Ha suscitato una notevole agitazione nel mondo politico, e in particolare nelle forze di opposizione al governo Meloni, la nuova denominazione data al dicastero dell’Istruzione pubblica e cioè «Ministero dell’Istruzione e del Merito».
Molti i motivi di curiosità o di preoccupazione. La nuova denominazione dà la stura ad una serie di interrogativi e in molti casi di sospetti, perché, checché se ne dica, la “cultura del complotto” e “del sospetto” ormai costituisce un angosciante dimensione del sentire diffuso nella vita individuale, sociale e politica d’ogni tendenza e colore. E difficilmente verrà sradicata.
Siccome l’uso del termine compare proposto da “destra”, allarmi, anatemi e cachinni si sono sollevati alti e forti in quei settori in cui il solo parlare di “destra” fa rizzare i capelli. Certamente il pregiudizio settaristico e fazioso non aiuta il confronto.
Ciò non di meno il fatto che la parola «merito» sia assurta ad elemento connotativo della denominazione del Ministero sopra citato, ha un peso concettuale, culturale e politico di rilievo, ancora tutto da analizzare ed eccepire. Tant’è che a qualcuno quella parola calata a sorpresa sulla denominazione del ministero, ha richiamato il fragore della spada di Brenno gettata sulla bilancia del prezzo dal far pagare ai Romani sconfitti, al grido di “Vae victis!”.
E’ persino in discussione se la parola merito, in sé certo non priva di valori positivi, non fosse più opportunamente da collocare altrove, nel contesto “trasversale” delle novità cui il nuovo governo voleva dare risalto.
E’ comunque opportuno che di merito si parli e se ne eccepiscano i valori in una ricerca finalizzata a giovare al pubblico interesse e al bene pubblico. La Costituzione della Repubblica Italiana, in riferimento al diritto all’istruzione, fa riferimento ai «capaci e ai meritevoli», e il concetto compare più volte in vari articoli del testo, spesso in forma implicita. Pare a molti che quanto al riguardo afferma o auspica la Carta costituzionale non abbia del tutto trovato un’efficace espressione in ambito normativo e operativo.
Un dato questo che ha riscontro nel comune sentire che lamenta i danni che “incapacità” e “demerito” hanno pesantemente indotto nel campo delle professioni, dei pubblici servizi , della politica e del contesto sociale. Una valutazione che coinvolge in termini di efficienza, efficacia, correttezza e produttività anche il funzionamento della Giustizia e della Pubblica Amministrazione.
Importante sarà trovare oltre all’ovvia promozione dei singoli, le modalità di una promozione qualitativa generalizzata dell’istruzione di tutti i cittadini e un innalzamento generalizzato della coscienza civica, della coesione sociale e del progresso.
Vittorio Zedda
(3 novembre 2022)
Mi auguro, caro prof. Zedda, che il concetto di meritocrazia venga esteso a tutti gli ambiti, oltre che alla scuola. Tutti i giorni vedo i danni prodotti dal 6 politico. Mi ritrovo con colleghi che non sono in grado di scrivere correttamente in italiano ma infarciscono il loro linguaggio di anglicismi, e questo è solo uno dei problemi.
Un esempio lampante sono le leggi degli ultimi anni, scritte in un italiano che fa orrore e del tutto incomprensibile: certamente non avrebbero meritato buoni voti in grammatica….
Dice benissimo l’autore dell’articolo quando fa riferimento alla Costituzione italiana nella quale, riguardo al sistema della nostra istruzione, si parla esplicitamente di capacità e di merito. Assolutamente impossibili da appoggiare le posizioni di oppositori che rivendicano la dimensione dell’inclusività quasi configurandola come una qualità della scuola che il “merito” non valorizzerebbe. La scuola deve essere inclusiva senza, per questo, smentire un suo fondamento costituzionale, quello della valorizzazione del merito e dei meritevoli. Una delle caratteristiche che tradizionalmente si riconosce agli italiani è proprio la capacità di eccellere in molti ambiti culturali. Spero che alla base della nuova denominazione del nostro caro ministero non ci stiano soltanto “parole”.
Certamente si contrappone all’era del sei politico, mi sembra lo smantellamento di un apparato ideologico…! Sta cambiando la storia…?