LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Rivedrò”

Rivedrò
L’ansa del grande fiume
E l’isola dei pescatori
Disegnata più in là del ponte
Rivedrò
I pioppi snelli della golena
Quelle chiatte rumorose e macilente
Opporsi alla corrente
E i barconi dei renaioli sfidare
Sul filo dell’acqua
Il mattino fra gli argini nascosti nella nebbia
Rivedrò
Quei remoti momenti della piena
Il pianto delle donne
La paura sulle rive
E poi ancora quelle immagini antiche
Ingiallite dalla polvere della memoria
La corsa alla scuola
Dall’altra parte della strada
Rivedrò
I compagni di classe
Sorridenti e scanzonati come allora
Il sagrato ospitale della chiesa
Quei mattoni ocra della facciata
Le litanie del mese di Maria
La bottega del ciclista
Aveva sempre le mani unte
Il barbiere della via
Alto e grasso
Il calzolaio del cortile vicino
Si chiamava Carlo e camminava strano
La sua pareva una danza
Il pane burro e zucchero della merenda
Quei sapori incredibili dell’infanzia
E i volti di tutti gli altri
Ancora vivi
Come in una scena di teatro
E poi le note di una vecchia canzone
Un coro straripante di nostalgia e di speranza
La fragranza di quegli attimi di gioia
L’inquietudine di quei rimpianti
Il gusto di quelle emozioni
il bagliore di quelle passioni
Il colore tenue di quei sentimenti
il candore bambino di quei desideri
Tutti quanti allineati
Intatti più di allora
Fantasmi inquieti
Davanti alla calca dell’ultima porta

“Talvolta crediamo di aver nostalgia di un luogo lontano, mentre a rigore abbiamo soltanto nostalgia del tempo vissuto in quel luogo quando eravamo più giovani e freschi. Così il tempo ci inganna sotto la maschera dello spazio. Se facciamo il viaggio e andiamo là, ci accorgiamo dell’inganno.”
ARTHUR SCHOPENHAUE

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Foto di copertina: Chiesa di S.Maria Maddalena (Cremona)

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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