15 Ottobre 2022 – Anche se il ricorso al nucleare dovesse limitarsi alle armi «tattiche» più volte citate dal Cremlino, le conseguenze sarebbero «catastrofiche».
A lanciare l’allarme è Iriad – Archivio Disarmo, che fa notare come le bombe russe potrebbero puntare su obiettivi strategici in Italia.
Per esempio, basi aeree e navali e comandi Nato. Prime nel mirino sarebbero le basi Nato di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone) che ospitano insieme circa 40 testate nucleari. Ma altri bersagli a rischio sono rappresentati da altre basi e comandi militari Nato a Vicenza (Caserma del Din e Caserma Ederle), Livorno (Camp Darby), Gaeta, Napoli (Naval Support Activity), Taranto, Sigonella (Naval Air Station).
Almeno 55 mila morti e oltre 190 mila feriti. Questo il bilancio a cui andremmo incontro in caso di bombardamento russo sugli obiettivi sopracitati. Soprattutto se ad essere colpiti dovessero essere quelli in prossimità delle città.
La simulazione, pubblicata sulla rivista on line di Archivio Disarmo calcola il maggior numero di vittime a Napoli (circa 21mila morti e 109 mila feriti), a seguire Vicenza (12 mila morti e 45 mila feriti), Gaeta (12 mila morti e 5 mila feriti) e Taranto (7500 morti e quasi 27 mila feriti). Ma al più evidente dramma umano si aggiungerebbero una serie di effetti collaterali a cascata.
Blocco di infrastrutture e di centri nevralgici, oltre al danno ambientale provocato dal “fall out” nucleare e dalla persistenza delle radiazioni.
Previsioni che hanno l’intento di «prevenire» lo «scenario peggiore», spiega Francesca Farruggia, segretario generale di Archivio Disarmo. «Come noi e con molti più mezzi di noi, confidiamo che allo stesso obiettivo stiano lavorando i governi, le organizzazioni internazionali di cui fa parte l’Italia e le Nazioni Unite», ha fatto eco Iriad, «Anche perché quello appena descritto non è nemmeno il quadro più catastrofico».
Secondo il modello di scenario elaborato da Alex Wallerstein e applicato dall’Università di Princeton, in caso di un conflitto nucleare generalizzato le vittime ammonterebbero a una cifra di circa 34 milioni soltanto nelle prime ore. Il ticchettio che ci separa dall’Apocalisse risuona sempre più rumoroso nelle recenti minacce del Cremlino.
Con l’Ucraina che invoca la “no fly zone” sui cieli del Paese e chiede a gran voce la fornitura di missili a lungo raggio Atacms, Mosca ha infatti paventato un inevitabile ricorso al nucleare nel caso in cui queste richieste venissero accolte. Ma il ricorso alle armi nucleari porterebbe alla rottura del patto non scritto che trattiene le potenze dal “primo uso” del nucleare. A quel punto, se è atteso un intervento dagli Stati Uniti, meno sicura è la strada che sceglieranno per rispondere: ricorreranno ad armi convenzionali o nucleari?
«L’interrogativo ‒ osserva Fabrizio Battistelli, presidente di Archivio Disarmo ‒ è drammaticamente attuale. Da esso dipende l’interruzione o al contrario l’intensificazione di un’escalation nucleare. In quest’ultimo caso si passerebbe dalle testate tattiche a quelle a medio raggio (oltre 500 km.) dirette alla regione europea e da queste a quelle strategiche, dirette ai territori delle due maggiori potenze nucleari, gli Stati Uniti e la Russia». Battistelli conclude rilevando che questi scenari «sono allo studio da sempre» presso gli «stati maggiori delle superpotenze», ma che da quando la Russia ha invaso l’Ucraina «vengono aggiornati a Mosca e a Washington giorno per giorno, se non ora per ora».
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