È finita l’ultima tua corsa
Si nascondono a Freudenau
Mesti e docili
Dietro i cancelli di questa arena
Il tuo orgoglio di atleta
La tua eleganza
Le tue fiere narici
La tua scattante
Innocente allegria
Le tue danze nel vento
Il tuo lucido mantello nero
I tuoi occhi vividi e superbi
La briglia abbandonata
In un angolo
Di questo ospizio elegante
Non hai mai conosciuto la vita dei prati
Lo splendore di rive radiose
Le verdi paludi dell’ansa pigra
Del fiume
Le torri di guardia del confine di stato
Fra le nuvole rosa del tramonto
Lasci la pista alla gente variopinta
Delle scommesse
Qualche ombrello ancora aperto
Cappelli a tesa larga per celare lo sguardo delle signore
È finita l’ultima tua corsa
Oggi
D’ottobre
E il tuo incedere lento
Quasi incerto
Chiama una piccola folla a raccolta
Come a una festa di commiato
Qualcuno ti accarezza
Sembra vogliano salutarti
Regalarti l’addio del loro mondo
Delle loro passioni
Dei loro desideri
Dei loro sogni
Ancora umido dell’ultimo galoppo
Con quel tuo sguardo infuocato
Rispondi a quelle tenere carezze
Questa
Confermi commosso
Come fanno gli uomini
È stata la mia ultima gara
Da oggi
Wolczyn
Non corre più

Non c’è un momento sprecato nella vita se viene speso in sella.
(Winston Churchill)

Il purosangue di Freudenau, vicino a Vienna, abbandona le corse e passa (con me) alla vita dei prati e dei sentieri del bosco.

Nel montare un cavallo, noi prendiamo in prestito la libertà.
(Helen Thomson)

Foto di copertina: “Wolczyn “

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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