VITTORIO ZEDDA: “Istituita la Commissione parlamentare per il contrasto all’odio. Ma affronterà tutti i contesti in cui si manifesta l’odio, si occuperà di prevenzione e dell’amor proprio?”

In genere all’inizio di ogni anno si formulano tanti buoni propositi, talvolta nuovi, più spesso vecchi ma, purtroppo, finora non realizzati. A farne un elenco non si saprebbe da quale cominciare.

Ne cito uno perché ha assunto un valore istituzionale: si tratta di un proposito teoricamente ottimo che è quello di “contrastare l’odio”. Per essere precisi si tratta della “Commissione straordinaria per il contrasto ai fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, istituita presso il Senato della Repubblica Italiana nel 2021.
Il fatto rimane di stretta attualità, dopo due anni, per i mutamenti del quadro politico. Nella sua prima seduta la commissione ha eletto presidente la senatrice Liliana Segre, una scelta di indubbio valore simbolico, finalizzata a costituire un buon punto di partenza.
Qualche perplessità può nascere invece dal fatto che, in Senato, l’istituzione della commissione votata a maggioranza senza un solo voto contrario, ha totalizzato invece un alto numero di astensioni, pari a 98. Positiva l’assenza di voti contrari, non altrettanto l’evidente contrapposizione tra favorevoli e astenuti che denuncia una mancata condivisione delle modalità di attuazione di un’esigenza che, pur condivisa, si vuole far apparire con un marchio di schieramento, snobbando il più alto livello di accordo possibile e opportuno.
Una buona occasione mancata, quella di affrontare il tema dell’odio fra note di contrasto. Ciò pone qualche dubbio sulle modalità di funzionamento della nuova Commissione straordinaria, che proprio perché straordinaria ha di norma potestà specifiche non ordinarie, probabilmente discutibili e motivo di polemiche.
Merita un’attenta riflessione la potestà della Commissione di formulare, in alcuni casi, proposte di legge senza passare dall’assemblea del Senato. Ciò è previsto, per un verso, dalle norme istitutive delle “Commissioni speciali o straordinarie”, ma evidenzia, per altro verso, il varo frettoloso della Commissione suddetta prima della prevista bocciatura elettorale della maggioranza proponente.
Col risultato che una Commissione nata forse prematura da una certa maggioranza parlamentare, dovrebbe trovarsi ad operare in presenza di una maggioranza contraria alla precedente. Per “battere l’odio” le condizioni non paiono ottimali, già a livello di “radici politiche” del provvedimento.

In ogni caso fino ad ora detta Commissione non ha fatto molto parlare di sé, ragion per cui attendiamo gli sviluppi dell’iniziativa, di cui per ora non immaginiamo il seguito. L’argomento è serio ma ciò non toglie che nell’attesa qualche “noterella a margine” possa essere formulata senza mancar di rispetto a quello che in apertura è stato definito un “ottimo proposito”. Che in quanto tale ha però bisogno di un “ottimo strumento”, giuridico e procedurale e soprattutto non omissivo di eventuali contenuti scomodi.
Ne consegue una domanda: il titolo esplicativo delle funzioni della Commissione delinea in modo completo e compiuto gli obiettivi cui la Commissione in esame dovrebbe mirare? Direi di no: specifica chiaramente il suo intento di “contrasto”, anche in modo repressivamente deciso, nei confronti di “razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza” e su questi temi il disaccordo pare escluso.

Ma non accenna nemmeno con una parola a forme di “prevenzione”, quale quella cui si può mirare con l’educazione, quindi la scuola e la cultura in genere. Dubbia è l’efficacia di una repressione senza un’educazione finalizzata alla “prevenzione” dei fenomeni da contrastare. Ed è proprio l’assenza della parola “prevenzione” che si coglie di primo acchito. La “gente di scuola”, ritengo, avrebbe visto con favore una connessione esplicita almeno auspicata, certo non trascurabile, dell’“ottimo proposito” di cui parliamo con l’ineludibile contributo formativo della scuola e della cultura.
E aggiungerei dell’informazione, che però di questi tempi non appare un buon ausilio, anzi non di rado è un ostacolo alla ricerca di verità atte a far acquisire meditate convinzioni.

Nell’analisi dell’intitolazione della Commissione ho omesso intenzionalmente di citare la parola “intolleranza”, sulla quale dovrò tornare. Il contesto in cui è citata l’intolleranza è proprio quello, motivato e auspicato, quindi positivo e non oggetto di “contrasto”, dell’intolleranza al razzismo, all’antisemitismo, alla violenza e quant’altro non sia condivisibile. Esiste infatti la categoria positiva dell’intolleranza, quale ad esempio l’intolleranza dell’intollerabile, anche se, di questi tempi, c’è chi tenta di imporci la tolleranza dell’intollerabile.

L’intitolazione in esame meritava forse una formulazione più appropriata, oltre che più completa. L’odio verso le istituzioni e la legalità, carattere distintivo della criminalità mafiosa, non dovrà essere omesso dagli studi della Commissione.
Così pure la tratta di esseri umani che continua fra l’Africa e l’Europa, frutto di una disumanità abbastanza odiosa da meritare almeno una citazione nei compiti di “contrasto all’odio”. Altrettanto dicasi della riduzione in schiavitù, espressione di odio e disprezzo dell’essere umano.

