E’ da quando cadde il Governo del centrodestra retto da Berlusconi il 12 novembre del 2011 e si insediò Monti che ci è stato preclusa la possibilità di scegliere chi dovesse governare.
Ora che il prossimo 25 settembre sta arrivando mi trovo di fronte ad un bivio, anzi per rendere di più l’idea mi ritrovo di fronte ad un muro che pare invalicabile. Dopo tutti questi anni in cui anelavo tornare alle urne mi ritrovo di fronte al dilemma: votare o non votare e se andassi a votare a quale partito dare la mia preferenza?
In questi ultimi due anni, a causa della così detta “pandemia”, ho seguito molto su internet, specie dopo l’inizio dei lockdown per via del Covid, i dibattiti sulle reti radio e tv che si professano “libere”, evitando di seguire quei canali di informazione del mainstream e nazionali assolutamente ritenuti inaffidabili perché succubi del potere. Ho così avuto modo di conoscere il pensiero di molti personaggi di cultura che hanno consentito di radicare in me delle convinzioni.
Stiamo attraversando un periodo sicuramente buio per tutta l’umanità nel quale domina una sorta di ostracismo tra i poteri forti e i liberi pensatori. Questo ostracismo ha creato un dualismo imperante tra: sostenitori o meno del vaccino, green pass o meno, globalizzazione e sovranismo, transumanesimo e umanesimo, valori della famiglia e chi invece li vuole annullare, diritto all’aborto e diritto alla vita, tra stare nella UE e nella Nato od uscirne ed ora anche tra i sostenitori della Ucraina e i sostenitori dei Russi e così via in un lungo anzi lunghissimo infinito elenco. Questi personaggi hanno aperto la mia mente a maturare la convinzione che il tutto si riduce nel dualismo tra due categorie: complottisti e conformisti.
Noi Italiani soffriamo in modo particolare di questa sindrome del dualismo che ha radici storiche lontanissime che si sono perpetuate nel tempo: Orazi e Curiazi, Capuleti e Montecchi, guelfi e ghibellini, fascisti e comunisti, monarchici e repubblicani, sinistra o destra. L’esempio è un po’ semplicistico ma è giusto per rendere l’idea e quindi è la mia convinzione.
Questa mia voglia di comprendere i mutamenti della società ed il pensiero delle menti ha consolidato in me la volontà di sostenere tutto ciò che è legato all’ordine naturale delle cose senza frappormi a Dio.
Tra tutti questi personaggi che mi hanno arricchito spicca Magdi Cristiano Allam e, trovando il suo pensiero e le sue analisi molto vicine al mio concetto, ho aderito al suo progetto che lo ha portato a realizzare la Casa della Civiltà. Ne apprezzo la forza di volontà, la determinazione senza comunque voler limitare, anzi lo ricerca, il confronto costruttivo tra lui ed i suoi amici.
Ritornando al nocciolo della questione ovvero alle prossime elezioni e quindi se andare a votare o meno, sono ancora molto combattuto e consapevole che noi cittadini siamo ritenuti tali per comodità ma siamo solamente trattati da sudditi. E’ attribuita a Stalin l’affermazione che per vincere le elezioni non è importante convincere i cittadini su chi votare ma è importante convincere solo coloro che conteranno i voti, a significare che ciò che accade a posteriori del voto a noi non è dato di sapere perché le possibilità di brogli sono innumerevoli. Così come la storia ci insegna che chiunque abbia provato a uscire dai binari del pensiero unico dei poteri forti ha fatto una brutta fine.
Detto questo però sono dell’idea che l’astensione, qualora non totale, aumenti la possibilità di vittoria proprio di chi non vuole modificare lo status quo del pensiero unico.
Se con le modalità che abbiamo sperimentato non ci hanno dato la possibilità di manifestare il nostro pensiero è perché c’è stato sicuramente un motivo e quello che accade nel mondo ce lo fa capire. Nulla accade per caso.
Comunque sono dell’idea che chi gestisce le leve del potere in un modo o nell’altro tema il pensiero espresso nell’urna; ne farebbero volentieri a meno ma non può. Il nostro pensiero non cambierà o produrrà alcun cambiamento sostanziale ma in definitiva è anche l’unica forma lasciataci per renderci consapevoli che almeno contiamo qualcosa.
Il dubbio se andare a votare o meno in quei cittadini la cui volontà è quella di cambiare qualcosa nasce dalla convinzione che c’è un forte assoggettamento al potere che ci fa credere che qualora vincesse la parte che non è quella in essere al momento, questa avrebbe difficoltà a portare avanti nuovi progetti, stravolgere alleanze, contratti e MOU (Memorandum of understanding o Lettera d’intenti). Chi agirebbe repentinamente in tal senso sarebbe tacitato o ostacolato in qualsiasi modo.
Tra l’altro il quadro dei partiti in lizza è molto frammentato e solo alcuni presentano, e in minima parte nei loro programmi, ciò che soddisfa le mie aspettative.
Pur consapevole di tutto ciò per ora voglio avere la convinzione di contare ancora qualcosa e per tale motivo non voglio dare adito che qualcuno interpreti l’astensionismo come la giustificazione che sia inutile sentire la volontà degli elettori. Sarebbe, in un certo senso come arrendersi, facendosi del male da soli. Concludo con la triste affermazione che ci troviamo in un viscido e gigantesco pantano dal quale se fallisse il suffragio popolare rimarrebbe come alternativa solo la rivoluzione.
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