10 novembre 2022 – Smentito, come da copione, il mainstream italiano, infarcito di “politichese” nostrano, pregiudizialmente orientato, colmo di profonda ignoranza e di dietrologia.
Le elezioni di mid-term, in USA, hanno risposto in modo assolutamente prevedibile, lo stesso che si ripete da quasi duecento anni: il partito che detiene la maggioranza al Congresso perde il controllo di una o di entrambe le Camere.
Una flessione meno percettibile nelle elezioni di mid-term di un primo mandato Presidenziale; più evidente in quelle che si svolgono durante un eventuale secondo mandato.
Il futuro prossimo, perciò, ci riserverà un anno di presidenza azzoppata ed un anno di campagna elettorale permanente. In pratica, la politica degli Stati Uniti è già orientata al 2024.
Ed è proprio verso questo scenario che, dalle elezioni, emerge un dato sconvolgente: dal cappello a cilindro dei due principali contenitori politici non è ancora emerso un nome da offrire agli elettori nella corsa alla Presidenza.
Bruciato sul nascere il deputato rampollo della dinastia Kennedy, la Convention democratica si trovò, due anni or sono, a dover ripiegare sull’usato sicuro Joe Biden per poter fronteggiare il presidente uscente Trump.
Quest’ultimo, autoproclamatosi leader di quello che una volta era il Grand Old Party e che, perso il “Leone” McCain, non è riuscito a coagulare le proprie anime statali in una proposta presidenziale.
I media nostrani si affannano ad inventarsi una stella che brilla, quella di Desantis, che neanche i suoi elettori in Florida vogliono, nel 2024, candidato alla Presidenza.
Sgombriamo anche il campo da un altro elemento di dietrologia tipica del nostro Paese: il sospetto di brogli. Risultati atipici sono sempre stati un elemento caratterizzante la politica statunitense: dalla sconcertante vittoria di Rutheford Hayes nel 1876, assurto a tavolino agli onori presidenziali in cambio del ripristino del sistema confederale antecedente la Guerra Civile, alla misurata vittoria di John Kennedy nel 1960 sulla quale pesa la presunta influenza mafiosa in Illinois. fino al caso Florida del 2000 ed alla vittoria di Bush jr contro Al Gore.
In tutti questi casi gli sconfitti non urlarono al broglio elettorale ma “ingoiarono il rospo” ed andarono avanti, per se stessi e per il bene della democrazia, a differenza di Trump che decise, due anni fa, di mutuare dal nostro Paese la “cultura del sospetto”, dando corpo plasticamente alla deriva populista ed ad una debolezza istituzionale che non si manifestava negli States dal tempo del Watergate e che era esplosa in modo drammatico più di un secolo prima con la Guerra Civile. Tutti episodi che, in ogni caso, si verificarono durante contese presidenziali e non amministrative.
L’unico dato di un certo interesse che è emerso da queste elezioni è che, salvo imprevisti, la prossima corsa alla Casa Bianca vedrà fronteggiarsi un signore Presidente in carica di 81 anni ed un contendente di 78 anni in odore di condanna giudiziaria! Con estrema soddisfazione di Big Pharma, Big Tech ed Industria militare che potranno sguazzare nel vuoto, o meglio, nella debole autorevolezza del prossimo inquilino della Casa Bianca, chiunque esso sia, per portare avanti le loro egoistiche politiche economiche e sociali.
Purtroppo nulla di nuovo sotto il sole. Tutto procederà come previsto, del resto come si fa a pretendere che qualcosa cambi a livello politico se il politico è lì proprio perché ce lo hanno messo le lobbies finanziarie.