Russia-Ucraina: una guerra tra Cristiani

Nel sistema geopolitico attuale si può sottomettere un Paese che non vuole essere dominato? La risposta, viste le congiunture geostrategiche esistenti e i fatti post 1945, non può essere che “no”, o comunque non a tempo indeterminato, eppure devono essere sottolineati alcuni “dettagli”. La guerra in Ucraina è un conflitto fra cristiani e per ritrovare certe caratteristiche bisogna tornare a circa 80 anni fa. Ora gli attori sono i rappresentanti della cristianità ortodossa: Kiev, o “il Rus di Kiev”, che scegliendo il Cristianesimo orientale, alla fine del I secolo, ha rappresentato la culla della cristianità slava e Mosca, che fu l’erede designata della cristianità di Costantinopoli, dopo la conquista della “Polis” da parte musulmana nel 1453. Quindi una guerra all’interno della stessa confessione, alimentata dall’altro mondo cristiano, quello occidentale, con le sue varie articolazioni. Il conflitto in Iraq, quello in Afghanistan nel suo complesso, la guerra dei Balcani, la deposizione di Muammar Gheddafi in Libia, la battaglia contro l’Isis, la crisi tra armeni e azeri per il controllo del Nagorno-Karabakh, solo per citare gli scontri più clamorosi, disegnavano anche schieramenti religiosi, che spesso venivano interpretati, strumentalmente come “guerre sante”, soprattutto da parte islamica, ma all’occorrenza veniva evocata la guerra contro il “male”.

Pertanto una guerra tra cristiani, benché da parte russa siano presenti i battaglioni cecenisunnitisalafiti e gruppi armati siriani, tendenzialmente sunniti anche se la Siria è guidata da sciiti, nel “quadro filosofico-confessionale” alauita: ma sono dettagli! Oggi questa strage di cristiani, sia da parte ucraina che russa, risuona in alcuni ambiti dell’estremismo islamico, conosciuto impropriamente come jihadista, come un richiamo alla gioia e alla chiara tendenza all’autodistruzione del Cristianesimo. In questi terreni si auspica anche un crollo dell’Occidente, concetto che richiama forse inconsciamente il contributo di Julius Evola scritto nel testo diOswald Spengler “Il tramonto dell’Occidente” (1957), e anche la speranza di un ampliamento del conflitto con il coinvolgimento diretto dei partner occidentali. Quanto circola in questi ambienti estremisti islamici è per nulla propagandato, ma presente nei sotterranei della ciclopica realtà non detta. Ma se il “tramonto” è dell’Occidente, quale Cristianesimo è più a rischio? La risposta potrebbe essere quello occidentale, anche se i morti sul campo ucraino appartengono prevalentemente alla cristianità ortodossa.

In varie occasioni ho definito Vladimir Putin il difensore del Cristianesimo. Il rapporto tra Stato e religione, nella Russia sia zarista che in quella successiva, ha avuto sempre caratteristiche tendenzialmente omogenee. Ricordo che generalmente la chiesa ortodossa russa ha sempre avuto una chiara sudditanza al potere politico, peculiare nel suo programma di missione, come ricordano le idee di Nil Sorskij in contrasto con quelle di Iosif di Volock, nel quadro della cosiddetta “eresia giudaizzante”. Realtà, queste, che hanno sempre legato la Chiesa russa all’Impero in modo funzionale. E ora le prospettive certe della fine della globalizzazione sono accelerate da un disegno complessivo chiaro a Mosca. L’ideologo di Vladimir PutinAlexander Dugin, in più occasioni – anche sui social più comuni – ha affermato che la Russia riporterà l’ordine, russo, in Ucraina: giustiziatenore di vita dignitoso e prosperità, ma soprattutto libertà. Ha poi continua scrivendo che la Russia ha la missione di “costruire l’Impero mondiale” e che sa come deve essere fatto, proprio per questo è la Terza Roma. Anzi, nel suo discorso afferma “per questo siamo Roma”, andando chiaramente oltre e ponendosi nuovamente sul trono del nuovo e unico Cesare (Caesar, CzarZar). L’obiettivo di Putin, quindi, va oltre l’idea di un Nuovo ordine mondiale, dirigendosi verso un progetto apocalittico, cioè rovesciare quella che Dugin definisce “l’onnipotenza della Prostituta di Babilonia” (Occidente!). Dugin esprime l’idea putiniana, affermando che i russi “non potranno mai e poi mai abbandonare i modelli della storia sacra”. Ricordo quanto nel 2007 pronunciò Putin durante una conferenza stampa: “La fede tradizionale della Federazione Russa e lo scudo nucleare della Russia sono due cose che rafforzano lo Stato russo e creano le condizioni necessarie per garantire la sicurezza dentro e fuori il Paese”.

