Sono combattuta tra il senso del dovere e del rispetto, che mi spinge per il voto, e l’astensione perché non credo più in questo Stato. Credo che alla fine voterò un partito antisistema

Riflessioni per tentare di superare un dualismo interiore.
Vi chiederete perché ho scelto un titolo come questo e nella mia breve riflessione mi accingo a dare una spiegazione.
Ho sempre ritenuto che accanto ai diritti – e quello di voto lo è indubitabilmente – ci fossero anche dei doveri, e, ancora una volta, quello di voto lo è indubitabilmente.
Sono cresciuta in un periodo in cui non si è mai permesso che il ricordo delle conquiste ottenute con il sacrificio dei nostri avi (uno stato sovrano, il diritto di voto, il diritto di parola…), venisse affievolito.
Considero il voto un dovere sia per rispetto di questo sacrificio ma anche per impegnarmi a scegliere chi ritengo possa essere il più degno e capace rappresentante del popolo chiamato a tutelare il popolo, il suo territorio, la sua cultura i suoi valori. Per questo ho sempre concepito la “politica” come una missione.
Non riesco a concepirla come un “lavoro”. Non riesco a reprimere un moto di disgusto quando mi capita di leggere su qualche documento alla voce “professione” la parola “politico”.
Mio malgrado ho dovuto accettare il fatto che per troppi la “politica” è diventata solo un modo per sistemare sé stessi e la propria discendenza, e anche gli “amici”. Ho dovuto accettare che a rappresentare il popolo italiano siano arrivati personaggi senza arte né parte oppure personaggi che non si vogliono “mischiare” con il popolo perché si sentono superiori.
Ho dovuto accettarlo ma non riesco a rassegnarmi a questo svilimento.
Vorrei poter esprimere il mio voto per un partito o un movimento che davvero fosse in sintonia con il mio concetto di politica, ma non ne trovo, non mi riconosco in nessuno dei partiti principali. Anzi sono disgustata dai partiti e da come questi politicanti hanno ridotto la politica e le istituzioni: una cloaca nauseabonda.
Sono quindi combattuta tra il senso del dovere e del rispetto, che mi spinge per il voto, e l’astensione perché non credo più in questo Stato.
Sto prendendomi il tempo per leggere i programmi dei cosiddetti “movimenti antisistema”, con un occhio particolare per il movimento Vita, ma non ho ancora preso una decisione.
Anzi una decisione l’ho presa: nessuno, ma proprio nessuno dei partiti che hanno massacrato i diritti costituzionali, civili ed umani dei cittadini italiani da quando è stato decretato lo stato di emergenza il 31 gennaio 2020, avrà mai più il mio voto. (Potrebbero avere qualcos’altro, diciamo qualcosa di un po’ più potente di un calcio ben assestato in mezzo ai denti, ma è preferibile che questo rimanga nei miei desideri!)
Ho sempre votato a destra ma questa volta non credo più a nessuno di loro. Non perdono di aver sostenuto negli ultimi due anni e mezzo la peggiore repressione dai tempi di Mussolini, in barba a Costituzione e Trattati Internazionali. Non vedo in loro il reale impegno a sostenere i valori cristiani che hanno fondato la nostra civiltà: tutela della vita, tutela della nostra cultura,, tutela dell’istruzione attraverso la messa al bando di teorie gender completamente contrarie al cristianesimo; tutela e valorizzazione del nostro patrimonio artistico e naturale.
Nessuno di loro in questi ultimi due anni e mezzo ha provato anche solo a prendere in considerazione le ragioni di chi non si è voluto piegare ad una dittatura sanitaria che ha mostrato un volto crudele, dominata da un unico pensiero. E sentendo i loro interventi sui social mi colpisce solamente la vacuità delle loro parole: percepisco lo loro promesse come mera “captatio benevolentie” a fini elettorali. Non ho sentito nessuno di loro dire che toglieranno di mezzo l’infame tessera verde, non ho sentito nessuno dire che si deve tornare a stampare moneta, non ho sentito nessuno dire che si deve cessare la guerra dichiarata da Draghi all’Ucraina senza passare dal Parlamento.
Per giunta quest’anno ho pure avuto la ventura di essere nominata presidente di seggio elettorale e, quindi, ai miei già notevoli dubbi si è aggiunto anche un altro dilemma: ma se non credo in questo Stato, e non voglio votare, che senso ha che accetti la designazione a presidente di seggio?
A questa se ne aggiunge un’altra di domanda: a che titolo io posso essere inadempiente al dovere al quale sono chiamata e cioè fare del mio meglio per garantire a chi lo desidera di esercitare il diritto di voto?
Credo che, alla fine e come sempre, in me prevarrà il senso del dovere perché così sono stata educata e quindi probabilmente andrò a votare.
Ed in questo caso, per quanto consapevole della forte possibilità di sprecare il mio voto, voterò un piccolo movimento di quelli che sono stati costretti a raccogliere le firme in piena estate al fine di potersi presentare alle elezioni, con la speranza di poter permettere a uomini e donne come il Dott. Frajese, od il Prof. Daniele Trabucco o l’Avv. Holzeisen e molti altri come loro di entrare in Parlamento, perché sicuramente opererebbero infinitamente meglio di chi li ha preceduti su quegli scranni.

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