Se Mozart fosse vivo oggi? Scriverebbe musica da film

Al giorno d’oggi, chi scrive ormai più opere o sinfonie? Se osserviamo i cartelloni dei grandi teatri musicali, vediamo che gli autori di questi generi sono appartenenti al passato: Mozart, Verdi, Rossini, Wagner, Beethoven, Schubert…

Raramente troviamo autori contemporanei cimentarsi in queste forme musicali. La ragione?

Per capirla, dobbiamo partire da alcune considerazioni: un musicista è un artista, nel senso etimologico del termine (ars in latino significa lavoro, mestiere), quindi il compositore era ed è, a tutti gli effetti, un lavoratore che riceve commissioni ed un compenso per la sua opera.

Haydn scriveva per conto della famiglia Esterházy, Mozart a Salisburgo, mangiava con i servi nelle cucine del Palazzo del suo datore di lavoro, l’Arcivescovo Colloredo, Bach era obbligato, per contratto, in qualità di Cantor et Director Musices a Lipsia, ad insegnare a cantare agli studenti della Thomasschule, ed a produrre settimanalmente musica per le due chiese principali della città.

Come vedete, questi grandi compositori sono ben lontani dall’immaginario romantico che oggi si ha dell’artista che, secondo una concezione mitizzata ed ideale, scriverebbe musica mosso solo dalla sua ispirazione e da un impulso interiore. Certo, questi fattori esistono e sono essenziali, ma ci sono anche motivi contingenti e concreti che determinano la nascita di un brano musicale.

Nel periodo del classicismo, la società ed il gusto del tempo richiedevano sinfonie, i teatri nel Settecento, Ottocento, Novecento, fino a Puccini, si riempivano per le opere liriche dei compositori contemporanei: si può quindi legittimamente dire che anche la musica rispondeva – e tuttora deve rispondere – alla legge del mercato, che prevede la logica della relazione fra domanda ed offerta.

I brani musicali che venivano commissionati erano funzionali alla società del tempo: ad esempio, ecco che nel 1776 nasce la Serenata Haffner di Mozart per le nozze di Elisabeth Haffner, figlia del borgomastro di Salisburgo, con F. Xaver Anton Späth, visto che allora non esistevano i DJ che potessero intrattenere gli ospiti.

Oggi quasi nessuno commissiona a noi compositori musica sinfonica che abbia un impiego pratico, per così dire; forse perché il linguaggio della musica contemporanea colta (o cosiddetta tale) si è involuto fino a diventare quasi estraneo al grande pubblico, che riempie le sale se in programma è prevista la Quinta di Beethoven o la Jupiter di Mozart, ma lascia la platea semivuota se invece si propone l’autore contemporaneo in vena di ricerche e di esperimenti musicali, con “prodotti” di nicchia poco commerciabili e certamente meno appetibili dei grandi classici.

Allora oggi, se Mozart fosse vivo fra noi, cosa scriverebbe? Non lo indovinate? Quale potrebbe essere, secondo voi, il prodotto musicale che noi “consumiamo” giornalmente, quasi senza accorgercene? Canzonette? Certo, anche. Perché no? In fondo, a Praga, nel 1789, i suonatori di organetto per le strade intonavano sempre le sue arie tratte da Le Nozze di Figaro che spopolavano esattamente come oggi spopolano le canzoni di Vasco Rossi e Jovanotti…

Mozart non scriverebbe solo canzoni, ma anche musica da film, un genere solo in tempi relativamente recenti sdoganato, grazie anche ai vari Nino Rota, Ennio Morricone, John Williams, Michael Nyman.

Infatti il cinema, entrato prepotentemente a far parte delle arti nobili dell’umanità, non è solo un’espressione dello spirito, ma anche un prodotto commerciale di grande attrazione che si basa su di un linguaggio multiplo:  fotografia, recitazione, sceneggiatura, ma anche musica.

Provate a guardare la celebre scena di Psyco di Hitchcock senza lo stridere dissonante degli archi o l’apparizione del mostruoso divoratore di uomini ne Lo Squalo di Spielberg senza l’immancabile lugubre e minaccioso commento musicale di accompagnamento, immaginatevi la scena dei baci di Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore senza il meraviglioso tema di Morricone in sottofondo: non sarà la stessa cosa. Senza la musica l’immagine perde in potenza ed in sostanza.

Il pubblico vuole andare al cinema, ha bisogno di storie sempre nuove fatte di celluloide, ed il mercato, sensibile alle richieste, è forzato a soddisfarle. Quindi si producono sempre più film e si ha conseguentemente sempre più bisogno di musica che accompagni queste storie.

Certo, c’è musica e musica, si capisce!

Un compositore può decidere se essere solo un umile artigiano, e limitarsi a sottolineare con un linguaggio convenzionale i momenti di gioia, dolore, paura, tensione, suggeriti dall’intreccio narrativo del film, oppure trasformare la musica in un approfondimento dei sentimenti dei protagonisti: ed ecco che nasce il magico tema di Nino Rota per Il Circo di Fellini, le osannate colonne sonore di Morricone per i famosi spaghetti western di Sergio Leone, il commovente tema principale di John Williams per il film Schindler’s List di Spielberg.

