Sono i piccoli Comuni il motore dell’economia produttiva italiana. Nei Comuni con meno di 20 mila abitanti è ubicato il 41%  sia delle imprese italiane e si produce il 39 per cento del valore aggiunto nazionale

Di Silvia Inghirami
14 agosto 2022

AGI – Sono i piccoli comuni il motore dell’economia produttiva italiana. Nelle amministrazioni con meno di 20 mila abitanti, infatti, è ubicato il 41 per cento sia delle imprese italiane sia del totale dei lavoratori dipendenti che, in questo caso, non include gli occupati nel pubblico impiego.

Altresì in questa classe si “produce” il 39 per cento del valore aggiunto nazionale. Se alziamo la soglia, nei comuni sotto i 100 mila abitanti, il Pil prodotto è il 66 per cento del totale, si impiega il 69 per cento degli addetti nelle imprese private e le imprese ubicate sono addirittura il 71 per cento.
Tranne che in Lazio e in Liguria, la maggior parte della ricchezza nel Paese viene “generata” in questa classe dei Comuni. Sono questi i numeri più significativi che emergono dall’elaborazione redatta dall’Ufficio studi della CGIA, per conto di ASMEL, l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali.
Degli 825,4 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto da tutte le aziende private presenti nel Paese (pari a poco meno della metà del Pil nazionale), 541,7 miliardi sono generati nelle piccole e medie amministrazioni comunali e 283,6 miliardi nelle grandi.
Se si separa il valore aggiunto totale prodotto dalle imprese private nelle due branche che lo compongono, industria e servizi, emerge la grandissima vocazione manifatturiera dei Comuni sotto i 20 mila abitanti dove sono insediate il 54 per cento delle imprese industriali (514.069), il 56 per cento degli addetti (3.029.993) e addirittura il 53 per cento del Pil (182,8 miliardi di euro).
Viceversa, come del resto era facilmente prevedibile, il settore dei servizi è concentrato in particolar modo nelle grandi realtà urbane: nelle città con più di 100 mila abitanti, infatti, vi è il 32 per cento delle unità locali di questo settore, il 37 per cento degli addetti e il 44 per cento del valore aggiunto.
I piccoli Comuni con meno di 20 mila abitanti, tuttavia, svolgono anche nei servizi un ruolo per nulla marginale, rappresentando il 38 per cento delle imprese (1.388.939 unità), il 33 per cento degli addetti (3.846.275 addetti) e il 28 per cento del valore aggiunto (137,5 miliardi di euro).
Secondo lo studio, fabbriche, uffici, negozi e botteghe sono concentrate nei comuni a minor dimensione demografica. Assieme alle realtà comunali di media dimensione, inoltre, sono i principali soggetti economico/ istituzionali cui la politica, anche ai fini della “messa a terra” del Pnrr, dovrebbe guardare con maggiore attenzione.
“Invece – sostiene Francesco Pinto, segretario generale Asmel – il metodo Pnrr privilegia i grandi apparati comunali e concede ai piccoli e medi Comuni di sperare nella lotteria per l’accesso ai finanziamenti”.
A differenza delle grandi aree metropolitane – fa notare Cgia – i piccoli e medi comuni continuano ad avere poche risorse e tante difficoltà nell’accesso ai tanti avvisi pubblici loro destinati e nella gestione dei fondi.
Inoltre, la forte concentrazione delle attività produttive nelle realtà territoriali minori impone ai loro sindaci risposte importanti su temi come la tutela dell’ambiente, la sicurezza stradale, la mobilità, l’adeguatezza delle infrastrutture viarie e la necessità di avere un trasporto pubblico locale efficiente.
Sono criticità – osserva Cgia – che richiedono un approccio pianificatorio su larga scala che, spesso, non si può attivare a causa delle poche risorse umane e finanziarie a disposizione. Se si analizza la distribuzione delle unità locali delle imprese di industria e dei servizi a livello regionale – conclude la ricerca – solo in Emilia Romagna, Liguria e Lazio l’incidenza percentuale sul totale di quelle ubicate nei comuni con più di 100 mila abitanti è superiore a quella relativa alle imprese insediate nelle amministrazioni con meno di 20mila abitanti. Per Liguria e Lazio, in particolar modo, questo risultato e’ ascrivibile al “peso” demografico che i comuni di Genova e Roma hanno nei confronti delle regioni di appartenenza.

https://www.agi.it/economia/news/2022-08-14/cgia-indagine-piccoli-comuni-motore-produttivo-italia-17744044/

1 commento su “Sono i piccoli Comuni il motore dell’economia produttiva italiana. Nei Comuni con meno di 20 mila abitanti è ubicato il 41%  sia delle imprese italiane e si produce il 39 per cento del valore aggiunto nazionale

  1. L’articolo descrive perfettamente la realtà dei piccoli comuni, anche con riferimento all’assegnazione delle risorse del pnrr. Lavoro in un comune di circa 20.000 abitanti e confermo che le risorse pnrr a questi comuni vengono assegnate mediante estrazione a sorte. A questo si deve aggiungere che mentre per ottenere tali risorse è necessario attendere tempi biblici, per realizzare le opere per le quali sono assegnate vengono imposte tempistiche talmente ristrette da non tenere conto neanche dei termini previsti dalla legge per lo svolgimento delle gare.
    Ritengo sia vitale per far rinascere la nostra Italia ripartire dai piccoli comuni, che sono non solo il motore dell’economia reale ma sono anche i più fedeli custodi delle nostre tradizioni. Come membro della Casa della Civiltà mi impegno a riportare al centro i piccoli comuni, le piccole realtà aziendali che hanno reso grande la nostra nazione e ci sono state sempre invidiate. Con l’aiuto di Dio ce la faremo.

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