Tra i due litiganti il terzo gode.
È dannatamente vero. È stato dannatamente vero nella quasi totalità delle guerre degli ultimi due secoli. La Prima Guerra Mondiale, per esempio, quella che mai sarebbe dovuta scoppiare, guerra che mai sarebbe potuta scoppiare senza la notevole spinta di non belligeranti molto interessati: fabbricanti di armi e prestatori di quattrini. Qualsiasi avvocato vi può testimoniare che la causa migliore è quella che riusciamo a non fare. Questa regola dovrebbe essere ancora più seguita nello spinoso campo del diritto matrimoniale e delle cause di divorzio, soprattutto quando ci sono bambini. Innumerevoli divorziandi hanno preferito far distruggere il patrimonio che cedere uno spillo, ma è nei divorzi dove ci sono bambini che il disastro è totale. Denigrare l’ex coniuge non è mai una buona politica. Solo i deficienti sposano i cretini. Dichiarare che il proprio ex coniuge è uno stolto (l’aggettivo in genere non è questo, ma uno che comunque comincia per ST) non rende un genio noi che lo abbiamo sposato. Se ci sono dei figli, il nostro coniuge, o ex coniuge o comunque quello/a st…olto/a, è l’altro genitore di nostri figli. Se lo denigriamo, aggrediamo i nostri figli, se lo immiseriamo con cause spaventose dove magari dicendo il falso riusciamo anche a farlo finire in prigione, dopo avergli fatto perdere il lavoro, rendiamo più poveri i nostri figli. Una spettacolare guerra con terzo godente sono i divorzi pirotecnici con intervento dei servizi sociali, che, nel dubbio , possono sottrarre il bambino ai suoi genitori e all’affetto di entrambi, per rinchiuderlo in una casa famiglia, termine vezzoso che indica un orfanatrofio di stato dove non c’è più nessuna famiglia. Un bambino affidato allo stato, frutta un fiume di quattrini a un mucchio di persone. Ci sono un mucchio di persone, quindi, che hanno tutto l’interesse a levarlo a chi lo sta amando e accudendo gratis, e affidarlo allo stato creando un mucchio di posti di lavoro: assistenti sociali, educatori, giudici, cuochi di comunità, ovviamente psicologi, e produttori di psicofarmaci con cui questi bambini vengono spesso riempiti perché siano buoni e quieti dove sono stati messi. In Italia persino le assistenti sociali più malaccolte aggressive come per esempio quelle che hanno operato per il Forteto o a Bibbiano, possono fare poco per mettere le mani sui figli di coppie unite. Fa eccezione a questa regola lo spaventoso caso della Bassa Padana dove assistenti sociali e psicologi, puta caso sempre di Moncalieri, sono riusciti a creare false memorie in bambini riuscendo a massacrare anche famiglie solide e unite, ma si è trattato onestamente di un’eccezione. Dove le famiglie sono unite e coese, gli assistenti sociali difficilmente passano e i bambini sono quasi sempre al sicuro. In Germania è ancora peggio, ce lo spiega Marinella Colombo, autrice di un dolente e imperdibile libro, Non vi lascerò mai soli, dove racconta la sua terrificante storia. Sposata con un tedesco, ha avuto con lui due magnifici figli. Il matrimonio finisce con un divorzio e qui interviene lo Jugendamt, l’Amministrazione per la gioventù tedesca, tedeschi che si occupa di bambini. La sua separazione stata spaventosa. Marinella è finita addirittura in prigione. I figli sono stati tolti per anni, non ha potuto vederli, e solo dopo la loro maggiore età ha potuto ricongiunsi a loro Ci spiega Marinella che in Germania lo Jugendamt, è il terzo genitore. Ogni bambino che risiede per almeno sei mesi in Germania riceve dallo Stato tedesco un ingombrante regalo: un terzo genitore. Infatti lo Jugendamt, l’amministrazione per la gioventù (e non il servizio sociale), interviene per legge in ogni procedimento nel quale è coinvolto un minore e interviene come parte in causa. Questo significa che non ricopre il ruolo del consulente del giudice, ma che invece siede in tribunale allo stesso titolo dei genitori. Poiché lo Jugendamt è il genitore di Stato (tedesco), i veri genitori saranno soccombenti, soprattutto se sono stranieri, cioè