Pasqua di Resurrezione si avvicina e, fede a parte, resurrezione in sé è una parola piena di gioia e di speranza. La resurrezione però presuppone un passaggio precedente, ferale e per nulla gioioso, che ci auguriamo lontanissimo.
La paura di una guerra globale ci guasta l’attesa della Pasqua, soprattutto per la minaccia di ricorso alle armi nucleari. Ed è qui il caso che la resurrezione, vista da grandi religioni come prospettiva postuma, venga ora intesa come garanzia preventiva di salvaguardia della vita umana, quale quella che può derivare dalla RESURREZIONE DELLE COSCIENZE, dalla RESURREZIONE DELLA VOGLIA DI PACE, dalla RESURREZIONE DELLA SOVRANITA’ E DEL POTERE POPOLARE, della capacità di AUTODETERMINAZIONE da tempo impedita da CONDIZIONI OSTATIVE NON CASUALI, ma intenzionalmente disegnate e predisposte da poteri “altri”.
Cambiando l’ordine dei fattori qui OCCORRE RISORGERE subito dall’apatia e dalla rassegnazione, per non morire come cittadini, come paese, come civiltà, come esseri umani capaci di pensare e agire.
Poiché la premessa anticipa una serie di obiettivi, mi soffermo di seguito solo su tre punti nodali.
LA GUERRA. In merito, i cosiddetti “social” hanno diffuso, fin dal febbraio 2022, un’opinione largamente condivisa. Scrivemmo, già allora, che l’informazione “mainstream” sull’Ucraina era evidentemente lacunosa e ripetitiva.
Per fortuna i “social”, per quanto soggetti a controlli, restano ancora, uno spazio di “quasi” libera espressione e serbano traccia di tutto quello che un misterioso algoritmo non abbia individuato come riprovevole. Basta usare le parole giuste.
Quando venne deciso l’invio di armi all’Ucraina, in molti pensammo che le armi non portassero alla pace, ma alla continuazione della guerra, delle distruzioni e dei lutti, soprattutto a danno dell’Ucraina. Con rischio di aggravamento delle ostilità, come giornalmente constatiamo.
E il diffuso dissenso fu immediato, benché il mantra, o il tormentone, “dell’aggressore e dell’aggredito”, “dell’invasore e dell’invaso” diffusi “a reti unificate” per farci accettare la guerra, ci avesse coinvolto seppur con scarso entusiasmo.
Emergeva infatti la mancanza di informazioni attendibili sui precedenti e sulle origini della crisi. Senonché a un paio di giornalisti sfuggì in TV che dal 2014 in poi si erano verificati scontri armati con migliaia di vittime nelle regioni orientali dell’Ucraina, in aggiunta ai fatti di Odessa del 2 maggio ‘14, di cui l’informazione poco aveva detto. In questo caso però “aggressori ed aggrediti”, diversi per la lingua, avevano la stessa nazionalità. Forse la guerra fra compatrioti non meritava attenzione, per qualcuno che contava. Oppure all’epoca non era bene che si sapesse. Ora alcuni giornalisti, che cercavano la verità per informarci correttamente, non compaiono più nelle trasmissioni di maggior ascolto perché impegnati in servizi Tv di minor richiamo.
“Vuolsi così colà ove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”. Ma sarebbe bene “dimandare”, o meglio domandare ancora, domandare sempre e domandare perché.
Altra cosa su cui interrogarci riguarda il costo delle armi fornite a Zelens’kyj, mentre l’Italia combatte ancora con una crisi economica che la pandemia ha aggravato con i suoi molteplici danni indotti. Dopo undici mesi di aiuti all’Ucraina, nulla è cambiato se non in peggio per l’Ucraina. Ammesso, e non concesso, che fosse difficile per l’Italia sottrarsi alle decisioni convergenti della UE e della NATO e ai patti che legano il nostro paese agli organismi citati, è evidente che l’Italia ha dato all’Ucraina un aiuto rilevante, concordato e continuato nel tempo.
I risultati dell’impegno collettivo però non sono certo esaltanti per tutta la UE. Perché non prenderne atto, sospendendo l’invio di armi e riservando l’azione di sostegno a interventi umanitari e ad una ripresa dell’azione diplomatica? Temiamo una reprimenda della signora Ursula von der Leyen, o le nove basi militari dell’alleanza su suolo italiano ci “condizionano”, per usare un eufemismo?
LA COSTITUZIONE. Dovrebbe essere applicata e difesa. Chi lo fa? Risulta pure ai bambini, ormai, che la nostra Repubblica ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ma noi la ripudiamo la guerra?
L’Ucraina non è un paese NATO, né un paese UE. Seppure lo fosse, a che titolo violare il dettato costituzionale per dare un supporto all’impegno bellico ucraino? A titolo di soccorso umanitario?
Le forze politiche che ci accusano di non essere abbastanza umani nel prodigarci giorno e notte, come l’Italia fa, nel soccorso ai cosiddetti “migranti”, appaiono invece concordi nel sostenere una guerra con la fornitura di strumenti per uccidere, giustificandoli come strumenti di difesa.
