Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e famiglia, per quanto uno abbia in terre strane e lontane la magione più opulenta.
(Omero)
Ho sempre sognato la terra
Delle radici
Quella assolata
Della mia fanciullezza
L’afa benigna
I colori dell’iride
Dopo il temporale
La pace
Sulle rive del grande fiume
Il volto bruciato dei renaioli
Le reti sospese come angeli
A disegnare il profilo della campagna
Quei lunghi filari di pioppi
Dove i giochi rincorrevano
Gli albori di questa vita vagabonda
Ho sognato quelle sere di maggio
Gioiose
Sul sagrato della chiesa
La consueta cantilena del rosario
Quegli sguardi monelli
Incrociati fra i banchi
Sublimi promesse di fedeltà
Di anime bambine
Irripetibili
Se ritornasse la danza della clessidra
Signora del tempo
All’armonia innocente di queste immagini
Se potessi dimenticare
La zattera
In balia dell’oceano della vita
La violenza schiumosa delle onde
L’insidia della tempesta
Tendere quel che resta della vela
Squarciata
Dall’impeto del maestrale
Vincere l’audace sfida dei Ciclopi
Le suadenti lusinghe dei Feaci
Il tracotante amaro scherno dei Proci
E ritornare
Alla mia Itaca lontana
Prima del tramonto
Dietro la maschera dell’abbandono
Con tutta la dolce ingenuità di quei giorni
Con quei sorrisi maliziosi
Quelle grida
Quei silenzi
Quegli indugi
Quelle intese
Quelle emozioni
Rivivere
La nostalgia delle fronde
Di questo albero spoglio
Rivedere
I tetti rossi
Le facciate scrostate delle case
Affacciate
Ai ciottoli della strada
I volti di allora
Icone consuete
Tratti indelebili scolpiti nel marmo della mente
Portati con noi in questo viaggio
Per i sentieri del mondo
Lenire l’angoscia
Ritrovare il segno eterno
Della memoria
I gioielli dello scrigno
Di quelle preziose
Uniche sensazioni
Lasciate
Orfane
Un giorno
Sulla via del commiato
*
La patria, probabilmente, è come la famiglia, se ne sente il suo valore solo quando la si perde.
(Gustave Flaubert)
Il problema della patria forse alla fin fine non è altro che un problema di linguaggio! Dovunque si trovi, dovunque vada, l’uomo continua a pensare con le parole, con la sintassi del suo paese.
(Roger Martin du Gard)
Grazie Giorgio, perché ogni tua poesia mi regala emozioni.
Io mi sento a casa non nel paesello dove sono cresciuta ma nelle mie montagne su nell’Alta Valle Seriana, e non so spiegarmene la ragione
E ogni volta che ci torno provo le emozioni che hai narrato nella tua poesia.
Grazie grazie grazie
E’ incredibile come alcune sensazioni possano essere condivise nella loro semplice espressione che non ha bisogno di grandi teorie psicologiche ma nasce solo dalla nostra radice comune.
La stessa cosa vale per le emozioni che sono il segnale più genuino del nostro sentire condiviso e della nostra espressione conseguente.
E questi commenti sono un piacere per la nostra spiritualità condivisa e per le sue comuni e semplici radici.
Grazie Giorgio, per
il bellissimo titolo, che annuncia una salva di immagini di malinconia, sogni ed orgoglio di bimbi.
La mia Itaca… la casa, la famiglia, la terra, le persone conosciute e sconosciute, i figli, i contadini, ed il mio cane fedele fino alla morte, il senso della vita e l’amore della nutrice, incancellabili, forti che porto sempre nel cuore, in battaglia e nel viaggio, periglioso in mare e terra, che anela al porto natio, al borgo natio.
Eppure è più forte, da giovane, il richiamo dell’ignoto, del sapere, cosa vi è oltre l’ orizzonte, oltre la siepe di quest’ermo colle, di questo ceruleo mare, che da tanta parte dell’orizzonte il guardo esclude. Tempeste non bastano e naufragi e flutti oscuri, a ricacciarmi dalla strada di casa attraverso sentieri sconosciuti, di spelonche di Ciclopi, alcove di maghe offrenti simulacri d’amore, dolcezze sconosciute ed inebrianti, droghe che trasformano uomini in porci, loro natura animale, ma fasti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
Quella conoscenza che da solo, sconosciuto, vecchio, vilipeso mendicante, riporto negletto ad Itaca, alla moglie che ha aspettato sicura del mio patto, del figlio che non crebbi e non mi conosce ancora. E di fronte alla violenza e contumelia dei pretendenti senza pudore, si svela alla fine la conoscenza dell’arco possente indomito, che riporta la giustizia degli dei e degli uomini a riassestare la Casa degli affetti, del mio senso profondo, della vita che nessuna avventura o conoscenza può restituire. Alla Casa della nostra Famiglia. Alla Casa della Civiltà, cari Fratelli. Un abbraccio al nocchiero Giorgio ed al nostro Capitano!
Grazie Giorgio, nelle tue poesie riesci sempre a raccontare momenti indimenticabili della vita passata che ci accomunano. Esperienze forse legate alla nostra terra e ai nostri legami alla vita di campagna. Qui c’è anche il mare di Ulisse che ricorda la scuola, la buona scuola quando le opere avevano un valore inestimabile.
Maggio mese del fioretto, per fortuna qui da noi ci teniamo a raccogliere i bambini e a trasmettere queste tradizioni religiose che operano il bene per tutti attraverso le grazie di Maria Santissima, c’è tanto bisogno . Buona Domenica