MARCELLO VENEZIANI: “Quel tentativo di oltrepassare l’egemonia culturale”

Il 18 maggio di vent’anni fa si spegneva a 68 anni, Alfredo Cattabiani. Chi era costui? Negli anni settanta oppose all’egemonia culturale radical-progressista e marxista, un’editoria nel segno della tradizione, della cultura spirituale e metafisica (Cattabiani rifiutava la classificazione di cultura di destra). Per Pasolini quella promossa da Cattabiani fu “la più grande operazione culturale di destra che si sia mai avuta in Italia”. Secondo Pasolini si trattava di una cultura cinica e aristocratica, tutt’altro che cattolica e cristiana. La casta degli intellettuali ignorò Cattabiani, quando non fu vituperato, in vita e in morte. Cosa non gli perdonavano?

Cattabiani smentiva lo stereotipo prefabbricato del tradizionalista: non era rozzo, fanatico e superstizioso, ma raffinato e delicato, dandy e “orientale”, anche trasgressivo. Cattabiani era un impolitico e quell’etichetta ideologica di destra l’ha subita più che rivendicata; la viveva con fastidio ed estraneità. Cattabiani era torinese (seppure di origine parmense) come molti degli intellettuali neoilluministi: era dunque una specie di rimedio omeopatico rispetto all’egemonia gramsciano-gobettiana dell’ideologia piemontese o, come la definivano Del Noce e Noventa, della “scuola torinese”, Einaudi editore incluso. La sua tesi di laurea su de Maistre fu scagliata per terra da Norberto Bobbio… Due Torino agli antipodi, ma era quella “democratica” e progressista a mostrarsi chiusa e intollerante verso quella reazionaria e tradizionalista.

Cattabiani aveva dato a quel mondo legato alla tradizione, ai principi conservatori, cattolici e no, una rinnovata dignità culturale. Era riuscito nell’ardua impresa di mettere insieme scrittori e pensatori disorganici solitamente allergici ai sodalizi; era un miracolo già in sé. Fu la sua direzione editoriale di Borla e di Rusconi, e poi il suo ruolo di capo servizio culturale del Settimanale, la sua collaborazione con Il Tempo e Prospettive nel mondo, a far scoprire la vastità e la nobiltà di una cultura tradizionale, non solo italiana. Cattabiani apriva gli orizzonti della cultura non conformista, non legata al pensiero radical-progressista e marxista, scoprendo autori, filoni, tematiche di sorprendente e lungimirante fecondità. Cattabiani scoprì quella sensibilità editoriale di cui si è poi impossessata la casa editrice Adelphi; è stato lui il precursore, e molti degli autori che hanno avuto successo col marchio postumo adelphiano erano stati scoperti e valorizzati da lui. Cattabiani pubblicò autori di cui oggi si nutre larga parte della cultura migliore. Pubblicò Florenskji e Simone Weil, Eliade e Tolkien, Zolla e Cristina Campo, Alianello e Ceronetti, Guénon, Schneider e Sedlmayr, Del Noce e Pomilio, Morra e Morselli, e tanti altri che diventeranno in gran parte pane dello spiritualismo elitario dell’Adelphi. Ma in Cattabiani era coniugata a un’attenzione verso la tradizione cattolica e le radici cristiane, estranea all’Adelphi. Replicando a un mio articolo i cui ricordavo i giudizi di Pasolini, e rispondendo all’accusa di veicolare una cultura neo-gnostica, cinico-esoterica, Cattabiani spiegò sul Giornale: “Il progetto culturale che perseguivo con autori e consulenti non certo irreligiosi, come Del Noce, Zolla, Quadrelli, Cristina Campo, era quello di riproporre una serie di opere che testimoniassero sulla perdurante presenza di una cultura d’ispirazione religiosa tradizionale anche nel Novecento, di là delle divisioni confessionali”. E poi elencava gli autori da lui pubblicati e i temi affrontati, tra cui la nascita di una collana di filosofia d’ispirazione platonica e neoplatonica.

Neanche il suo itinerario di autore tra i simboli e i mondi ulteriori rispetto a quello storico e umano fu riconosciuto dalla cultura egemone: con originalità Cattabiani calava il senso della trascendenza nel mondo, mostrando i nessi sottili, invisibili ma tenaci che legano il cosmo e i saperi. Cattabiani ha tirato fuori dalla superstizione e dal feticismo i legami con la terra, le piante, l’acqua, gli animali, il cielo e gli astri.

I suoi testi sugli universi paralleli all’umano – il Florario, lo Zooario, l’Erbario, l’Acquario, il Planetario e incanti vari – circolano ancora e non solo perché sembrano ammiccare alla new age animalista, vegetariana ed ecologista.

Al contempo, Cattabiani ha tracciato un viaggio spirituale nella fede cristiana attraverso le sue opere sui santi e le feste religiose, il calendario e la storia del fiume sotterraneo che lega la cristianità ai culti precristiani. Ha studiato le tradizioni rimosse di Roma, fin dentro il suo nome segreto che ne è il suo rovescio, e i suoi luoghi sacri. Ricordo la magia di una passeggiata notturna con lui e Gennaro Malgieri tra i Fori e il Palatino. Finì in disparte, Cattabiani, facendo come egli ironizzava, una carriera inversa, da giovane direttore editoriale in giù, redattore culturale, poi collaboratore, fino a ritirarsi in disparte a Viterbo e farsi bagnante solitario del lago di Vico. Poi l’ultimo periodo a Santa Marinella. “Finirai usciere” scherzava con lui Fausto Gianfranceschi.

Chi oggi accusa la destra in Italia di contrapporsi all’egemonia culturale tuttora vigente, dovrebbe ricordarsi come fu trattato Cattabiani, e con lui i suoi libri, le sue collane, i suoi autori, il suo disegno culturale, opponendogli il famigerato “cordone sanitario” proposto da Walter Pedullà e teorizzato da Umberto Eco- come se un untore e portatore di appestati. Un’odiosa e arrogante dominazione ha scoraggiato ogni tentativo di portare alla luce una dignitosa cultura cattolica, metafisica e tradizionale. Allora come adesso, è molto più facile inventarsi un nemico rozzo, squadrista e bigotto per ritenersi superiori, mantenere il potere culturale ed esercitarlo con protervia e intolleranza. Esulando dallo schemino manicheo, Cattabiani fu cancellato molti anni prima che morisse.

La Verità – 17 maggio 2023

https://www.marcelloveneziani.com/articoli/quel-tentativo-di-oltrepassare-legemonia-culturale/

1 commento su “MARCELLO VENEZIANI: “Quel tentativo di oltrepassare l’egemonia culturale”

  1. Io non sono fascista e neanche antifascista, e ritengo un errore aver ispirato la Repubblica all’antifascismo.
    Poiché, così facendo non si è mai riusciti a distinguere il bene dal male, infatti tutta quella cultura antisinistra è stata attribuita alla parte nefasta del fascismo, isolando perciò una infinità di risorse dissenzienti, precludendoci così la possibilità di arricchirci di quella cultura che avrebbe avuto funzione di disinfettante verso un sistema di pensiero, che si stava omogenizzando verso un modulo che si è poi rivelato sinistro…!

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