La storia della musica a colpi di scoop…

La storia è vecchia, visto che se ne parla già ad un convegno a Brescia nel 2000, ma è del 3 aprile 2016 l’articolo di Fabrizio Basciano sul “Fatto Quotidiano”, che riporta il risultato delle ricerche di Luca Bianchini e di Anna Trombetta, secondo cui, alcune fra le più belle e celebri Sinfonie di Mozart, come la “Jupiter” in do maggiore K. 551, la “Praga” in re maggiore K. 504 e la “Parigi” in re maggiore K. 297, non sarebbero del genio di Salisburgo, bensì di un certo compositore veneto di nome Andrea Luchesi (1741-1801).

Già, perché per qualcuno, l’idea che Mozart abbia scritto tanto musica in soli 35 anni di vita, pare irrealistica e vorrebbe alleggerire la sua produzione; ce lo spiega Enzo Amato nel suo “La musica del sole”:

“Mozart, in soli 35 anni di vita, considerando che nei primi cinque anni la produzione è scarsissima, scrive circa settecento lavori. Una media di ventitré lavori all’anno, due al mese per trent’anni di seguito. Durante i suoi frequenti spostamenti Amadeus passava molti giorni in carrozza: non credo che con le strade sterrate dell’epoca fosse possibile scrivere musica senza errori per giunta”.

Eh già, la produzione da 0 a 5 anni di Mozart è “scarsissima”, nota Amato: strano che appena nato, quel pigrone di Wolfgang non avesse preso carta e penna per scrivere musica…

Sempre per Amato, tutto il Classicismo viennese avrebbe attinto a piene mani dalla Scuola Napoletana, (il solito Nord ladrone ai danni del Sud, insomma) e ci dimostra, ad esempio, che un frammento melodico di una Sinfonia di Anfossi del 1776 si ritrova nel Confutatis del Requiem di Mozart (1791): sì, verissimo, ma è anche evidente che, sebbene la cellula melodica sia simile, i risultati dei due brani sono completamente diversi.

Inoltre quell’inciso, in Anfossi, è di passaggio e non costituisce la base del pezzo, mentre per Mozart è l’ossatura della prima parte del Confutatis.

Venendo poi alle considerazioni di Amato, sulla presunta impossibilità di scrivere due brani al mese per 30 anni da parte di Mozart, dobbiamo sottolineare che Wolfgang aveva una facilità di scrittura non comune e che la sua occupazione da cui ricavava il necessario per vivere era solo ed esclusivamente quella di comporre.

Riguardo all’osservazione di Amato sulla difficoltà di comporre durante i viaggi, lo stesso Mozart, in una lettera al padre, ci dice che la Sonata in do maggiore K. 309 fu improvvisata in carrozza.

E la memoria musicale del salisburghese era straordinaria, come risulta inequivocabilmente dalle testimonianze del tempo: quindi, se anche proprio era impossibile scrivere durante i suoi spostamenti, non mi pare strano che Mozart concepisse un brano in carrozza per poi fissarlo velocemente sul pentagramma durante le frequenti soste allora usuali in ogni spostamento, per fare rifiatare i cavalli, o una volta arrivato a destinazione.

Ci aspettiamo che venga allora presa in esame anche la produzione sterminata di Bach e di Telemann, che sicuramente saranno guardati con sospetto dagli scettici musicologi odierni, che forse ignorano che Haendel disse di Telemann che “era capace di scrivere un mottetto ad otto voci più velocemente di quanto si scriva una lettera”.

Evidentemente certe capacità, un tempo, erano più comuni di quanto ora non si pensi e non vanno giudicate in base ai (poveri) standard moderni…

La coppia Bianchini-Trombetta, sempre secondo l’articolo del “Fatto Quotidiano”, pare calare un asso sul tavolo a sostegno della loro tesi, in quanto, nella Biblioteca Estense di Modena, “ci sono le parti staccate della sinfonia Jupiter, che hanno attribuito a Wolfgang Amadeus Mozart, ma che lì sono anonime. Quelle dell’anonimo autore sono del 1784 o forse precedenti. La partitura di Mozart, stessa musica, è del 1788, quindi Mozart deve aver copiato da una partitura preesistente, che risale almeno al 1784”.

Pongo la banale domanda: come si è sicuri che l’ignoto trascrittore non abbia copiato male la data?

I due studiosi però rincarano la dose:

“Occorre considerare – aggiungono Bianchini e Trombetta – che i problemi che il fondo di Modena solleva, non si limitano alla Jupiter. Ci sono in quell’archivio modenese altre sinfonie anonime attribuite poi a Mozart e molte anonime attribuite successivamente ad Haydn”.

La spiegazione: “La musica poteva essere acquistata da ricchi, arbitrariamente sottratta al vero autore, attribuita ai direttori a servizio dei nobili di turno. Chi acquistava la musica ne deteneva i diritti, compreso quello d’attribuirla ad altri, vincolando al silenzio il vero autore, solennizzando l’accordo col notaio”.

