Come è noto, all’inizio del mese marzo, 17 Paesi africani si sono astenuti dal votare la risoluzione delle Nazioni Unite che condannava l’aggressione della Russia contro l’Ucraina. Tra questi il Sudafrica, un peso massimo nella diplomazia del Continente e il Senegal, che al momento occupa la presidenza di turno dell’Ua, l’Unione Africana. Pretoria e Dakar hanno chiesto, pertanto, negoziati e dialogo per arrivare a una tregua, restando fermi sulla loro posizione di Stati non allineati.
In questo incerto quadro, il 24 maggio il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha terminato una sua visita di tre giorni in Africa, dove ha interloquito anche con il Governo del Niger. Gli incontri hanno avuto lo scopo di tentare un’accelerazione dei programmi di cooperazione con il Continente, soprattutto nell’ambito della – oggi ancora più difficile – transizione energetica. Ma in particolare per attenuare le forti divergenze, tra l’Occidente e i governi africani, prodotte dalla guerra in Ucraina. Nonostante gli altisonanti annunci di molti media “occidentali”, che decantano l’omogeneità e l’allineamento della maggior parte delle nazioni del Pianeta con le azioni occidentali, le spaccature diplomatiche si manifestano ogni qual volta ci sono incontri bilaterali o multilaterali. Infatti, nonostante gli incontri di Scholz in Africa, il messaggio che è arrivato da Dakar a Pretoria, passando per Niamey, non ha minimamente attenuato la percezione della frattura diplomatica che si è manifestata dall’inizio del conflitto in Ucraina, tra i leader occidentali e molti loro omologhi africani. L’incontro del Cancelliere tedesco si è concentrato particolarmente con il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, con il quale ha cercato di raggiungere una convergenza, ricordando che i loro Paesi apprezzano e condividono il rispetto per la cultura democratica e l’impegno per avere un ordine mondiale plurilaterale, basato sullo Stato di diritto. Tuttavia, Scholz ha sottolineato che il sostegno alla Russia è “intollerabile”, affermazione giunta alla fine del colloquio. E che si appoggia anche sulla posizione di neutralità. È chiaro che lo sforzo di trovare dei comuni denominatori ideologici non è stato sufficiente a nascondere le abissali differenze tra i due Paesi circa la guerra in Ucraina.
Nel complesso, si deve analizzare la posizione assunta dal Sudafrica osservando che questa “Putinofilia” non è data dalla condivisione assoluta della scelta russa di aggredire l’Ucraina – gli Stati africani in genere disapprovano i tentativi, degli altri, di “toccare” i confini o le sovranità – ma da una tendenza al rifiuto “dell’Occidente”. Inoltre, la Russia ha una crescente influenza proprio nell’ambito della vendita delle armi, “prodotto” apprezzatissimo anche in Africa. Ricordo che dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica l’influenza russa in Africa ebbe uno stallo. Ma dal 2000, sotto la spinta di Vladimir Putin, la Russia ha riconquistato e ampliato i suoi spazi nel Continente, adottando varie tattiche. Così, all’inizio degli anni 2000, Putin sottoscrisse un accordo con l’Algeria per cancellare il debito, “scontato” con un contratto di acquisto armi. Così fece in Libia nel 2008, quando annunciò la cancellazione del debito a fronte della concessione di impianti di installazione per Gazprom e un robusto contratto per la costruzione e gestione di ferrovie. Seguiranno poi contratti a tappeto in tutto il Continente africano. Ma quale fu il risultato di questa operazione? Tra il 2014 e il 2019, la Russia ha coperto quasi il 50 per cento del mercato delle armi in Africa. La crescente influenza russa nel Continente africano si spiega anche con la non subordinazione degli aiuti legati al rispetto dei Diritti umani o dei principi democratici, a differenza dell’Occidente che ufficialmente “dice” di osservarli. Questa modalità strategica ha permesso alla Russia di penetrare anche all’interno del mercato estrattivo africano tramite le società russe Rusal, Alrosa, Lukoil, Rosatom, rispettivamente di alluminio diamanti, petrolio e nucleare (solo per menzionarne alcune, che operano in Angola, Guinea e Namibia).
Per concludere, la strategia di Mosca passa anche attraverso i suoi media, Russia Today e Sputnik, molto efficaci soprattutto in Mali, non dimenticando la crescente influenza dei mercenari russi Wagner anche all’interno delle forze militari governative. Nel primo vertice Russia-Africa, organizzato a Sochi nel 2019, il presidente russo si era mostrato come un protettore della sovranità africana davanti all’aggressione occidentale. Il secondo vertice si terrà a San Pietroburgo nell’autunno del 2022, guerra permettendo. Detto ciò, non è difficile affermare che la missione del cancelliere tedesco Scholz sia stata contrassegnata da un fallimento, prevedibile. In più anche l’incontro di Davos di alcuni giorni fa, nell’ambito del World Economic Forum, ha sollecitato, oltre diffuse sensazioni di impotenza e una regressione della globalizzazione, anche ironia nei media russi, dove è stata sottolineata la certezza che, in caso di estensione della guerra verso il nucleare, gli Usa lasceranno l’Europa al suo destino! Affermando, così, che la guerra (Война) non è contro l’Ucraina ma contro l’Occidente.
E’ forse proprio per questo legame viscerale con la Russia che da qualche giorno i media dicono che i primi a fare i conti con la crisi del grano saranno i paesi africani? Grazie
Macky Sall presidente pro tempore dell’Unione Africana ha visto Putin l’altro ieri, sicuramente troveranno una soluzione momentanea per il grano escludendo l’Occidente, come stanno facendo. Evola Julius profetizzò la “fine dell’occidente” a metà del secolo scorso.
Grazie la situazione mi è molto più chiara anche dopo aver visto il suo contributo televisivo di qualche giorno fa.
Articolo interessantissimo Professore ! Grazie
Molto interessante il suo articolo professore!
Grazie