LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Immagini sfuggenti”

Scorrono le immagini di oggi come
nuvole sparse nel cielo
Difficile conservarle in mente
Veloci come sono
Nel caleidoscopio dell’anima
Sono perle abbandonate dietro angoli
bui della città
Frammenti di vita
Confusi sprazzi di luce sull’orizzonte
Deserti infuocati
Angosciosi richiami
Di momenti nascosti nella follia di
storie irripetibili
Sono profumi intensi mai dimenticati
Come l’incenso di lunghe cerimonie di festa
Colori ancora impressi nella mente
Sensazioni incise nelle pieghe della carne
Passioni evanescenti
Compagne chiassose dei giochi adolescenti
Restano alcuni sbiaditi fotogrammi
Di un grande arcobaleno
Boschi ingoiati nel silenzio
Il volo librato di un’aquila
Un cappello a tesa larga
Una bicicletta nera
Lucida
Immobile
Appoggiata al muro di casa
Il suadente sorriso di una fanciulla
Vestita di azzurro
Sempre la stessa
Da anni
Il primo richiamo d’amore in quegli
occhi timorosi
Sguardi incrociati di sfida
Qualche frettolosa lacrima sul viso
La gioia
Come se fosse adesso
Poi una chiesa mastodontica
Solenni colonne doriche
Navate gigantesche ed altere
Cori di preghiere
Sempre le stesse parole
Cantilene allineate
Ripetute alla noia
Cori immutati negli anni
Poi senza sosta
Quell’aia affollata di desideri bambini
Il ricordo di qualche animale
Il rito della pioggia incessante
Giusto uno di quegli interminabili minuti
Le corse sfrenate verso la campagna
Solo più tardi fissando in alto
Nell’illusoria atmosfera del sogno
Pare
Di riconoscere proprio il disegno di un volto
I contorni sempre più definiti
Di ricostruire il senso di una favola
Di dipanare la grande matassa
Del segreto della memoria
Riudire voci note
Armonie di pensieri
Cancellate dall’avvicendarsi
tumultuoso
Inesorabile delle stagioni

Il tempo è un grande maestro. Peccato che uccida tutti i suoi allievi.
(Hector Berlioz)

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Foto di copertina: “Immagini sfuggenti” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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