Sempre secondo i due studiosi, che seguono una strada già percorsa (con scarsa fortuna) da Giorgio Taboga, autore, fra l’altro, della tesi secondo cui Mozart sarebbe morto per le conseguenze di un pestaggio subito da un marito geloso (sic!) “i frontespizi dei lavori di Modena vennero strappati. Il nome di Luchesi compare nella partitura d’una sinfonia – trattasi della summenzionata ‘Parigi’ – conservata a Regensburg, che è significativamente anche nell’archivio di Modena, ma è stato cancellato da qualcuno, che vi ha sovrapposto la firma di Wolfgang Amadeus Mozart”.

Dunque, alla luce di queste nuove scoperte, la Sinfonia Parigi di Mozart sarebbe frutto di un clamoroso furto, tanto che il maggiore protettore del compositore a Parigi, il barone Melchiorre Von Grimm, sempre secondo Bianchini e Trombetta, avrebbe cacciato Mozart dalla capitale francese una volta scoperto il divino Amadeus con le mani nel barattolo della marmellata…

La realtà è del tutto diversa: vero è che Grimm non gradiva più la presenza del giovane Wolfgang a Parigi, ma solo perché il giovane non era diplomatico e non accettava di buon grado di esibirsi davanti ad un pubblico di nobili distratti, che consideravano i musicisti come semplici intrattenitori che producevano gradevoli sottofondi alle loro chiacchiere.

Inoltre Grimm accusava Mozart di non darsi abbastanza da fare nei salotti francesi, anche perché il Salisburghese non stimava affatto il mondo musicale parigino.

Insomma, c’erano sufficienti fondate ragioni per Grimm per non gradire la presenza di Mozart a Parigi e molti plausibili motivi per Mozart di lasciare la città perché non sufficientemente apprezzato da quel pubblico.

Se esaminiamo invece i fatti che la musica racconta, la Sinfonia Parigi reca in sé i segni di una profonda influenza del sinfonismo imperante a Mannheim, che, guarda caso, è la città che Mozart aveva visitato proprio immediatamente prima della tappa parigina.  E, si badi bene, è la prima Sinfonia di Mozart che prevede l’impiego dei clarinetti, strumenti allora non usuali nella musica sinfonica, ma che erano presenti nell’orchestra di Mannheim, all’avanguardia nell’Europa di quei tempi.

Ma si sa, va di moda lo stravolgimento della realtà a tutti i costi: addirittura qualche musicologo d’assalto afferma che la vera compositrice della famiglia Mozart fosse la sorella Nannerl, che, essendo donna, non poteva, a quei tempi, dedicarsi alla composizione, in una lettura tutta anacronisticamente femminista della Storia della Musica…

Qualcuno dice che Andrea Luchesi fosse stato il Maestro di Beethoven, e questo spiegherebbe il livello delle creazioni di questo compositore veneto e giustificherebbe il fatto che sia stato possibile attribuire ai ben più celebrati Mozart e Haydn alcune delle sue sinfonie: peccato però che lo stesso Beethoven non confermi mai che Luchesi  – Kapellmeister a Bonn dal 1774 al 1801 –  sia stato uno dei suoi maestri.

Non ho potuto esaminare il materiale di Modena, quindi non posso dare giudizi netti su basi scientifiche; con tutta umiltà, mi limito a considerare che, nel Settecento, era piuttosto comune che un tema, rivisto e corretto, passasse da un compositore all’altro senza scandalizzare nessuno e di esempi potremmo citarne a bizzeffe. Secondo la tesi di Bianchini e Trombetta, però, Mozart avrebbe proprio “rubato” la sinfonia, non si sarebbe trattato solo del “prestito” di un frammento melodico. Un furto in piena regola.

La Sinfonia Jupiter è citata da Mozart nel suo catalogo personale che lo stesso compositore curava con attenzione fin dal 1784: “10 agosto 1788 “Eine Sinfonie. 2 violini, 1 flauto, 2 oboe, 2 fagotti, 2 corni, 2 clarini, timpany, viole e bassi”. E’ lei.

La comparsa di una fuga nell’ultimo tempo della Jupiter – inusuale per la produzione sinfonica del tempo – è frutto dell’avvicinamento del Salisburghese alle opere di Bach, avvenuto qualche anno prima.

Luchesi è un buon compositore, ma non un genio, per cui non credo che abbia potuto scrivere la Parigi, la Praga, la Jupiter, (che sarebbero corpi estranei nella sua produzione) e, secondo me, c’è un’altra spiegazione della presenza di quegli esemplari di manoscritti nella Biblioteca Estense.

Mozart purtroppo, come si sa, è impossibilitato a difendersi e a dire la sua…

Concedetemi però una piccola malignità: il prof. Taboga, purtroppo scomparso nel 2010, era veneto ed è stato uno dei primi, se non il primo, a volere promuovere il veneto Andrea Luchesi, mentre Enzo Amato, strenuo difensore della Scuola Napoletana, è napoletano…

Ma non sarà che l’appartenenza territoriale, il campanilismo ad oltranza, giochi un qualche ruolo in questa storia?

Come diceva il divino Giulio, “a pensar male si fa peccato, ma, qualche volta, ci si azzecca”…

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