LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Ballata di primavera”

È l’alba di questa mite primavera
Tornano sotto la grondaia
Le rondini amiche
Dal loro lungo viaggio
Gemmano nell’aria limpida
I rami del bosco di casa
Le strade vuote nel sole
Sorridono discrete al deserto del mattino
È la paura
Inondata di dubbi e di menzogne
A serrare l’anima
Dietro saracinesche chiuse
Al risveglio della natura
Risponde silente un nemico lesto
Invisibile
Fatale
Maledetto
È l’angoscia
Sola compagna di queste lunghe attese
A calcare i sentieri della guerra
Cosparsi di salme improvvisate e solenni
E mentre i colori e il profumo di sempre
Tornano sulle prime rose dell’anno
Vagano incerte
Fitte processioni
Di riti e lamenti diffusi
La gente
Cammina fra le mura del borgo
In fila come al giorno del patrono
E un coro
Di meste cantilene di preghiera
Insieme al lento
Ripetuto rintocco di una campana
E un lieve sospiro
Di speranza
Prendono la via del cielo

Perché niente io chiamo questo immenso universo
tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.
(William Shakespeare)

Ho sempre amato fotografare le prime rose e proprio i colori di questi petali, teneri, limpidi e profumati, accompagnano la fioritura e la ricorrente magia della primavera del giardino.
Quasi una metafora della umana resurrezione…

Foto di copertina: Giorgio Bongiorno, “Ballata di primavera”

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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