“Spazi di parole” è il titolo di un’altra mia raccolta di riflessioni poetiche (pubblicata nel mese di giugno 2020) in cui mi prefiggo di analizzare ed esprimere lo stretto rapporto fra le parole e il pensiero in quanto le une costituiscono lo spazio linguistico, il codice e l’espressione comunicativa al servizio dell’altro.
Parlando con alcuni colleghi protagonisti della comunità fondata da Magdi Cristiano Allam e con Magdi stesso ho avuto conferma di quanto importante e sentito sia questo rapporto nella percezione delle persone. Esse usano più o meno consciamente le parole per riempire gli spazi a disposizione dei messaggi e una serie di questi messaggi, scambiati vicendevolmente , costituisce poi la conversazione il cui argomento rappresenta la ragione e la spinta prevalente per cui le persone vengono in contatto.
Vorrei quindi offrire alle amiche ed agli amici protagonisti, a partire da oggi, una miscela di messaggi con l’obiettivo di riempire questi spazi di pensiero con l’armonia del pentagramma ideale e la forza espressiva delle parole che lo compongono.
Chiamo pensieri quindi questi versi sciolti, la cui architettura nasce sostituendo la riga al verso con l’ambizioso obiettivo di ottenere lo stesso effetto della forma di travestimento metrico latina e della rima tradizionale attraverso l’armonia intrinseca alla combinazione delle parole dell’idioma e al suono melodico delle stesse. Parole che vanno recitate a voce alta e non vanno mescolate e riprodotte nel cervello di alcuno in quella specie di lettura passiva che mescola i pensieri del lettore a quelli dell’autore generando una miscela esplosiva dal punto di vista della adozione e dell’uso dei singoli messaggi.
Pensieri sono anche costituiti e descritti da valutazioni di estrazione linguistica attraverso espressioni idiomatiche o frasi fatte che sono espresse attraverso la combinazione di parole che occupano lo spazio comunicativo ed esprimono una serie di immagini e di concetti di gran lunga superiore alla somma dei significati delle singole parole. Per gli amanti delle definizioni queste espressioni si chiamano anche polirematiche e sono appunto date dalla combinazione (radice greca) di una o più parole che nella comunicazione hanno assunto particolare diffusione come sintesi di pensieri molto più complessi e talvolta lontani dal significato delle singole parole che per definizione li descrivono.
Oppure come si evince dalla Treccani , le espressioni polirematiche sono parole composte formate da più elementi che costituiscono un insieme non scomponibile, il cui significato complessivo è autonomo rispetto ai singoli costituenti. Esempio: luna di miele.
“Su questa espressione esistono diverse teorie che trovano fondamento in tempi più o meno lontani. Durante il medioevo era tradizione che la famiglia della sposa portasse presso la casa del suo futuro sposo del miele, come segno di ricchezza, prosperità e fertilità. Per i romani era usanza mangiare miele la prima notte di nozze, come simbolo di fertilità e buon auspicio. La prima notte di nozze veniva chiamata “luna di miele” per il momento dolce che viveva la coppia appena convolata a nozze, e la luna si riferiva alle fasi lunari del ciclo mestruale. Inoltre, il periodo post matrimonio era ricco di cerimonie spirituali e riti pagani che andavano a rafforzare l’unione appena creata.
La tradizione norrena è praticamente uguale: per luna si intende il primo mese di nozze e il miele si ritrova anche qui perché nelle loro usanze nel corso del primo mese gli sposi dovevano bere l’idromele, ed ecco quindi l’associazione luna & miele. Per i babilonesi invece, era tradizione regalare idromele, una bevanda leggermente alcolica a base di miele che si dice abbia effetti afrodisiaci: questa andava bevuta nell’arco di un mese, appunto il tempo di un ciclo lunare.
La luna di miele secondo le Sacre Scritture
La luna e il miele legati al periodo post nozze si trovano addirittura all’interno delle Sacre Scritture, dove l’unico compito dell’uomo era quello di rendere felice la futura sposa. Anche se non sappiamo esattamente quale sia esattamente la storia che ha portato fino ad oggi il termine luna di miele, di una cosa siamo certi: il miele fa parte delle funzioni celebrative da moltissimi anni. Non a caso, anche per quanto riguarda le bomboniere, sempre più spesso gli sposi scelgono prodotti alimentari, tra cui appunto il miele.