Pertanto, la fede cristiana e le bombe atomichesono le colonne che sostengono la sicurezza dello Stato. Le linee, a questo punto religioso-politiche, tracciate da Putin con la guerra fra cristiani e la sacralità della missione del nuovo Zar conducono la Russia verso la costruzione di un nuovo Impero russo con connotati sacri. Un nuovo Sacro Romano Impero? Una cristianità che ritorna a prima degli scismi di Fozio (IX secolo) e Cerulario (metà XI secolo)? Magari salverà il Cristianesimo, diventando Mosca l’Occidente e magari interrompendo il tramonto del “vecchioOccidente”. Oppure lo seppellirà?

4 commenti su “Russia-Ucraina: una guerra tra Cristiani

  1. Ringrazio Marco Fabbri per i suoi articoli che mi appassionano e mi spronano ad approffondimenti culturali. Mi scuso se non sempre centro i temi trattati dagli articoli e spero che Marco trovi il tempo di aggiungere o coreggere quanto commento qualora lo ritenesse opportuno.
      
    Non credo corretto parlare dell’invasione di Putin all’Ucraina come guerra di dominio e/o di conquista.
    Il prof. Alesandro Orsini individua 5 motivi che hanno spinto Puntin a invadere l’Ucraina:
    – il rovesciamento del regime filo-russo iniziato nel 2013, proseguito con i tragici fatti di sangue come l’attacco alla Casa del Sindacato a Odessa,che ha provocato almeno 14000 morti di filo russi fino all’invasione del febbraio 2022.
    – tradimenti da parte di Kiev degli accordi di Minsk 1 e 2 .
    – il rogo di Odessa del 2 maggio 2014 con 42 filo russi massacrati dalle milizie naziste di Azof
    – avere meso nella Costituzione ucraina la volontà di entrare a fare parte dell’ Unione Europea entro il 2023
    – la recentissima esercitazione in Ucraina nel 2021
    Poi, infinite le cause, i motivi , le umiliazioni che la politica espansiva egemonica americana ad Est, continua ad infierire alla Russia dal 1997, quando gli USA hanno iniziato ad esportare la democrazia con bombardamenti in tutte le parti del mondo, ma sempre lontano da casa loro.
    Lo scrittore russo Nicolai Lilin in un suo libro, che consiglio di leggere, ci presenta l’uomo Putin, il pensiero politico di un uomo che forse si sente prescelto dal destino per risollevare la Russia e farla diventare protagonista di un Nuovo Ordine Mondiale.
    Sì, sono convinto e gli incontri ad alto livello politico tra Capi di Stato non occidentali di queste ultime settimane stanno lì a dimostrare che l’isolamento della Russia non esiste.
    La politica delle sanzioni e della fornitura di armi all’Ucraina, spingono la Russia come detto da alcuni opinionisti, tra le braccia della Cina, in senso economico e geopolitico.
    Ma non è così perché la creazione di accordi commerciali del BRICS , cioè tra Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa , è già realtà.
    In sostanza Putin dal suo discorso di insediamento nel 2007 ,avverte che la Russia non è quella uscita dalla caduta del muro di Berlino , ma è una forza militare e nucleare, e intende difendere i propri confini.
    L’ Occidente, l’Europa , NATO ed USA non sono stati in grado di interpretare, leggere e capire i messaggi che vengono da Est. 
    La Chiesa ortodossa russa ha origine qualche anno prima di inizio dell’anno mille, anno 997-998.
    Ucraini e russi hanno per secoli professato la stessa religione ortodossa, scelta e voluta in modo “curioso” dal Principe Vladimir I di Kiev all’epoca sotto il Patriarcato di Costantinopoli. Successivamente il Patriarcato da Kiev si trasferisce a Mosca.Il Patriarca di Mosca diventa il Patriarca di tutta la Russia. 
    Con la guerra Russia – Ucraina assistiamo al conflitto tra due popoli fratelli in Cristo. Riflettiamo quanto la Religione possa essere divisiva: Religione e Fede non possono essere usate per propagandare la guerra.
    E’ quanto accadde con lo scisma ortodosso del 2018, tra la Chiesa ortodossa russa con a Capo il Patriarca Kiril e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli.
    Ricordo velocemente che il patriarcato di Kiev si è distaccato dal patriarcato di Mosca nel 1992. Anche nel 1997 c’è stato un precedente simile quando Costantinopoli staccò la Chiesa ortodossa dell’Estonia da quella di Mosca e la eresse a sede Arcivescovale alle proprie dirette dipendenze. 
    Chi è il Kuril Gundyaev “scelto” da Putin per il ruolo di Patriarca di Mosca? E’ una persona che sin dai primi anni della sua carica religiosa era collaboratore del KGB e ai tempi dell’URSS incaricato di missioni importanti come agente KGB.
    Kiril è una persona di ampia cultura ma con nessuna spiritualità. Infatti si è dimostrato un abile manager oligarca alla corte di Putin e lo stesso lo ha definito un “papa” moto dissimile dai papi russi che lo precedettero. 
    Insomma da quanto sopra emerge ,e non da ora,come la Chiesa ortodossa sia divisa al suo interno. Queste divisioni e la guerra ucraina-russa sono viste dal Mondo Islamico come estrema debolezza dei Cristiani e porta a credere, anzi,al convincimento che la supremazia dell’ Islam sulla cristianità, sul mondo degli infedeli , sia quanto meno prossima.
    Aggiungo e concludo brevemente sulla politica del “ditattore” turco Erdogan, così prima appellato da Draghi ed ora divenuto “alleato” del nostro Presidente del Consiglio e dell’Europa, nella guerra di sanzioni a Putin. L’apertura e la ricerca del consenso a Erdogan sta a dimostrare quanto l’Islam sia dentro l’Europa con entrambi i piedi.Prego solo che la Turchia non entri di diritto in Europa.     