E potremmo citare ancora tantissimi esempi, ma il concetto resterebbe lo stesso: la musica che oggi viene scritta per i film è quella che oggi scriverebbe probabilmente Mozart, perché la società di oggi ha bisogno di quel tipo di musica, che è funzionale, ha una sua utilità, non è una forzatura all’interno del film, ma, al contrario, lo completa e ne amplifica i significati.

E la colonna sonora, progressivamente, ha sempre più prepotentemente preteso spazio ed ha conquistato anche le sale da concerto: brani come il tema del Padrino di Nino Rota o The piano di Michael Nyman si possono trovare anche nei programmi dei concerti convenzionali, fuori dal loro contesto originario, vale a dire, il grande schermo.

Anche se solo in tempi recenti, le porte dei teatri si sono aperte ad autori considerati prima –  a torto – come compositori di serie B solo perché scrivevano per il cinema,  in quanto la vera musica “classica” di oggi è proprio quella da film.

E poco importava se anche gli indiscussi Prokofiev e Stravinsky si erano cimentati nella creazione di colonne sonore, il primo con maggior fortuna, mentre il  secondo, che pure aveva scritto, ma con scarso successo, musica da film, dopo essersi affermato come il compositore dell’Uccello di Fuoco e La Saga della Primavera, parlò sempre con disprezzo del genere musicale destinato al cinema.

Un caso come nella celebre favola della volpe e l’uva?

Un tempo l’opera, la sinfonia, il concerto erano i prodotti che si potevano “vendere” perché erano le forme musicali che la società esigeva per celebrare i propri riti laici.

Oggi si scrive musica per i film perché il mercato lo richiede; in fondo non si deve mai dimenticare che l’Arte è pur sempre un lavoro, e l’artista è chiamato sempre ad assolvere una funzione precisa, ad interpretare i sentimenti comuni, ad offrire un servizio alla comunità, anche se oggi, a sentire certa musica o a vedere certe opere d’arte, non sembrerebbe così.

Ma questa è un’altra storia. Magari, se volete, ne riparliamo…

5 commenti su “Se Mozart fosse vivo oggi? Scriverebbe musica da film

  1. Riflessione perfetta. La musica, in qualunque forma, è emozione. Giovedì scorso sono andata a Lugano per assistere, per la quarta volta, al musical Notredame de Paris, musiche di Cocciante. È un genere moderno, con scenografie e balli superlativi. Ovviamente una produzione stellare. Ma se queste musiche colpiscono ed emozionano, è perché arrivano nel nostro profondo e non ne escono più.

  2. Credo che si tratti di un fraintendimento del artigianato artistico.
    Ogni artista è anche un buon – se non ottimo – artigiano.
    Ma le correnti del ’68 hanno indebolite queste radici che prima di questo pseudomovimento erano salde.
    Chi ha studiato musica sa bene quanto esercizio quotidiano è necessario per arrivare e mantenere un buon livello.
    Applicare una forma di arte o abbinarla a un altra non è disdicevole perché soltanto con umiltà e costanza si può arrivare ad un buon livello e la vera forma multidisciplinare per eccellenza è e rimane l’ Opera, un’ invenzione del ‘800.
    La concentrazione per seguire un opera lirica che dura tre, quattro, cinque ore oggi è scarsa, è indebolita dalle tante distrazioni dei media e altro.
    Dobbiamo ricordarci che l’ Opera lirica per lo spettatore signfica poter seguire la trama letteraria, ascoltare la musica, poter appercepire la trama all’ interno della sceneggiatura. Questa concentrazione oggi è fortemente indebolita e il risultato è che i registi credono di dover mettersi in luce attraverso regie “spinte”, esagerate, per trainare un pubblico non istruito e fare colpo sul pubblico.

  3. Bellisimo! Anche in questo articolo mi ritrovo perfettamente e quello che leggo vale tanto per la musica quanto per le arti figurative. Dietro una grande opera artistica gli autori sono in realtà due: l’artista che la realizza e il suo committente, che spesso ha idee ben chiare su quello che si aspetta dal lavoro dell’artista. L’art pour l’art è un mito che trae origine nella cultura della Rivoluzione Francese ed era funzionale ad impedire, che le forze tradizionali attive nella società, la Chiesa in primis, potessero continuare a veicolare attraverso l’arte le loro idee. Ne è derivato un sistema autoreferenziale, che non ha più rapporti organici con la società.

  4. Grazie Stefano per questa tua interessantissima riflessione. Io quando ero giovane facevo danza e le musiche che utilizzavamo per le nostre coreografie erano spesso prese dai film. Probabilmente hai ragione, se oggi Mozart fosse vivo comporrebbe colonne sonore per il grande cinema.
    Tiziana Minezzi

  5. Profonda riflessione calata nei diversi contesti storici e culturali. Interessante l’intuizione su Mozart trasposto nei nostri tempi.
    Ti ringraziamo Stefano perché ci hai fatto capire correttamente la realtà complessiva dell’arte dei musicisti, offrendoci l’esempio dei grandi geni della musica che oggi godono di un carisma reverenziale ma che ai loro tempi erano artigiani della musica vivendo anche modestamente.
    Grazie a questa tua testimonianza si chiarisce per tutti noi un contesto storico che mette insieme le varie sfaccettature dell’arte, della società e dell’economia.
    La tua è una vera “Lectio Magistralis” da studiare e diffondere.
    Grazie di cuore.

    Magdi Cristiano Allam

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