Luna di miele: significato e curiosità
Esistono anche studi che indicano che la parola miele viene associata solo al primo mese di matrimonio, considerato il più dolce e romantico, anche se poi messo assieme alla luna potrebbe significare che soltanto il primo mese è dolce e romantico… ed ecco questo lo è un po’ meno! Se guardiamo ai tempi nostri, il termine luna di miele così come lo intendiamo noi, è diventato popolare durante l’epoca vittoriana e precisamente durante La Belle Époque. A quei tempi era usanza lasciare le nozze durante il ricevimento e partire.
Luna di miele lo ritroviamo in moltissime altre lingue: honeymoon in Inglese, luna de miel in spagnolo, lune de miel in francese, lua de mel in portoghese e in tante altre lingue del mondo. Se traduciamo letteralmente queste parole come significato otteniamo “mese di miele”, che fa riferimento al periodo post-matrimonio. Possiamo dire, quindi, che per il significato di luna di miele si intende il periodo successivo alle nozze dove la coppia parte per godersi i primi tempi della vita matrimoniale. (www.matrimonio.com )
Sospetto che, sulla scia della più famosa invocazione “Mehr Licht” (Più luce) del grande drammaturgo e poeta Goethe e senza volermi in qualche modo avvicinare alla grandezza di questo illustre spirito , io giungerò alla fine dei miei giorni chiedendo, oltre a “più luce” anche “più tempo”…nella speranza di poter finalmente ordinare e completare il groviglio di pensieri, di sentimenti, di desideri, di emozioni che sono stati oggetto di queste riflessioni e che in fondo hanno caratterizzato di volta in volta i momenti della mia esistenza cioè il modo di riempire lo spazio comunicativo destinato ai pensieri che avevo intenzione di riportare e raccontare.
L’unica certezza in termini di coerenza e di “consecutio” è che da tutte queste immagini , evocate nella raccolta, si veda emergere la inconfondibile mia attenzione e presenza nell’ ammirare la preziosa offerta della natura attraverso il profilo del monte argentato di luna , nel rimanere incantato di fronte alla bellezza di uno sguardo , alla scoperta ed alla celebrazione delle mie radici, all’ammirazione delle immagini consuete, alla estasiata contemplazione del braciere di un tramonto, alla fruizione del profumo delle messi, del fascino discreto della campagna, della lieve e sublime leggerezza del sogno, del piacere legato a momenti della memoria nel mare antico ed eterno di quella che chiamerei “ nostalgia esistenziale”.
E dirò, talvolta, sono persino fiero di essere il gestore talvolta disattento come spesso succede di questo groviglio, apparentemente disordinato, di pensieri. Basti quindi questa certezza al lettore per percorrere, magari a tappe, il viaggio immaginario con quei frammenti di anima che ho cercato di illuminare, nel poco tempo delle divagazioni notturne, alla tenue luce della riflessione e all’armonia del suono amico delle parole.
Forse nell’una o nell’altra “riga” di un mio componimento egli potrà ritrovare qualcosa di sé stesso, scoprire nel quadro dell’opera qualcosa che possa ben ritrarre una cornice psicologica comune, un sentimento condiviso o condivisibile. E di questo breve viaggio a tappe oltre i confini dell’anima gli basterà solo conservare una serie di immagini, un tenero e diffuso ricordo. Come si fa con le cose care della vita, che ognuno tiene vive nella propria mente.
Nel linguaggio corrente, si definisce come “spazio” l’estensione a due o tre dimensioni in cui si collocano gli oggetti e le persone oppure, in termini metaforici, l’ambito d’influenza, il campo d’azione che talvolta le parole delimitano, popolano, descrivono e animano.
“Spazi di parole” vorrebbe rappresentare appunto, in questa ultima accezione, la metafora del gioco eterno della vita, l’antica nenia del vissuto con le descrizioni “parlate “dei sentimenti, le narrazioni dei momenti di riflessione collocati nella complessa serie di istanze esistenziali e declinati con il segno indelebile della speranza nell’affollato rifugio della fioritura delle emozioni e della talvolta mesta ed impietosa nostalgia dei ricordi. È anche un campionario di scampoli di esistenza, ritagli di un vissuto lavati e stesi al sole in una giornata di vento per lasciare evaporare ed essiccare la serie di esperienze che hanno colorato e profumato il giardino dei sentimenti della vita.
Canto soprattutto l’orgoglio e la melodia della nostra lingua, l’amalgama di colore e suoni e il timbro delle sensazioni che agitano i significati e cullo l’ambizione che la mia testimonianza possa rappresentare un documento vivo di questa armonia. Infatti, non so se sia più l’immagine fissata dall’obiettivo, con i suoi contorni e le sue sfumature di luce oppure o siano i colori e i suoni delle parole a meglio illustrare gli spazi aperti da queste mie riflessioni.