Quello che può apparire sconfortante è che viviamo tempi di odio in continua crescita. Alla massima espressione di odio rappresentata dalle guerre in atto, rese addirittura peggiori da un’informazione falsa e fuorviante, si aggiunge, recentissimo, l’episodio assurdo di un’esplosione d’odio fra tifoserie calcistiche. A quali categorie ricondurre odi di quest’ultimo tipo, ovviamente non considerato nel titolo della Commissione citata, non è in questo momento un argomento che ci appassioni, anche se ci preoccupa non poco.
Se la guerra coi carri armati appartiene alla categoria degli orrori, la guerra del calcio sembra sconfinare nell’idiozia bestiale. Però l’uno e l’altro caso non possono essere omessi nel contesto di un “contrasto all’odio”, a meno che il “contrasto” citato abbia finalità di scontro politico su argomenti “bandiera”, escludendo altre questioni di cui pare sia più comodo tacere.

Il terrorismo che imperversa ovunque e che nelle forme tipiche dell’odio che l’integralismo islamico riserva all’Occidente cristiano non è meno degno di attenzione del razzismo, dell’antisemitismo, dello schiavismo o dell’istigazione alla violenza. Né è pensabile che all’odio che promana dal fanatismo religioso l’unico rimedio sia la sottomissione.

Sui social si palesano odi di ogni tipo, anche quelli alimentati dalla politica. Ne sono un esempio l’odio dei “pro-vax” contro i “no-vax” e viceversa: i primi accusati di fare gli interessi di case farmaceutiche che diffondono prodotti farmaceutici di dubbia efficacia e potenziale pericolosità e i secondi accusati di interpretare il ruolo criminale di moderni “untori” di manzoniana memoria.
Un odio voluto dalla politica e mai contrastato perché dividere e contrapporre serve spesso a nascondere qualcosa.

Non so se un elenco dei tipi di odio che dovrebbero essere contrastati possa essere esaurito e completato in questa sede. Non appare per ora chiaro se la Commissione ad hoc abbia una esaustiva contezza del problema, anche per l’enumerazione dei pochi casi oggetto di contrasto inclusi nel titolo, che suggerisce il tipo di finalità politiche dell’iniziativa, forse non orientata alla completezza del quadro. E questo può essere uno dei dubbi espressi da chi si è astenuto in sede di voto.

L’odio fa parte dei sentimenti umani e le motivazioni di tale sentimento sono varie e quindi variamente classificabili. Certo è che l’odio comporta uno stato di sofferenza psichica e fisica e quindi non costituisce un dato esistenziale positivo. Potremmo dire tranquillamente, e non è una battuta, che odiare o essere odiati è antigienico, perché certamente fa male ad ogni livello personale e sociale, oltre a possibili altre conseguenze malaugurate che dall’odio possono discendere.

Ma oltre ad alcune temute certezze, non mancano sull’argomento dubbi e interrogativi. Ci sarebbe stata una rivoluzione francese senza l’odio? O una rivoluzione bolscevica? O altro che non cito per non complicare il quadro. Il tutto per significare, in poche parole, che molti eventi e passaggi della storia umana hanno purtroppo percorso le vie dell’odio. Inevitabilmente, direi, il che non significa che certe forme d’odio vadano “assolte” da un giudizio negativo e altre no, su un tema che presenta aspetti di possibile ambivalenza irrisolta.
La contraddizione in termini con cui si apre il titolo, e cioè “odiare l’odio” vuole alludere anche a questo e nell’alternativa proposta, cioè quella di “coltivare l’amor proprio” intende indicare una via d’uscita.
In attesa che si trovi un modo giuridicamente efficace per “contrastare l’odio”, ammesso che si possa, non sarebbe il caso di lavorare alla costruzione, certamente possibile, di utili contrappesi o contromisure, per togliere spazi all’odio? Nulla di più idoneo allo scopo è il ricorso all’amor proprio, formulazione desueta e ormai dimenticata di una attenzione ed una educazione a valori positivi, utili per l’individuo e benefici per la società, in quanto pluralità di individui interagenti in un ambito di istanze e regole etiche e politiche fondate su principi giuridici e riferimenti comportamentali.

Per quanto sia necessario talvolta porre in atto una repressione dell’intollerabile, e dichiararlo in modo esplicito, appare irrinunciabile il ricorso ad intenzioni e prassi costruttive per ottenere un risultato desiderabile, piuttosto che porre sotto accusa ciò che al risultato atteso si oppone.
Favorire processi e dinamiche basate sull’amore, può essere assai più costruttivo del contrasto, pur necessario, all’odio. Una volta il richiamo all’amor proprio era uno dei pilastri dell’educazione. Probabilmente lo slogan sessantottino della preminenza del “noi” (la dimensione del “collettivo”), rispetto all’ “io”, inteso politicamente come dimensione di un individualismo asociale, ha contraddetto i valori dell’etica personale e della responsabilità soggettiva.
Tutti i libri per l’infanzia fino a mezzo secolo fa, a cominciare dall’impareggiabile “Pinocchio”, veicolavano il fondamentale messaggio dell’amor proprio. Ma probabilmente oggi non si sa più nemmeno cosa sia. O si pensa che sia solo il vecchio nome di un concetto superato.
Approfondirò il tema dell’amor proprio in un prossimo articolo per non rendere troppo lungo questo, che comunque ne costituisce la premessa. Perché sulle trame dell’odio, in tutte le sue forme, abbiamo detto abbastanza e le potenzialità dell’amore, incluso assolutamente l’amor proprio da riscoprire, sono tutta un’altra storia. Da raccontare alla Commissione, se vorrà ascoltarci.

Vittorio Zedda

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