Della diplomazia, l’unica via da seguire, ci siamo dimenticati; del soccorso umanitario ce ne facciamo una bandiera, secondo convenienza, e diamo le armi come fosse un’opera buona. De hoc, satis. Conclusione: la Costituzione difendiamola noi in piazza e senza armi. Con tutti i mezzi leciti. Ma muoviamoci.
LA SOVRANITA’. La cessione di sovranità (appartenente al popolo secondo Costituzione) a favore della UE e dell’euro si è rivelata un boomerang. E ormai la cosa è assodata.
La UE andrebbe almeno riformata e rifondata. Altri pensano che la UE dovrebbe essere solo smantellata. Dovremmo discuterne. La UE è titolare dell’80 % della produzione legislativa, sotto forma di direttive, cui dobbiamo uniformarci. All’Italia resta da fare solo un 20 per cento del lavoro legislativo e per questo potere residuale le forze politiche si fanno reciprocamente a pezzi. Intanto subiamo decisioni d’ogni tipo.
Il tema della sovranità degli stati ritorna a pieno titolo sulla scena . Già a suo tempo Aldo Moro paventò, per l’Italia, una perdita di sovranità, indotta dallo strapotere USA e dalla connessa alleanza militare.
Come sappiamo Moro fu assassinato dalle Brigate Rosse e la sua fine fu determinata dal suo progetto, noto come “compromesso storico”, sgradito tanto agli USA quanto all’URSS.
Sulla questione della sovranità, Moro non fece a tempo a manifestare compiutamente il suo pensiero, di cui sappiamo qualcosa soprattutto per documenti emersi dopo la morte dello statista. Documenti di cui è possibile trovare notizie in rete. Però quell’argomento, per quanto Aldo Moro l’avesse trattato con la sua nota prudenza, non è da escludere che possa avergli nuociuto.
Oggi abbiamo nove basi NATO in Italia, con una consistente presenza militare americana, nonché depositi variamente dislocati, di armi atomiche. Per l’uso delle armi atomiche presenti in casa nostra è competente il Consiglio dell’Alleanza Atlantica e non il governo italiano, il quale ha poteri solo teorici sulle basi citate, quasi fossero ambiti extraterritoriali.
In caso di guerra, saremmo quindi “seduti su una polveriera”, cui altri, non certo noi, potrebbero decidere di attingere o far saltare. Giusto per parlare di sovranità. Di recente un B-52 Stratofortress, super bombardiere tecnicamente straordinario e spaventoso per la potenzialità offensiva, pare abbia a lungo sorvolato l’Italia centrale, per una non meglio precisata esercitazione. Chi sa che cos’è un B-52 può solo augurarsi di non vederlo mai passare sopra la propria testa. Dato l’inquinamento prodotto degli otto giganteschi motori a turbogetto, vorremmo che nemmeno un solo B-52 ammorbasse il cielo di casa nostra.
Sempre a scanso di ammorbamenti, connessi comunque a questioni di sovranità, citiamo i Laboratori di Biosicurezza di livello BLS2, BLS3 e BLS4 per ricerche su virus e batteri, che stanno facendo la comparsa in alcune località del nostro paese. Per quello che dovrebbe sorgere a Pesaro i cittadini hanno localmente manifestato i loro timori per una possibile nuova Wuhan. E dopo quel che è successo a Wuhan, la gente di timori fondati ne ha, almeno tanti quanti furono le vittime del Covid.
Non si tratta di posizioni contrarie al progresso scientifico, che certo non dovrebbe servire a disseminare lutti. Ma l’attenzione alle preoccupazioni della gente ha qualcosa a che vedere con la sovranità del popolo, e quindi al rispetto che gli è dovuto.
Giusto sarebbe sapere chi prende decisioni, maturate dove e riferite a responsabilità di cui vorremmo essere a conoscenza, con nomi e funzioni. A tal proposito, organismi internazionali che si occupano di sanità preannunciano una nuova era di pandemie e di vaccini. La magistratura, che già è sommersa dalle denunce per le vittime del Covid, avrà il suo da fare.
Ci sono motivi per rifare il punto sulla sovranità popolare, che si cercò di zittire, agitando un imprecisato pericolo sovranista, per una sovranità che non c’era e non c’è. Troppe decisioni che ci riguardano, su questioni di interessi altrui e nuovi condizionamenti per noi, dall’alimentazione a base di insetti, alla fine dei motori termici, all’esodo forzato da paesi oltremare di gente senza documenti, alla sostituzione etnica, al tracollo demografico, all’informazione pilotata, allo strapotere della finanza speculativa, alla dipendenza energetica, ecc., stringono d’assedio la sovranità popolare, come prefigurato dal romanzo “Sottomissione” di Michel Houellebecq.
Evitiamo un futuro da “rane bollite” e affrettiamo la resurrezione delle coscienze, per la pace e la partecipazione democratica. Siamo al limite estremo della tolleranza. Mi torna in mente uno slogan figlio della fantasia sessantottina: «Siamo realisti. Chiediamo l’impossibile». Sembra un’allusione alla pace. Ristabiliamo subito la pace, che dev’essere sempre possibile.
Vittorio Zedda