  2. Stato di eccezione e guerra civile
    di GIORGIO AGAMBEN

    In un libro pubblicato qualche anno fa, Stasis. La guerra civile come paradigma politico, ho cercato di mostrare che nella Grecia classica la possibilità – sottolineo il termine “possibilità” – della guerra civile funzionava come una soglia di politicizzazione fra l’oikos e la polis, senza la quale la vita politica sarebbe stata inconcepibile. Senza la stasis, il levarsi in piedi dei cittadini nella forma estrema del dissenso, la polis non è più tale. Questo nesso costitutivo fra stasis e politica era così inaggirabile che anche nel pensatore che sembrava aver fondato la sua concezione della politica sull’esclusione della guerra civile, cioè Hobbes, questa resta invece fino all’ultimo virtualmente possibile.
    L’ipotesi che vorrei proporre è allora che se siamo giunti alla situazione di assoluta depoliticizzazione in cui ora ci troviamo, ciò è appunto perché la stessa possibilità della stasis è stata negli ultimi decenni progressivamente e integralmente esclusa dalla riflessione politica, anche attraverso la sua surrettizia identificazione col terrorismo. Una società in cui la possibilità della guerra civile, cioè della forma estrema del dissenso, è esclusa è una società che non può che scivolare nel totalitarismo. Chiamo totalitario un pensiero che non contempla la possibilità di confrontarsi con la forma estrema del dissenso, un pensiero, cioè, che ammette solo la possibilità del consenso. E non è un caso che è proprio attraverso la costituzione del consenso come unico criterio della politica che le democrazie, come la storia insegna, sono cadute nel totalitarismo.
    Come spesso avviene, ciò che si è rimosso dalla coscienza riemerge in forme patologiche e quello che sta oggi accadendo intorno a noi è che l’oblio e la disattenzione nei confronti della stasis vanno di pari passo, come Roman Schnur aveva osservato in uno dei pochi studi seri sulla questione, col progredire di una sorta di guerra civile mondiale. Non si tratta soltanto del fatto, pure da non trascurare, che le guerre, come giuristi e politologi avevano già notato da tempo, non sono più formalmente dichiarate e, trasformate in operazioni di polizia, acquisiscono i caratteri che si era soliti assegnare alle guerre civili. Decisivo oggi è che la guerra civile, facendo sistema con lo stato di eccezione, si trasforma come questo in uno strumento di governo.
    Se si analizzano i decreti e i dispositivi messi in atto dai governi negli ultimi due anni appare con chiarezza che essi sono rivolti a dividere gli uomini in due gruppi contrapposti, fra i quali si stabilisce una sorta di ineliminabile conflitto. Contagiati e sani, vaccinati e non vaccinati, muniti di greenpass e privi di greenpass, integrati nella vita sociale o esclusi da essa: in ogni caso, l’unità fra i cittadini, come succede in una guerra civile, è venuta meno. Quel che è avvenuto sotto i nostri occhi senza che ce ne accorgessimo è, cioè, che le due forme-limite del diritto e della politica sono state utilizzate senza scrupoli come forme normali di governo. E mentre nella Grecia classica, la stasis, in quanto segnava un’interruzione della vita politica, non poteva per nessun ragione essere occultata e trasformata in norma, essa diventa oggi, come lo stato di eccezione, il paradigma per eccellenza del governo degli uomini.
    Riflessione molto calzante di Giorgio Agamben.

  3. Molto interessante il discorso, prof.
    In effetti condivido l’analisi sulla prospettiva politico religiosa :un nuovo Sacro Romano Impero, occidentale, russocentrico, che salverà l’occidente, o piuttosto lo seppellira’ in nome di un nuovo Ordine come Impero romano d’Occidente europeo attorno al Cristianesimo orientale russo?
    Non lo so, ma penso la scelta non possa essere né solo russa né solo occidentale, ma da un incontro nella fede di visioni e culture che devono per forza camminare assieme in un continente autonomo, forte, libero e democratico che non dipenda da nessuno.

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