Russia prodotti agricoli per un valore di oltre quattro miliardi di dollari, il novanta per cento dei quali era grano. Al momento, una cospicua parte della esportazione di cereali è bloccata, oltre a prevedere, soprattutto per l’Ucraina, un calo della produzione di cereali in questo anno. Inoltre, la Russia è il principale fornitore mondiale di fertilizzanti e Vladimir Putin si è affrettato a incolpare le sanzioni imposte dall’Occidente per il taglio delle forniture di fertilizzanti destinato anche all’Africa, dove questa carenza ridurrà la produttività e le rese. Come è di prassi l’anello più debole di questo sistema è l’Africa, con alcune riserve date soprattutto da una adattabilità unica del suo sistema sociale.
Questo drammatico “effetto non collaterale” della crisi ucraina colpisce tragicamente quelle aree già con gravissime fragilità umanitarie date dalla cronica siccità, e dalla instabilità politica, come le regioni del Corno d’Africa, dove oltre venti milioni di persone stanno già soffrendo una grave e persistente carestia. Secondo il World Food Programme, si profila un aggravamento del già pesante disastro umanitario, in particolare in Somalia, ma anche nel dirimpettaio martoriato Yemen. Ma anche in Kenya la situazione potrebbe portare gravissime conseguenze. Qui oltre un terzo del grano importato proviene da Russia e Ucraina. In Zimbabwe risulta che il prezzo della benzina e del gas è più che triplicato incidendo, quindi, anche sull’intera filiera economica.
L’Egitto è il più grande acquirente di grano al mondo, con l’ottanta per cento delle sue importazioni provenienti da Russia e Ucraina, non sottovalutando che il Cairo ha da alcuni anni in atto una “guerra dell’acqua”, per ora basata su intimidazioni, con Addis Abeba, per la diminuzione della portata del Nilo causata dalla Renaissance-Dam, la ciclopica diga etiope al confine con il Sudan. Infine, nell’Africa occidentale e in particolare nell’area sub-sahariana, Stati come Burkina Faso, Niger, Ciad, Mali e Nigeria, stanno vivendo la peggiore crisi alimentare dell’ultimo decennio. In questa vasta regione circa 28 milioni di persone stanno soffrendo la fame, non solo a causa della siccità, ma di una condizione politica profondamente instabile.
Colpi di Stato, terrorismo jihadista dilagante. L’organizzazione creata per combattere il terrorismo islamico, G5 Sahel, è quasi estinta a causa del Mali che ha lasciato il “gruppo”. L’Occidente sta tentando di mantenere l’organizzazione Minusma (Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali). Inoltre, la guerra tra criminali e Stati cleptocratici che si contendono anche il controllo e possesso delle miniere d’oro, e delle risorse del sottosuolo, i traffici di migranti diretti verso la Libia, le tensioni con la Francia per la fine dell’Operazione Barkhane. Tutto questo con la presenza dei mercenari russi Wagner che stanno soppiantando i francesi e penetrano all’interno dei governi che li ingaggiano. Tuttavia, vedendo in questa area del Sahel un orizzonte ancora più cupo, si prevede, anche secondo l’Ong Oxfam, un incremento di almeno dieci milioni di affamati entro l’estate.
Per concludere, l’Unione africana ha condannato pubblicamente l’invasione russa dell’Ucraina, ma si è astenuta dall’applicare il proprio regime di sanzioni. Un quadro complesso di disequilibri che conduce il sistema globale africano, e non solo, verso una “trappola” geopolitica che con il prolungarsi del conflitto in Ucraina non farà altro che drammatizzare la situazione.