MARCELLO VENEZIANI: “Per salvarci dall’Unione europea c’è solo il Sacro Romano Impero”

E se per salvarci dall’Unione europea, dalla globalizzazione, dal potere cinese e americano, dovessimo ripensare al Sacro Romano Impero? Non sono impazzito, sto riferendo con qualche complicità, una tesi del più noto filosofo italiano vivente.
Premessa. Siamo nell’epoca della spoliticizzazione integrale, destra e sinistra, tradizionalisti e progressisti non sognano più rivoluzioni e restaurazioni o svolte radicali. Nell’era della neutralizzazione, in cui i governi diventano governance, e si limitano ad amministrare il presente senza osare nessuna rottura con il potere globale, lasciate che per un momento mi abbandoni al Mito, al Film apocalittico e al pensare in grande. Poi tornerò con i piedi per terra, ma per una volta lasciatevi volare. Per farlo, non ricorreremo ai Grandi del passato, da Platone in giù ma a un filosofo vivente che non proviene certo da destra. Il filosofo in questione è Giorgio Agamben, che molti hanno conosciuto per le sue posizioni critiche ai tempi della pandemia e della vaccinocrazia. Non riprenderò i suoi pensieri sull’uso liberticida della pandemia ma su una cosa che sta in cielo e non in terra. Dunque il filosofo, un tempo collocato a sinistra anche radicale, ha proposto la costituzione di un «impero latino» promosso dalle tre grandi nazioni latine (Francia, Spagna e Italia), in accordo con la Chiesa cattolica e aperta ai paesi del Mediterraneo. Il suo sogno, lo scrive esplicitamente sul sito di Quodlibet, è addirittura la creazione di un Impero europeo simile a quello austro-ungarico o all’Imperium vagheggiato da Dante nel De monarchia. Agamben trae lo spunto dal filosofo Alexandre Kojève, ma la sua idea di impero lo accomuna ad altri pensatori viventi come Remi Brague, Massimo Cacciari, e perfino Alain de Benoist.
Agamben sostiene che nella situazione estrema in cui ci troviamo, proprio un modello politico così antico può ritrovare un’inaspettata attualità. La premessa necessaria per questa riscoperta, spiega il filosofo, è che i cittadini degli stati nazionali europei ritrovino un legame con i propri luoghi e con le proprie tradizioni culturali e si proiettino nell’idea di una cittadinanza europea, incarnata non in un parlamento o in oscure commissioni, ma in un potere simbolico simile al Sacro Romano Impero. Il problema se un tale Impero europeo sia o meno possibile, dice Agamben, non c’interessa né corrisponde ai nostri ideali: nondimeno assume un significato particolare se si prende coscienza che l’attuale comunità europea non ha oggi alcuna reale consistenza politica e si è anzi trasformata, come tutti gli stati che ne fanno parte, in un organismo malato che corre più o meno consapevolmente verso la propria autodistruzione. Così parlò Agamben il 6 febbraio scorso.
Resto perturbato e commosso. E’ un ideale altissimo, magnifico, e al tempo stesso quanto di più lontano ci possa essere oggi dalla realtà e dagli uomini che guidano l’Europa, le nazioni, i poteri. Ed è un ideale che già ai tempi di Dante apparve irrealizzabile. Sarebbe anche curioso tradurre questa speranza d’Impero nella figura di un Imperatore. Ma Agamben ha fatto i conti con l’unico impero vigente nel nostro tempo globale, che è il Capitalismo? Sissignori, e arriva a una conclusione rigorosa e sconvolgente. Sostiene infatti che il capitalismo che si va consolidando su scala planetaria non è più quello occidentale: è, piuttosto, il capitalismo nella sua variante comunista, che unisce un rapido sviluppo della produzione con un regime politico totalitario. Questo, avverte il filosofo in una nota pubblicata sempre su Quodilibet il 15 dicembre scorso, è il significato storico di guida che sta assumendo la Cina non solo nell’economia, ma anche come forma di governo, come l’uso politico della pandemia ha mostrato. E non abbiamo fatto i conti con la tecnoscienza e il transumano, aggiungo io.
I regimi instaurati nei paesi comunisti erano una particolare forma di capitalismo di Stato, adatta ai paesi economicamente arretrati, riflette il filosofo, ma nessuno si aspettava che questa forma di capital-comunismo, che aveva fallito, fosse invece destinata a diventare, in una configurazione tecnologicamente aggiornata “il principio dominante nella fase attuale del capitalismo globalizzato”. Agamben ipotizza che sia in corso un conflitto fra il capitalismo occidentale, che conviveva con lo stato di diritto e le democrazie borghesi e il nuovo capitalismo comunista; e da questo scontro quest’ultimo sembra uscire vittorioso. Quel che è certo, prosegue il filosofo, è che il nuovo regime unirà in sé l’aspetto più disumano del capitalismo con quello più atroce del comunismo statalista, coniugando l’estrema alienazione dei rapporti fra gli uomini con un controllo sociale senza precedenti.
Insomma, se avete capito quel che ho capito io, in una prospettiva escatologica, il conflitto finale che si sta preparando nei cieli, prima che in terra, è tra un Sacro Romano Impero e i suoi potenziali alleati nel mondo, e il capitalismo comunista, che unifica in una sola figura i due “mostri” che hanno dominato nella seconda metà del novecento: il comunismo e il capitalismo. E’ il conflitto finale tra il Katechon, colui che frena la dissoluzione e l’Anticristo, su cui hanno scritto lo stesso Agamben e Cacciari.
Sconvolgente. Mentre in terra e dalle nostre parti ci dibattiamo su Sanremo, le Olgettine e il Salone del Libro, in cielo si sta preparando una battaglia radicale di Grande Politica, che solo i filosofi apocalittici riescono a vedere. Curioso che questa visione non provenga da un Papa, un Padre della Chiesa, un Profeta, un Pensatore della Tradizione ma da un filosofo che scrive sul manifesto. Da Carlo Marx a Carlo Magno. L’aspetto tragico e surreale della questione è che il nemico da battere è vivo e reale, invece il suo rimedio, il Katechon, è nell’alto dei cieli. Dunque, aspettiamo la divina provvidenza o speriamo solo nell’umana imprevidenza? Intanto respiriamo un alito di Storia, Pensiero e Sacro in un’epoca che li nega.

La Verità – 19 febbraio 2023

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