Il segno deTi sei svegliato fra le nuvole che amavi
Insieme agli angeli del cielo
Cercavi
Nel sogno antico del volo
Quella gioia che solo
Il sacro e antico richiamo dell’aria
Può regalare alla vita
Arrivederci Philippe
Ci è rimasto di te quel sorriso
tenue e misurato
L’anelito mai spento di una preghiera
Distesa nell’oratorio celeste
Di te giungono ancora fino a noi
Come raggi di luce fra le vette di casa
Sul mesto pentagramma dei ricordi
Quel tuo spiegare le ali
Quell’umana invocazione
Di un sereno commiato
E vediamo scolpita nella roccia
Quella tua voglia di volare
Oltre il profilo delle montagne di casa
Resti a parlarci del tuo amato planare
Di quel mite profumo di brezza
Che ti faceva danzare
E oscillare lieto nell’azzurro sopra di noi
Ancora oggi alziamo gli occhi
Col naso in su come si faceva bambini
A cercare in questo oceano di colori
Fra le albe e i tramonti della nostra valle
Quella vela variopinta
Quella tua sagoma lieve
E quel brandello di anima
fuggito con te
Oltre i confini del mondo

Quando camminerete sulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perché là siete stati e là vorrete tornare.
(Leonardo da Vinci)

Perché volare? Semplice. Non sono felice a meno che non ci sia un po’ di spazio tra me e la terra.
(Richard Bach)

Foto di copertina: “Philippe Favre”

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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