Credo inoltre di poter riportare e anche qui riaffermare e sottolineare quanto suggerito dall’indignazione di pochi illuminati cultori della nostra lingua , nel denunciare apertamente i molteplici “crimini” che vengono commessi in Italia da almeno vent’anni a questa parte, con lo stupro quotidiano, esercitato e condiviso, sistematico e serrato, del nostro idioma . Lo scandalo poi è dato dal fatto che sono proprio i gestori della distribuzione dell’informazione (quindi quelli che dovrebbero favorirne la conoscenza, l’uso corretto e lo sviluppo) a perpetrare questa quotidiana violenza alla nostra bellissima lingua.
Mi basti qui ricordare le esaurienti affermazioni del giornalista poeta Toni De Santoli che in un suo articolo dal titolo “Fermiamo la rovina della Bella Lingua Italiana”, ne ha denunciato apertamente lo scempio da parte delle istituzioni e del mondo dei media: “Oggi, sì, offesa, storpiata, presa a calci. E questo nell’indifferenza della stampa, della tv, degli accademici.”. Per non parlare della colonizzazione da parte dell’inglese che ha ormai invaso, come una pericolosa e patologica infezione, la pratica quotidiana della nostra lingua e la sua nobile tradizione.
Annalisa Andreoni, scrittrice, italianista
appassionata studiosa della modernità letteraria e autrice del libro “Ama l’italiano. Segreti e meraviglie della lingua più bella” sostiene in una intervista alla Voce di New York come “l’italiano sia legato alla bellezza della nostra poesia, della nostra opera lirica, dell’arte, del paesaggio e in generale alla bellezza dell’Italia tutta”.
Gianluca Lisco psicologo psicoterapeuta della Gestalt scrive in un articolo sul suo blog:” Riconosciamo schemi o forme che si ripetono nei nostri modi di vivere e raccontare le nostre esperienze di vita?” e soggiunge: “Se ci diamo il permesso di ascoltare e dare voce alle nostre sensazioni, alle nostre emozioni e ai nostri pensieri possiamo delineare una sequenza ritmica nei nostri modi di percepire e vivere la realtà. Scopriremo così alcune forme che si ripetono con costanza più di altre e cominceremo ad abbozzare alcuni tratti del nostro carattere come fossero tendenze e atteggiamenti quasi automatizzati che modellano la nostra identità e la percezione che abbiamo di noi stessi.”
Del resto, queste liriche e queste espressioni polirematiche, meglio da me definite come “sospiri” o “ritmi di esistenza” che si ripetono ad ogni mia esternazione, non sono che dei cocci, i più disparati ed eterogenei, disposti a costituire una variopinta, talvolta improvvisata raccolta di immagini, di momenti di tregua, di incontri, di emozioni, di suggestioni e di esperienze. Il tutto visto dalle lenti inconfondibili della prospettiva, attenta e vigile, dei miei sentimenti, della mia coscienza, delle mie aspirazioni, delle mie passioni e dei miei desideri.
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Iniziamo subito con un suggestivo spazio di pensiero e cioè quello della parola “DESIDERIO”.
Si tratta in effetti della combinazione di parole che dal latino “De” “sideris” (Sotto le stelle) racconta una favola molto suggestiva:
Al tempo dei Romani (Giulio Cesare -De Bello Gallico) le battaglie si celebravano in tutte le loro fasi di giorno e la prevalenza o la vittoria di una parte veniva riconosciuta dai contendenti prima del sopravvenire delle tenebre. Allora scattava una consuetudine molto simile all’intervento della attuale “Croce Rossa”. I feriti venivano quindi ricoverati da un corpo speciale (quello dei “desiderantes”) nelle retrovie del campo per una assistenza tesa a recuperarne la eventuale salvezza. E quell’aspettare sotto le stelle ha la potente caratteristica comunicativa di occupare tutto lo spazio dell’attesa con le sue emozioni e le sue tante stucchevoli varianti psicologiche.
Unirò ogni volta alla consueta interpretazione poetica dello spazio di parole anche una pillola “polirematica” per mostrare attraverso esempi significativi quel modo di occupare lo spazio di parole che affianca all’armonia della nostra parafrasi poetica la dose di saggezza di una espressione idiomatica che l’uso popolare ha reso alla lingua arricchendone e diversificandone la narrazione e la relativa efficacia comunicativa.
(Giorgio Bongiorno)
Aosta, 6 Gennaio 2023
Errata Corrige De sideribus al posto di De sideris