Come noto la Città fu voluta, fondata e chiamata Littoria dall’Opera Nazionale Combattenti. La posa della prima pietra avvenne il 30 giugno del 1932 da parte di Valentino Orsolino Cencelli, Commissario di Governo dell’ONC stessa, in contrasto inizialmente ed apparentemente con le determinazioni di Mussolini, assente alla cerimonia, perché la città era edificata su comprensori della bonifica, per legge non destinati alla creazione di agglomerati urbani. Ecco la riproduzione della nota autografa del Duce tratta dall’Archivio Centrale di Stato.
«Ufficio Stampa – Roma. Tutta questa retorica a proposito di Littoria semplice Comune e niente affatto città est in assoluto contrasto colla politica antiurbanistica del Regime stop anche la cerimonia della posa della prima pietra est una reliquia di altri tempi stop non tornare più sull’argomento. Mussolini».
Littoria sorse lo stesso e visto l’eco internazionale riscontrato divenne il cavallo di battaglia nella propaganda del regime e Mussolini, abile esibizionista e sempre maestro a gestire la situazione a suo favore, la inaugurò il 18 dicembre dello stesso anno.
Crebbe bella e razionale, a misura di uomo ma nel vivo della sua adolescenza si trovò, per quattro mesi, nel bel mezzo dei due fronti principali della guerra in Italia: Cassino ed Anzio/Nettuno.
Le truppe alleate entrarono in città il 25 maggio del ’44, a Roma il 4 giugno.
Appena si insediò in Roma il nuovo governo con a capo Ivano Bonomi, ebbe subito inizio l’epurazione di tutto ciò che era legato al passato regime.
Problema prioritario divenne il biffare le lapidi, sfregiare gli stemmi, smantellare i monumenti e, soprattutto, cambiare la toponomastica.
Littoria si trovò al centro della defascistizzazione e ne divenne il più altisonante capro espiatorio. Tipico mal costume universale come attestato anche dai recenti avvenimenti su Cristoforo Colombo.
Su proposta della Prefettura a seguito di input del Capo del Governo, la deputazione provinciale, insediatesi poco dopo l’arrivo degli “Alleati” in città, presieduta dall’avvocato Leone Zeppieri, Commissario straordinario della Provincia, e formata dai rappresentanti dei partiti componenti il Comitato provinciale di liberazione nazionale, avviò il cambio del nome in accordo con il Sindaco Cornelio Rosati.
Ciò sollevò gli appetiti dei comuni limitrofi e poco mancò che fosse cancellata anche la Provincia.
Zeppieri fu costretto a scrivere una accorata lettera il 16 settembre 1944 al Presidente del Consiglio Bonomi.
Ecco lo stralcio della lettera: «La diffusione di notizie sulla soppressione della provincia di Littoria induce i sottoscritti a presentare all’Ecc.V. alcune considerazioni che dovrebbero valere a respingere l’eventuale proposito di cambiare il destino di queste terre….Tutto ciò richiede l’esistenza di un centro amministrativo e tecnico di prima importanza, che, corrispondendo senz’altro ad una esigenza ormai naturale ed imprescindibile, è appunto costituito dal capoluogo di provincia, cioè Littoria, il cui nome pesa però troppo nel ricordo di queste popolazioni che da tempo ne richiedono la sostituzione ….Eccellenza, i cittadini di questa tormentata terra, …… Vi chiedono, nel diritto dei liberi che la loro città, riconsacrata in una nuova denominazione …che significhi redenzione, purezza di intenti e costante amore della libertà resti il capoluogo di una provincia che fu creata non dal fascismo, ma dal lavoro di quegli umili e strenui lavoratori, che dettero alla bonifica le loro fatiche, i loro stenti, la loro vita…..”.
Ribadendo ben due volte il concetto del cambio del nome ed avvallando la tesi della città voluta dalla ONC per sottolineare il distacco dal fascismo.
Il cambio fu sancito con il Decreto Luogotenenziale firmato da Umberto Principe di Savoia e Luogotenente del Regno, il 9 aprile 1945 e dal cui testo, come anzidetto, si ha conferma che i cittadini erano estranei alla proposta.
I fatti storici esposti sono tratti dai testi di Annibali Folchi, giornalista e scrittore, che con una certosina ricerca negli archivi, ha scritto diffusamente sulle vicissitudini storiche della Città e della Provincia.
Quello del cambio del nome è stato quindi un atto forzato sull’onda emotiva della caduta di un regime avviato nella primavera del ’44 e concluso a guerra ancora in corso, (la data ufficiale della fine guerra in Europa è l’8 maggio del 45 in Italia è considerata il 25 aprile), mentre in città si piangevano ancora i propri morti, le macerie ingombravano le strade e gli abitanti ancora dovevano rientrare dai luoghi dello sfollamento.
Un mutamento altresì voluto da pochi, da chi si era appena seduto sugli scranni del potere, e sostenuto con l’affermazione non rispondente al vero che il cambio di denominazione fosse voluto da tempo dalla popolazione.
La Provincia fu fatta salva mentre il nome della Città no.
Possono le ragioni politiche e le ideologie prevalere sulla storia? Possono modificare l’origine di un luogo, reinventandosi un nuovo nome compromettendone così l’identità?
L’accusa per la Città era ed è sempre la stessa: il marchio d’origine, la filiazione fascista. Girando per le sue strade, invece, si ode spesso nominarla ancora Littoria, da parte non solo dei littoriani ancora in vita ma anche dei giovani.
Chiamare questa città Littoria però è anche percepito come scivolare nel nostalgico e nel politico, ma non si può dare per scontato che chi parli di Littoria appartenga necessariamente ad una parte politica. Fa solamente riferimento ad un fatto inequivocabile, alla storia e alle radici della Città.
