LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Deserto”

Sarà quello dell’anima
Il prossimo vero deserto
Sarà il destino di quella sabbia fine
Suolo senza seme
Lontano dai secoli della memoria
Macinato dalla frusta insistente dello scirocco
Inondato da lunghe notti di solitudine
Eco di una voce distante
Soffocata dal sole infuocato dell’inferno
A bruciare la pelle della coscienza
A riempire i nostri giorni
Saranno
Quei silenzi solenni
Sovrumani
La folle corsa verso l’ignaro confine del tempo
L’intreccio di sublimi geometrie
Sospese fra terra e cielo
Di ombre delicate ed austere
Inesorabili e mutevoli
Che accarezzano l’eterna monotonia delle dune
A farci dimenticare tutto della verde epopea della foresta
Del crepitio di cascate spumeggianti
Dell’intenso profumo degli alberi
Sarà l’icona di una palma solitaria
Unico smarrito monumento
Simbolo dell’umana sopravvivenza
Ad accompagnare il nostro trepido naufragio
A lenire il dolore cupo dell’abbandono
E quell’ora
Non lontana
Sarà la calca della grande fuga
Senza il respiro della speranza
In cerca del ristoro
Dell’oasi
Di quella sorgente
Arido rigagnolo di emozioni perdute
Appena sussurrate
Traccia affollata di grandi passioni
Di piccoli tormenti
Miraggio di teneri rimpianti
Visioni infrante negli opachi riverberi dello spirito
Inni di gioia limpida
Lasciati inerti ai bordi del cammino
E svaniti
Lentamente insieme alle note della vita
Sarà quello dell’anima
Il prossimo vero deserto

Sulle sabbie del deserto come sulle acque degli oceani non è possibile soggiornare, mettere radici, abitare, vivere stabilmente. Nel deserto come nell’oceano bisogna continuamente muoversi, e così lasciare che il vento, il vero padrone di queste immensità, cancelli ogni traccia del nostro passaggio, renda di nuovo le distese d’acqua o di sabbia, vergini e inviolate.
(Alberto Moravia)

Il deserto non è quello che normalmente si crede, deserto è tutto quanto sia privo di uomini, anche se non dobbiamo dimenticare che non è raro trovare deserti e aridità mortali tra le folle.
(José Saramago)

Foto di copertina: “Deserto” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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