Stranieri con cittadinanza italiana che non parlano e non comprendono l’italiano ai seggi elettorali con un familiare o il cellulare per farsi indicare nella loro lingua come votare. La cittadinanza e il diritto di voto si concedono solo a chi conosce l’italiano, rispetta le nostre regole e condivide la nostra civiltà

Castelli Calepio, 26 settembre 2022 – Buongiorno Caro Magdi e cari Amici della Casa della Civiltà, voglio condividere con voi un aspetto di queste elezioni che mi hanno colpito, nella mia piccola esperienza di presidente di Seggio e che mi hanno fatto molto riflettere. Non voglio in questa sede analizzare l’esito delle elezioni, ma prendere in considerazione un sistema che la sinistra vorrebbe portare a regime in modo da garantirsi un solido bacino elettorale, e cioè la concessione facile della cittadinanza italiana.

Da parecchi anni la sinistra invoca lo “Ius soli”, a cui, soprattutto nell’ultimo anno, ha aggiunto lo “Ius scholae” sostenendo con il primo che è giusto concedere la cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia, anche se da genitori stranieri; con in secondo mira a concedere la cittadinanza ai bambini stranieri che hanno studiato in Italia. In entrambi i casi poi, aggiungo io, certamente lo status di cittadino italiano verrebbe assunto per estensione anche dai genitori.
Molto frequentemente questi novelli cittadini italiani, non solo non parlano la lingua italiana, ma non la comprendono assolutamente, (anzi credo proprio che non la vogliano apprendere), e quindi mi pare lecito chiedersi cosa abbiano capito delle formula del giuramento che devono pronunciare (in italiano…..).
Una volta divenuti cittadini italiani hanno quindi diritto di voto, come prevede la Costituzione e come è giusto che sia.

Ieri, 25 settembre 2022, presso il seggio di cui ero presidente si sono verificati alcuni episodi che mi hanno lasciato piuttosto irritata.
Si sono presentati per esercitare il diritto di voto cittadini italiani di origine asiatica pretendendo di far accedere alla cabina elettorale il figlio/o la figlia «per capire cosa devo votare». Ovviamente mi sono opposta e sotto lo sguardo stupito degli scrutatori ho chiarito all’interessato che essendo diventato cittadino italiano doveva essere in grado di leggere e di esprimere il suo voto autonomamente e che quindi o era in grado di farlo oppure avrebbe dovuto restituire le schede ed allontanarsi, essendo di tutta evidenza che non avesse in alcun modo bisogno del voto assistito.
Non ho utilizzato a caso l’espressione «stupito», e poi mi sono resa conto del motivo: in tutti i casi non era la prima volta che votavano e quindi ho presupposto (vista la sicurezza con la quale si sono presentati accompagnati) che in altre occasioni fosse stato loro concesso di farsi “aiutare”.
In un caso addirittura marito e moglie in due cabine vicine si parlavano nella loro lingua ad alta voce, ma era comprensibile che si stessero reciprocamente fornendo informazioni su chi votare. Non ho potuto a quel punto imporre prima di tutto l’uso della lingua italiana (chiarendo anche qui agli scrutatori che si tratta dell’unica lingua ammessa nello Stato) e vietando lo scambio di “consigli” pena l’immediato allontanamento dalla sala delle votazioni.
Il caso clou si è verificato con un soggetto che ha cercato di chiamare a casa la moglie (sempre straniero divenuto cittadino italiano) «per aiutare me», diceva. A lui ho dato due alternative: chiudere immediatamente la conversazione, consegnarmi il telefono e votare oppure uscire accompagnato dalla forza pubblica e con una segnalazione alla Procura. Devo dire che ha immediatamente capito l’antifona, ha consegnato il telefono ed ha proseguito il voto.

Questi episodi mi hanno riportato alla mente le lezioni di Magdi, quando in questi anni (anche durante la sua mezz’ora culturale su Fb) ci ha ricordato che diventare cittadino italiano deve essere l’esito finale di un processo lungo di integrazione vera all’interno di una nazione, durante il quale se ne assimila la storia e la cultura, oltre che la lingua.
Ero già concorde con quanto sostenuto da Magdi ma devo ammettere che  ho compreso appieno il significato delle sue  parole solo dopo aver vissuto questi episodi.
Per poter pretendere un simile atteggiamento da uno straniero che intende diventare cittadino italiano tuttavia è necessario che noi stessi, per primi in qualità di nativi italiani, siamo consapevoli e forti della nostra identità come nazione e come popolo e delle nostre origini altrimenti avremo lo stesso sguardo stupito di un paio di miei scrutatori.
Credo pertanto che nella costruzione di un nuovo Stato, sarà oltremodo necessario provvedere affinché coloro che vogliono entrare a farne parte, diventino cittadini italiani a pieno titolo solo dopo aver superato un serio percorso di apprendimento e di integrazione.
Con l’aiuto di Dio e della sua Mamma, insieme ce la faremo.

4 commenti su “Stranieri con cittadinanza italiana che non parlano e non comprendono l’italiano ai seggi elettorali con un familiare o il cellulare per farsi indicare nella loro lingua come votare. La cittadinanza e il diritto di voto si concedono solo a chi conosce l’italiano, rispetta le nostre regole e condivide la nostra civiltà

  1. Mi complimento con te Andreina per aver agito con fermezza. Non so se i presidenti di seggio “politicamente corretti” avranno agito nello stesso modo! Il buonismo non paga ed è solamente una manifestazione di debolezza.

    1. Grazie Davide, credo di non aver fatto nulla di diverso dal mio dovere.
      Le regole valgono per tutti e quindi anche per queste nuovi connazionali. Purtroppo anni e anni di peloso buonismo hanno fatto loro credere di avere dei privilegi. I risultati poi si vedono…

Lascia un commento

error: Questo contenuto è protetto