Chi cita il nome originale lo fa anche perché sente il bisogno di riconciliarsi con il passato, l’origine del luogo e con quali sacrifici e duro lavoro il luogo è sorto.
La riconciliazione è un tentativo per pacificare gli animi esacerbati da avvenimenti che invece di unire tendono ancora a minare l’unità nazionale; il ritorno all’identità originale sorvolando vecchi “credo ideologici” per una riconciliazione che vada al di là dell’ambito cittadino per librarsi in quello più vasto, più consono e più impegnativo che è quello nazionale.
Vorremmo che da questa Città partisse un messaggio di conciliazione valido per tutti gli Italiani, lo stesso messaggio di conciliazione e pacificazione storica che il popolo russo, dopo ben 67 anni, ha saputo fare restituendo i nomi di San Pietroburgo e di Ekaterinburg alle città di Leningrado e Sverdlovsk e di Volgograd alla ex Stalingrado. Questa città simbolo e martire del Secondo Conflitto Mondiale viene ancora chiamata Stalingrado in un breve periodo dell’anno perché la storia del suo sacrificio rimanga nella memoria nazionale. Ottima dimostrazione di rispetto e spirito storico di inaspettata forza e coerenza.
Se riuscissimo a non avere pregiudizi sul nome anagrafico di Littoria, o se riuscissimo almeno a dare pari dignità al nome di Littoria con quello di Latina, non avremmo fatto una azione nostalgica, ma avremmo fatto vincere la Storia.
Di questo grande passo ne potranno andare orgogliosamente fieri proprio i cittadini di questo territorio, i figli, nipoti e pronipoti di coloro che, venendo da tutta l’Italia, hanno strappato questa terra alla palude anche con il sacrificio della propria vita. Gli abitanti di una città che proprio per la loro estrazione multi regionale hanno fatto di questa terra quella che più di tutte personifica l’unità nazionale.
Quell’unità che è rappresentata proprio dal simbolo etrusco del VII secolo avanti Cristo ritrovato nella tomba del littore a Vetulonia nel 1889: il fascio con l’ascia bipenne. Simbolo estremamente allegorico di forza ed unione anche se poi scelto, a posteriori, molto a posteriori, come simbolo di un regime totalitario.
Comunque un simbolo ben diffuso e utilizzato nel mondo tuttora come lo dimostra il mausoleo di Abraham Lincoln, il Senato degli Stati Uniti ed una moneta americana, lo stemma della famiglia di Giscard D’Estaing, la cancellata di un parco di San Pietroburgo e lo stemma della Repubblica Francese.
Consentiamo ai giovani di cercare nel recente passato quello che non trovano nel presente, il senso di appartenenza, l’orgoglio delle proprie radici, l’orgoglio di vivere in una città tanto giovane quanto ricca di una originale, unica, irripetibile, fulgida storia.
Questo augurio non può però essere considerato unilaterale e a senso unico ma sempre valido, e soprattutto valido in senso lato, per tutta la storia.
Vinca la Storia, la Storia vera, quella spogliata e non imbrogliata dalle ideologie, la Storia con i suoi ineluttabili accadimenti e le sue verità inconfutabili.
Comunque Buon Compleanno.
Roberto Benigni lo spiegò efficacemente in uno dei suoi monologhi televisivi: “Cosa pensereste di quell’idraulico che dopo aver riparato in modo sublime lavandino, doccia e bagno della vostra abitazione, abusasse di vostra moglie e dei vostri figli, stuprandoli e picchiandoli violentemente? Certamente nessuno si sognerebbe di dire: “Quell’idraulico è un mostro, ma ha fatto anche delle cose buone come riparare il mio lavandino”. Purtroppo questi canoni non vengono applicati alla Storia del ventennio, ancora vittima di rigurgiti nostalgici il cui conato frena il compimento della scelta democratica e repubblicana nel nostro Paese. La Storia, giustamente, elogia le capacità strategiche militari di un generale come Rommel o il genio architettonico di Albert Speer o la creatività figurativa e cinematografica di Leni Riefenstahl perché analizzate esclusivamente in merito al talento professionale individuale. Ma analizzare le pagine nere del ventennio evidenziando ed elogiando, cercando di mantenerle in vita, scelte sociali rese possibili anche e soprattutto grazie alla natura dittatoriale del Governo è una operazione mistificatoria della realtà che, paradossalmente, ha costituito la linfa vitale nella costruzione della narrazione epica della Resistenza.
Evviva il contradittorio Alex e quindi mi permetto di dissentire. Hai male interpretato il mio pensiero perché non difendo ed esalto il fascismo nel mio articolo. La città di Littoria fu voluta e fondata per volontà di Valentino Orsolini Cencelli Commissario del Governo dell’Opera Nazionale Combattenti. ONC fondata nel 1917 e non figlia quindi del regime fascista. La decisione di far sorgere la Città rese inviso a Mussolini il Cencelli che sparì dalla scena. Portare poi ad esempio il monologo di Benigni è fuorviante trattandosi del pensiero di un comico e non di uno storico (è un pò come dare credibilità a Zelensky) ed in questo caso anche non attinente, così come la chiusa del tuo commento. Non me ne volere e sono a tua disposizione per parlarne quando vuoi in separata sede. Un abbraccio e sempre con rinnovata stima.
Complimenti vivissimi per lo stile e per la scorrevolezza formale dell’argomentazione che sostiene i condivisibili contenuti di questo tuo bell’articolo, Euro. E dire che sostenevi di non essere particolarmente portato per gli ambiti umanistici della conoscenza. A me sembra tutt’altro!