LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Tornare alla terra”

Sono passati come i gorghi del grande fiume
Repentini
E ringhiosi mulinelli
Rapidi flutti verso il mare
Paiono lontani quegli anni
Testimoni pigri del passato
Di una città sonnolenta
Della sua gente
Delle sue chiese
Del suono amico delle sue campane
Ricorrono sullo schermo della vita
Immagini sbiadite
Lontani colori dell’infanzia
Racconti e leggende dei renaioli
Chiassosi battibecchi delle folaghe
La danza pacata delle stagioni
Gli arditi tremori adolescenti
Brandelli di emozioni
Radi come quelle nuvole grigie
Fitti come la nebbia di quegli autunni
Secchi come quelle foglie della riva
Esauste
A terra dopo la calura dell’estate
Riappaiono sentimenti e passioni
Remoti e vaghi cenni
Di lunghe corse sugli argini
Di quei profumi di viole
Mai dimenticati
Di quel gelo intenso
Che pare ogni tanto ritorni
Come una melanconica melodia
Di quei tramonti rosati
Di quelle gocce di rugiada
Qualche volta gli anni
Se ne andavano lesti in compagnia della neve
Dopo aver inondato la campagna
Di un manto di cristalli
Pieni di un orgoglio superbo
Lucidi di quel timido raggio di sole dell’inverno padano
Poi i segni del tempo pareva si arrestassero
Come insistenti rughe del rimpianto
Senza voler andarsene
Per scomparire poi
In un momento di silenzio
Seguiva forse una preghiera
Recitata adagio
Da un volo di angeli
Nella vaga
Afosa geometria
Della golena

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Viviamo tra cose destinate a morire – Intra peritura vivimus.
(Lucio Anneo Seneca)

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Foto di copertina: “Tornare alla terra” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

3 commenti su “LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Tornare alla terra”

  1. Non mi sfugge , caro Gianni,l’impegno e l’interesse con cui decodifichi il messaggio poetico. Hai infatti magistralmente condiviso, di questa mia riflessione, il fatale rincorrersi della vita e della morte per quel “prodigioso duello” che materializza il miracolo e lo spirito stesso dell’esistenza umana. Ciò che come tu dici noi cediamo alla terra, il cumulo di emozioni che apparentemente abbandoniamo alla terra, non è che la somma delle credenziali che ci accreditano come protagonisti e testimoni al cospetto del sommo potere divino.

  2. Bellissima poesia, dove vita e morte attraverso il ricordo, si rincorrono in prodigioso duello, sull’onda dei ricordi di gioventù impellenti e spicchi di emozioni in cui le stagioni si alternano immortali e i sentimenti senza rimpianti né dolori ne danno cadenze estatiche
    cedute infine alla terra. Colori e suoni avvinghiati alla vita, estati esplosive di passioni e poi autunni immersi nella nebbia fitta nel non sapersi ritrovare mai troppo adulti fino a la neve su cui la luce riflette cristalli di fredda trasparenza nel riverbero di mille stelline di luce. Viviamo tra cose e momenti destinati a perire, fuorché il loro ricordo e l’eterno riapparire nelle emozioni della vita sempre nuova e nel sorriso di mille angeli, che ci stanno accanto, sempre.

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