ANSA: “Il Ministro della Cultura Sangiuliano: «L’abuso dei termini anglofoni è snobismo, molto radical chic, è scarsa consapevolezza del valore globale della cultura italiana»

2 commenti su “ANSA: “Il Ministro della Cultura Sangiuliano: «L’abuso dei termini anglofoni è snobismo, molto radical chic, è scarsa consapevolezza del valore globale della cultura italiana»

  1. Le parole di Gualdo sono molto “colorite” ma efficaci e non posso non essere d’accordo con lui.
    Oltretutto capita molto frequentemente che le medesime persone che sono solite inserire termini anglofoni (o, più frequentemente, in un inglese maccheronico) nelle loro frasi non sono in grado di esprimersi in un italiano corretto.
    Ieri mi è capitato per lavoro di dover contattare un nostro consulente, con sede legale a Milano, e nel momento stesso in cui mi ha risposto il risponditore automatico parlandomi perfettamente in inglese ho letteralmente “sbattuto giù” la cornetta e ho provveduto in altro modo a fargli sapere quello che dovevo dire.
    Quanto ai “radical chic” mi sono ripromessa di leggere un libro, che mi pare fosse tra quelli suggeriti dal canale fb di Silvana De Mari, dal titolo “Psicopatologia del radical chic”. Vi saprò dire se oltre alla descrizione di Gualdo potrò aggiungere altre informazioni.
    Riguardo alla tutela dei dialetti trovo che siano un reale patrimonio culturale da salvaguardare e coltivare con cura. Oltrettutto vi sono espressioni dialettali che sono impossibili da tradurre in italiano poiché mancano termini con lo stesso significato, oppure che, tradotte in italiano, perdono la sostanza del significato, venendo sterilizzate.
    I miei genitori tra di loro parlavano in bergamasco ma con noi, almeno fin quando siamo diventati adulti, parlavano solo in italiano: ancora oggi io non ho una vera e propria cultura dialettale e devo dire che la sento come una lacuna, tanto da aver provveduto autonomamente ad apprendere un po’ di dialetto attraverso le pubblicazioni del Ducato di Piazza Pontida, un’istituzione per i bergamaschi, e le poesie dialettali di vari autori.
    In questo momento però la priorità va a ricostruire la capacità di parlare correttamente la nostra comune lingua: l’italiano.

  2. Esatto, la moda anglofoni a è un connotato del tipo antropologico radicale chic. Il radicale chic non solo è un sottosviluppato mentale ma, anche, in quanto tale, un sub umano con la mentalità da suddito, che ama i potenti e si conforma a loro. I potenti del nostro presente – altra specie di sottosviluppati psichici e mentali – amano usare molti termini inglesi, allo stesso modo dei potenti di una volta che facevano citazioni in latino, entrambi per ribadire la loro superiorità intellettuale nei confronti del popolo vassallo. Nella loro mentalità la lingua inglese è la lingua del popolo statunitense che domina il mondo, e quindi segno di distinzione, quasi come le medaglie che un generale espone sul petto, simboli semiologici di altezzosità.
    Il poveraccio che usa termini inglesi mi appare come un patetico ridicolo. Egli, mediante l’uso smodato di termini inglesi, vorrebbe ribadire a tout le monde (a tutti) che è ben integrato nella civiltà del presente, i cui modelli principali sono il benessere fisico ed economico, il gusto delle vacanze all’estero, il successo mondano.
    L’italiano deve essere inserito nella Costituzione come lingua del nostro popolo, ma anche il divieto fascista dell’uso, almeno nelle insegne, marchi commerciali, nomi di persona, di termini inglesi o stranieri; e soprattutto andrebbe inserita nella Costituzione la salvaguardia dei dialetti, oggi sempre più emarginati e totalmente sconosciuti alle generazioni nate dopo il Duemila.

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