STEFANIA CELENZA: “Ancora dubbi sulle unioni civili?”

La comunità LGBTQIA+ (etc.) tuttora si duole dell’ancora non deltutto
completo riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, rispetto alle
coppie eterosessuali.
Il sito “Gay.it !”, ovvero il magazine LGBTQIA+ asseritamente più letto in Italia,
in un articolo del 21.07.2022, testualmente afferma “Registriamo sui media il
persistere dell’errore nel definire le unioni civili come matrimonio. Non è un
matrimonio, è un’unione civile. Claudia ed Elena non si sono sposate. Hanno
contratto un’unione civile. È importante – purtroppo – sottolineare che in Italia
le coppie omosessuali non hanno ancora diritto allo stesso riconoscimento
giuridico delle coppie eterosessuali.”
Cotali dichiarazioni possono scaturire soltanto da un composto di ignoranza,
presunzione e mala fede. Ma è di simili annunci, connotati della più spudorata
incompetenza, che si nutre ormai l’opinione pubblica.
Non c’è niente di più nocivo che trovarsi costretti ad accettare siffatte
informazioni, non essendo in grado di replicare adeguatamente.
E pensare che le norme stesse, se correttamente conosciute, fugherebbero, da
sole, ogni dubbio in proposito.
Il matrimonio e le unioni civili si differenziano soltanto per la qualità dei loro
destinatari, essendo il primo riservato a coppie eterosessuali e le seconde alle
sole coppie omosessuali. Tutto qui.
Per quanto pertiene, invece, il riconoscimento di diritti, i due istituti devono
intendersi interamente parificati, senza nessuna esclusione. Non così per i
doveri (cosa di cui la comunità gay dovrebbe, se mai, compiacersi).
Ma vediamo meglio.
Per chiarezza, obbiettività e lealtà intellettuale, intendo limitarmi a richiamare
il semplice dato normativo. Nessun commento. Inizio dalla Costituzione.
Ecco il dispositivo dell’art. 29 della Costituzione Italiana
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata
sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica
dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare “.
Dunque, si riconosce piena legittimità al Matrimonio in quanto società
naturale, senza ulteriori precisazioni. Ne deriva che le attuali Unioni Civili, non
ancora immaginate dai padri costituenti, siano oggi tutelate dall’ordinamento
in quanto “formazione sociale” formata da persone dello stesso sesso. Punto.
E’ nel codice civile, invece, che si fa espresso riferimento al marito e alla
moglie, in quanto coppia evidentemente eterosessuale, come emerge dal
TITOLO VI, all’art 143, del Codice Civile “Con il matrimonio il marito e la
moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal
matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e
materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla
propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni
della famiglia”.
Adesso confrontiamo direttamente l’analoga previsione, contenuta nella legge
Cirinnà, n. 76/2016, all’art. 11 “Con la costituzione dell’unione civile tra
persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i
medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza
morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute,
ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacita’ di lavoro
professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”, nonchè all’art.12
“Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la
residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo
concordato” e ancora all’art. 20 “Al solo fine di assicurare l’effettivita’ della
tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione
civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al
matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o
termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di
legge, nei regolamenti nonche’negli atti amministrativi e nei contratti
collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra
persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si
applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella
presente legge, nonche’ alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184
(legge sulla adozione). Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di
adozione dalle norme vigenti”.
Appare chiaro adesso come, invero, i due istituti parifichino integralmente la
tutela dei diritti dei soggetti destinatari, nella esatta identica misura.
Per un più approfondito esame delle sottili differenze giuridiche, pure
esistenti, osserviamole nel dettaglio, a seconda dei singoli aspetti.
Sesso : Mentre il matrimonio può essere contratto solo da persone di sesso
diverso, l’unione civile è un istituto valido per le coppie dello stesso sesso.
Rito: A differenza di quanto previsto per il matrimonio, per l’unione civile non
sono contemplate le pubblicazioni e neppure sono previste le opposizioni al
matrimonio. Mentre, per il matrimonio, i minorenni possono richiedere a un
giudice il ”permesso” di sposarsi, l’unione civile è valida esclusivamente per i
maggiorenni.
Patrimonio: Dal punto di vista economico patrimoniale , non sussistono
differenze. Le coppie unite civilmente sono soggette in automatico al regime
di comunione dei beni, a meno che non indichino la scelta della separazione
dei beni. Per entrambi sussiste l’obbligo al contributo per i bisogni comuni,
così pure valgono per entrambi esattamente tutti i diritti di successione.
Fisco e Previdenza: Sia le coppie sposate, che quelle unite civilmente,
possono godere del medesimo trattamento fiscale e previdenziale (detrazioni
fiscali per familiari a carico e prima casa, assegno di mantenimento, pensione
di reversibilità e TFR in caso di morte di un membro della coppia).
Figli: Gli uniti civilmente non possono adottare un bambino o ricorrere alla
procreazione assistita. A differenza del matrimonio, in cui i bambini nati sono
per legge considerati come figli di entrambi i genitori, i bambini nati durante
l’unione civile sono figli del solo genitore biologico.
Adozione: Rispetto al matrimonio, pertanto, per le unioni civili non è prevista
la possibilità di adozione e non è loro possibile accedere alle prestazioni di
maternità/paternità, né agli assegni familiari.
Dunque è incontrovertibile che, non ammesso l’accesso alla adozione
nazionale ed internazionale di minori, neppure sia consentita la pratica della
maternità surrogata. A mio avviso, l’unica forma di adozione a cui gli uniti
civilmente possono accedere, in forza dell’ultimo comma dell’art. 20, come
sopra visto, è quella della adozione in casi speciali, dove il coniuge può
adottare il figlio biologico del coniuge, nel caso di premorienza dell’altro
genitore, ovvero di suo esplicito consenso scritto. Che si tratti di fattispecie
estremamente rara è vero, ma questo è un altro discorso.
Cognome: Nelle coppie sposate la moglie mantiene il proprio cognome da
nubile, anche se può aggiungere nei documenti ufficiali il cognome del marito.
Gli uniti in forma civile, invece, devono presentare una dichiarazione con cui
comunicare la decisione di assumere un cognome comune, a loro scelta.
Obbligo di fedeltà: Al contrario di quanto stabilito per il matrimonio, per le
unioni civili non vi è alcun obbligo di fedeltà tra le parti.
Questa precipua scelta del legislatore faccia riflettere.
Divorzio e separazione: Gli uniti civilmente, a differenza delle coppie
sposate, po ssono aver e accesso direttamente al divorzio, senza rispettare il
periodo di separazione. In questo caso, anche ove la volontà dei due coniugi
sia disgiunta, basterà ricorrere all’Ufficiale di Stato Civile e non al Giudice.
Trascorsi tre mesi dalla presentazione sarà possibile iniziare la procedura di
divorzio, che potrà essere richiesto per via giudiziale, negoziazione assistita o
accordo sottoscritto dalle parti davanti all’Ufficiale di Stato Civile. Facile.
Altra differenza è che, nelle unioni civili, la mancata consumazione del
rapporto non costituisce causa di divorzio, come avviene con il matrimonio.


