Nei primi sei mesi in Italia 266.640 lavoratori sono stati licenziati per ragioni economiche, il doppio rispetto al 2021, mentre oltre un milione hanno deciso di dimettersi dal posto di lavoro (+32%)

Corriere della Sera, 15 settembre 2022 – Anche in Italia continua il fenomeno delle «grandi dimissioni». Nei primi sei mesi del 2022 sono 1.080.245 le persone che hanno deciso di lasciare il posto di lavoro, con un aumento del 31,73% rispetto allo stesso periodo del 2021. È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, secondo i quali nello stesso periodo sono raddoppiati i licenziamenti di natura economica (da 135.115 a 266.640).

Le ragioni del fenomeno
Ma quali sono le ragioni che spingono le persone a lasciare il posto di lavoro? Da una ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, pubblicata a maggio 2022, emerge che chi cambia lavoro lo fa principalmente per cercare benefici economici (46%), opportunità di carriera (35%), per una maggiore salute fisica o mentale (24%) o per inseguire le proprie passioni personali (18%) o una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro (18%).
Anche secondo l’Associazione italiana direzione del personale (Aidp) le motivazioni sono rintracciabili anzitutto nella ricerca di condizioni economiche più soddisfacenti e nella speranza di raggiungere un equilibrio migliore tra vita privata e lavorativa. Per l’Aidp le grandi dimissioni sono anche il segno del solco economico, sociale e culturale che si è creato tra la generazione dei cosiddetti “baby boomer”, al vertice delle aziende, e i “millenial” e la “Generazione Z”, più attenti al benessere personale e all’equilibrio tra il tempo dedicato al lavoro e alla vita privata. Proprio per questo sono stati ribattezzati anche “Generazione Yolo”, da «you live only once» ovvero «si vive una volta sola».

Licenziamenti raddoppiati
Dal rapporto dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps emerge anche che sempre nei primi sei mesi del 2022 sono aumentati i licenziamenti, sia quelli di natura economica che quelli disciplinari (rispettivamente +121% e +36%). Il dato, sottolinea il report, va messo in relazione alle deroghe normative varate con i decreti anti-Covid nel 2021. «Per contestualizzare questa dinamica, occorre ricordare che fino al 30 giugno 2021 (per gran parte dell’industria) o fino al 31 ottobre 2021 (per il terziario e il resto dell’industria) i licenziamenti economici erano bloccati dalle normative specifiche introdotte nel 2020. Il più pertinente confronto con il 2019 per i licenziamenti economici rileva una contrazione (circa 50.000 licenziamenti in meno sia rispetto al 2018 che al 2019: -21%)», chiarisce l’Inps. I licenziamenti disciplinari, dopo la modesta flessione del 2020, invece risultano in continua crescita (poco più di 60.000 nel primo semestre 2022, circa un terzo in più rispetto al corrispondente semestre 2019).

https://www.corriere.it/economia/lavoro/22_settembre_15/grandi-dimissioni-anche-italia-6-mesi-milione-hanno-lasciato-lavoro-32percento-2b4cef4a-34e4-11ed-a19f-3ea486a8cbed_amp.html

1 commento su “Nei primi sei mesi in Italia 266.640 lavoratori sono stati licenziati per ragioni economiche, il doppio rispetto al 2021, mentre oltre un milione hanno deciso di dimettersi dal posto di lavoro (+32%)

  1. Non mi stupisce questa alzata di scudi degli abortisti. Il loro scopo è l’aumento degli aborti,per cui, qualsiasi iniziativa che possa farli diminuire la vedono come un ostacolo al loro fine ultimo , che è la morte. Tutto ciò che fanno i globalisti è indirizzato verso la morte, come l’eutanasia, il suicidio assistito, l’omosessualizzazione della società, l’apologia del gender. E’una cultura di morte quella in cui ci costringono a vivere.

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