Andrò a votare perché l’astensione non fa parte del mio patrimonio culturale. Una prima protesta è non votare alcuno dei partiti in parlamento, ma scegliere una delle nuove formazioni politiche di opposizione

Come anche altri hanno evidenziato, nessun partito di quelli presenti in parlamento rappresenta chi ha combattuto questi due ultimi anni per la verità e la libertà.
L’area del dissenso non è riuscita a confluire in un unico soggetto politico, perché troppo diverse le anime che lo compongono: superare gli stereotipi che fino a oggi hanno pervaso la politica sembra missione impossibile, anche di fronte alla situazione drammatica in cui ci troviamo. Chi ha seguito canali di informazione libera sa bene che, qualunque sia il vincitore di queste elezioni, non cambierà nulla, parola dei direttori di Banca Intesa, Mediobanca e Unicredit. Quindi che senso ha andare a votare? Ognuno deve trovare la risposta in se stesso.
Io andrò a votare, perché il concetto di astensione non fa parte del mio patrimonio culturale: non posso non prendere una posizione chiara di fronte a ogni scelta. Una prima piccola protesta potrebbe essere già quella di non votare alcuno dei partiti in parlamento, ma di cercare di scegliere una delle nuove formazioni politiche, quella con rappresentanti determinati e decisi nell’affermare e difendere un’opposizione chiara e argomentata in modo credibile.
Avere almeno qualche rappresentante solido, che sappia far sentire e valere la voce di chi si oppone alle scelte di questo sistema marcio fin nelle midolla, non risolve i problemi naturalmente, ma porta sul palcoscenico ufficiale della politica e della vita sociale anche le istanze che fino ad ora sono state represse con i più subdoli metodi.
Il processo di “rivoluzione” della Casa della Civiltà, intanto, potrà strutturarsi e organizzarsi per iniziare la sua entrata in scena con le forme che riterrà più opportune, anche di disobbedienza civile.

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