Concludendo, si è visto che gli aspetti che accomunano le unioni civili e il
matrimonio riguardano soprattutto i diritti, restando esclusi solo alcuni
aspetti degli obblighi e dei doveri, che sono venuto meno nelle unioni civili.
Soltanto l’argomento filiazione, seguendo le leggi della natura, è ancora di
esclusiva pertinenza delle coppie costituite da un uomo ed una donna.
Non vi è ragione, dunque, che la comunità LGBTQIA+ (etc.) abbia ancora
motivo di doglianza.
Spero di avere offerto validi motivi di replica, laddove ci si imbattesse in
lamentele di questo tipo, con buona pace di tutti.
Lastra a Signa, 18.05.2023 Stefania Celenza

2 commenti su “STEFANIA CELENZA: “Ancora dubbi sulle unioni civili?”

  1. Chiarissima come sempre Stefania.
    Io però mi sono convinta di una cosa: quella di diversamente etero (perché mi rifiuto di piegarmi a chiamarli con quella sigla che non finisce mai) è davvero una minoranza. Essa tuttavia, utilizzando la leva del piagnisteo per il mancato rispetto dei diritti, fa una tale cagnara da far credere che gli appartenenti a questa cerchia ristretta siano in numero molto maggiore. Questa minoranza però vuole imporsi con la prepotenza e l’arroganza.
    Fortunatamente fino ad ora il DDL ZAN non è passato, ma questi ci riproveranno.
    Sono pertanto preziose le tue informazioni, che unite a quelle che ha dato Silvana De Mari, sotto il profilo strettamente medico, consentono di rappresentare correttamente la realtà e di smontare le “fake news” di questi prepotenti.

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