STEFANIA CELENZA: “Mai più feti sepolti nel nome della madre”

C’è un articolo del 3 novembre scorso sul quale vale la pena di soffermarsi.
“Roma, mai più feti sepolti con il nome della madre”. Il Campidoglio approva due modifiche al regolamento dei cimiteri e tutela la privacy delle donne che interrompono la gravidanza

Di EMANUELE NUCCITELLI
dire.it, 3 novembre 2022 – Da oggi i feti che saranno sepolti nei cimiteri capitolini non riporteranno più il nome della madre, ma avranno solo un codice alfanumerico associato a un protocollo. E ancora: le donne potranno scegliere tra inumazione e cremazione. Sono le novità approvate oggi in Assemblea capitolina, che ha dato il via libera alle modifiche del Regolamento di polizia cimiteriale, entrato in vigore nel lontano 1979. Il testo è stato cambiato dopo 23 anni in seguito alla denuncia, avvenuta nel 2020, da parte di una donna per aver trovato il suo nome su una delle croci all’interno dell’area dedicata ai feti del cimitero Flaminio.

COSA CAMBIA
Ad oggi, l’inumazione di prodotti abortivi – 20/28 settimane – e dei feti – più di 28 settimane – è automatica e viene disposta nelle medesime aree dove vengono sepolti i bambini nati morti. I prodotti del concepimento – sotto le 20 settimane – vengono invece inceneriti d’ufficio. In particolare, con questo provvedimento si modificano gli articoli 4 e 28 del Regolamento disponendo che la donna o gli eventuali aventi diritto possono optare per l’inumazione o per la cremazione dei prodotti del concepimento, dei prodotti abortivi e dei feti.
La seconda importante modifica riguarda la tutela dell’anonimato della donna prevedendo che sul cippo funerario, non più la croce, posto nell’area di inumazione (riquadri dei bambini) sia riportato solo un codice alfanumerico associato al numero di protocollo della richiesta. Viene anche accolta la proposta, per chi lo richieda, di apporre sul cippo un nome anche di fantasia, un vezzeggiativo, un simbolo o una data. L’elenco dei protocolli viene custodito nel cimitero e il suo accesso è consentito esclusivamente alla donna o agli aventi diritto nel caso di decesso della donna interessata.

ALFONSI: UNA BATTAGLIA DI CIVILTA’
«Con l’approvazione di questa proposta viene modificato un Regolamento ormai datato, così come oggi risulta obsoleto il quadro legislativo nazionale di riferimento, cioè il DPR n.285 del 1990. Una battaglia di civiltà, che abbiamo portato avanti in difesa del diritto di scelta delle donne che interrompono la gravidanza di dare sepoltura o richiedere l’incenerimento dei prodotti abortivi o dei feti, con la più ampia possibilità di decidere e in totale riservatezza. Un provvedimento che è il frutto di un processo di interlocuzione e di ascolto condotto insieme all’assessora alle Pari opportunità Monica Lucarelli con l’obiettivo di tutelare la privacy delle donne e di impedire il ripetersi di fatti drammatici come quello accaduto al Cimitero Flaminio due anni fa, quando una donna ha visto il proprio nome indicato sulla croce dove il suo feto era stato sepolto», dichiara l’assessora capitolina all’Ambiente Sabrina Alfonsi.

LUCARELLI: TUTELATI DIRITTI DONNE
«Oggi si è chiusa una fase fondamentale per i diritti delle donne. Per la tutela della loro privacy e del rispetto delle loro scelte. Dopo mesi di confronto con l’assessora Alfonsi e le associazioni siamo arrivati all’approvazione in aula della modifica al regolamento cimiteriale. Oggi Roma ha aggiunto un tassello fondamentale nel mosaico della civiltà e dei diritti. Ringrazio l’Aula, i presidenti delle commissioni Ambiente e Pari Opportunità e la presidente Celli per il lavoro svolto durante tutto l’iter che ha portato al voto di oggi», dichiara l’assessora Capitolina alle Pari opportunità Monica Lucarelli.

Roma, mai più feti sepolti con il nome della madre

 

Cristiano Magdi Allam ha prontamente e sapientemente commentato:
Nell’articolo si parla di «prodotti abortivi», «feti» e «bambini nati morti», come se fossero tre realtà antropologicamente diverse, con il sottinteso che i «prodotti abortivi» e i «feti» non sarebbero creature viventi.
Inoltre, si afferma che «i feti che saranno sepolti nei cimiteri capitolini non riporteranno più il nome della madre, ma avranno solo un codice alfanumerico associato a un protocollo».
La sostituzione del nome con un numero, evidenzia che il feto non viene concepito come una creatura vivente.
Infine, le «donne», ma non si parla di «madri», potranno optare tra l’inumazione o la cremazione dei «feti». Mentre i «prodotti abortivi» vengono «inceneriti d’ufficio».
Sono personalmente sconvolto dal livello di disumanità che si ha nei confronti di creature viventi in fase di formazione e che più di altre dovrebbero essere tutelate, soprattutto dalle loro madri.

Come non associarsi al profondo senso di sconforto che descrive Magdi Allam.

Come si vede, ormai, il “linguaggio di sistema” è sempre lo stesso, si usano le medesime espressioni politicamente corrette, gradite da TUTTI i partiti, care sia alla destra, che alla sinistra. Questi termini si possono riconoscere ed estrapolare dal contesto, perché, di qualunque argomento si parli, con queste parole magiche, si ottiene l’approvazione incondizionata. E questo consenso acritico porta ad accettare l’inaccettabile.

Le espressioni magiche di questo articolo sono: «Battaglia di civiltà»; «Difesa del diritto di scelta delle donne»; «Tutela della privacy delle donne»; «Pari Opportunità».

Sono parole prive di significato in sé’, in questo contesto (dove sta la civiltà, cosa c’entrano le pari opportunità, su questo argomento), ma che costituiscono un forte giustificativo generalizzato, sempre vincente, quando si parla di donne. Ciliegina sulla torta è la definizione, che trovo estremamente cacofonica, di “assessora” alla Alfonsi…

Oltre questa mera osservazione linguistica, molto acuta è, invece, l’analisi di Cristiano Magdi Allam che ha sottolineato come nell’articolo si parli di donne e non di madri.

Il paradosso è proprio questo. Dietro la falsa rappresentazione della superiore tutela dei diritti della donna, alla fine la si priva persino della sua maternità. Così viene fatta passare come conquista di civiltà una sua deprivazione. Occorre cancellare il nome della donna accanto al prodotto del suo concepimento, se questo deve servire ad aggiungere «un tassello fondamentale nel mosaico della civiltà e dei diritti» in suo favore…

Sul concepito non vi è niente da dire, naturalmente. Non esiste. Non c’è. Non c’è più. Non ha importanza. Quello che importa è solo e soltanto la donna (non più madre).

Quando le menti sono così obnubilate dagli stereotipi di regime, non si riesce neppure più a riconoscere certe abnormità. Non so quanti si siano resi conto di come sia stato ridicolo attribuire addirittura l’aggettivo «drammatico» al fatto «accaduto al Cimitero Flaminio due anni fa, quando una donna ha visto il proprio nome indicato sulla croce dove il suo feto era stato sepolto»…un fatto davvero drammatico…non c’è che dire…

Stefania Celenza

3 dicembre 2022

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