LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Vertigini”

Torri affollate di ambiziosa follia
Grandi pennoni di velieri smisurati
Segni squadrati di umana superbia
Arroganti stalagmiti della città
Rigide braccia protese verso l’alto
Alveari di cemento
Lanciati a toccare le nuvole e il sibilo del vento
Sfide di acciaio che trafiggono l’aria
E lasciano il corpo sospeso
Indifferente
Tra terra e cielo
Il filo di tutte le passioni rincorso da veloci ascensori
Sogni che scompaiono tutti i giorni dietro porte blindate
Lunghe file di scrivanie silenziose
Tutti parlano con qualcuno che sta lontano
Oltre la fine di qualche mare
Ignorano i vicini
Come se non esistessero
Forse un tempo questa era campagna
Verdi boschi senza vertigini
Branchi di cavalli selvaggi
Praterie a perdita d’occhio
Fino alla corona di colline
Allineate come onde dell’oceano in fondo all’orizzonte
Difficile rivivere i colori sgargianti delle stagioni
Il miracolo della luce radente
Sentire il profumo dei pascoli
Adesso solo tanti parallelepipedi immobili
Incredibilmente uguali
Nel profilo distratto della metropoli
La gente sciama via
Frettolosamente infelice
Impaziente
Schiava di questi grandi alberi di vetro
Senza rami
Senza foglie
Senza vita
Senza anima

Foto di copertina: “Vertigini” dal web

4 commenti su “LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Vertigini”

  1. “La gente sciama via…” e con questa gente perdiamo a poco a poco i valori dell’anima su cui abbiamo fondato la nostra esistenza. Nel migliore dei casi potremo o i nostri posteri potranno inventare altri valori….ma quali saranno questi nuovi valori? Alla luce di questi giganti di vetro, di questi alberi senza rami, senza foglie, senza stagioni e senza anima?
    Qualcuno ha commentato dicendo che in fondo si tratta di arrivare più vicini ai valori del cielo, una specie di preghiera concreta e “fisica”. Ma questa gente al momento sciama via “frettolosamente infelice, impaziente e schiava di queste lame che sembra vogliano trafiggere e sfidare il cielo.

  2. Stavolta Giorgio ci conduce nelke foreste di acciaio e cemento e vetri, svettanti a lambire il cielo, dove prima erano boschi e prati e natura viva, ora novelli ragazzi maturi della via Gluck,
    vediamo sciami umani, esistenze uguali, anonime senza sussulti e grandi emozioni.
    Vediamo torri gemelle, senza colori né profumi, pensieri infelici, simulacri di vita, prima del crollo della grande incompresa Torre di Babele.

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