L’anima si nutre d’estasi come la cicala di rugiada.
(Anatole France)

In questa mia estasi
Intangibile e muta
È il profilo dell’anima che si staglia
Nel labirinto dei pensieri
In fila dietro a un’immagine pura
Quasi un fantasma
Senza colori
Una maschera bianca nella nebbia gelida dei rimpianti
All’orizzonte
Il senso ricorrente di antiche oasi di sapienza
Colma del fascino passato
Questo contenitore stracolmo di esistenza
Esalta atavici timori di incontrare
La fine dell’umana speranza
Anche il roseto ha smorzato il suo sorriso
Cancellato le spine dei suoi steli
Il gelo spegne insolente
Il profumo dei petali caduti
Sul sentiero del colle
Ad ornare la rugiada del prato
Davanti a me campeggia
La terra dell’esilio
Lontana da questo mondo
Da questa fantasia di oggetti immobili
Da queste chiazze sbiadite dall’oblio
Da questa povera raccolta di rinunce
Dalla ressa di remote aspirazioni
Resta solo un mazzo di desideri
Veli di papaveri increspati dalla brezza
Strascichi di illusioni
Frammenti di chimere
Tracce sopravvissute di gioie infantili
Impronte cancellate dai ventagli schiumosi
Nella battigia della vita
Una chiazza di ansia
Lasciata dall’ultimo sogno
Cammino lentamente
Sullo schermo delle nuvole
Una calca di volti noti
Volati via
Come stormi di uccelli in cerca di altri cieli
Paiono accompagnarmi
A incrociare l’estremo baluardo di futili occasioni
In questo bosco perenne
La mente inondata dalle inattese verzure
Di questo provvisorio
Tenebroso
Fugace
Silenzio del destino

Foto di copertina di Ezio Dellosta

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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