non tedeschi. Se soltanto uno dei due è straniero, lo Jugendamt appoggerà senza se e senza ma il genitore tedesco, indipendentemente dal fatto che sia il padre o la madre e che presenti o meno delle criticità. Per capire meglio, se la mamma italiana in Germania scopre che il marito tedesco è diventato tossicodipendente e si separa, non potrà mai lasciare il suolo tedesco con il figlio e soprattutto le si imporrà di far vivere il bambino in maniera stabile, o almeno per i numerosi giorni di visita al padre, con un adulto tossicodipendente e incapace di gestire la sua quotidianità, figuriamoci quella di un bambino. Questo non è un esempio inventato, ma un caso giuridico del quale la signora Colombo conosce gli atti. Tribunali ed esperti a vario titolo, tutti d’accordo con lo Jugendamt, utilizzano sempre principi assolutamente condivisibili (“il bambino ha diritto a costruire una relazione stabile e profonda con il padre”) in contesti inadeguati, come quello dell’esempio. Se entrambi i genitori sono stranieri e uno dei due vuole rientrare al paese di origine, lo Jugendamt difenderà le ragioni del genitore che vuole restare in Germania, o meglio inventerà argomenti da usare contro il genitore che vuole lasciare la Germania. Se è il padre, per esempio italiano, a voler restare in Germania, la madre non-tedesca verrà ritenuta inidonea e il bambino, che a questo punto ha un solo genitore, verrà affidato a quest’ultimo … per circa una settimana. E’ infatti inevitabile che anche il padre italiano verrà poi ritenuto incapace di occuparsi del bambino, in quanto, come già la madre italiana alla quale il tribunale tedesco avrà ormai tolto definitivamente ogni diritto sul figlio, anch’egli non sarà in grado di educare il bambino con profonda e totale mentalità teutonica. Scriveranno che l’uomo, dovendo lavorare tutto il giorno, non ha tempo da dedicare al bambino, meglio dunque una famiglia affidataria, ovviamente tedesca. “Stranamente” questa difficile gestione del tempo non viene mai contestata al padre tedesco che al limite smette di lavorare e vive, o di quello che gli dovrà passare la ex-moglie o direttamente di sussidi. La signora Colombo ha seguito alcuni casi (Germania-Italia e Germania-Francia) nei quali il padre tedesco ha cercato di ottenere un rimpatrio (in realtà giuridicamente infondato) dichiarando di non poter vivere senza il figlio o la figlia. Quando poi il rimpatrio è stato negato e il bambino non è tornato in Germania questo padre, pur potendolo fare in tutta libertà e supportato da tanto di decreto, non si è più fatto sentire neppure al telefono. Marinella ricorda Marcella, una mamma italo-argentina che, sposata con un cittadino tedesco e residente in Germania, ha partorito un bambino gravemente disabile. Quando ha dovuto accudire sua madre morente in Argentina, il marito le ha imposto di partire da sola. Pur con il cuore dolente, è partita. Al suo ritorno in Germania il marito aveva chiesto il divorzio e l’affido del figlio sostenendo che lei lo avesse abbandonato. Ma aveva sempre un diritto di visita e passava il fine settimana accudendo il figlio con l’amore di una madre che lo ama a prescindere dalle sue limitazioni fisiche e cognitive. L’ex marito voleva però incassare per intero il sussidio statale riconosciuto a questi bambini. Con l’aiuto di Jugendamt, tribunale ed esperti a vario titolo è riuscito a far togliere alla mamma ogni diritto di visita e a vietarle ogni contatto con il bambino. Poi lo ha rinchiuso in un istituto e il tribunale impedisce alla donna di sapere anche soltanto dove viva suo figlio. La motivazione? Negli atti si riporta che Marcella, con il suo amore, impediva al bambino di sviluppare una personalità autonoma ed indipendente. Un bambino neppure in grado di camminare da solo.
Secondo la signora Colombo è inutile cercare supporto nei consolati italiani in Germania. Il console non ha neppure il tempo di capire cosa succeda in quel paese che viene di nuovo trasferito. Chi è riuscito a capire in fretta e ha tentato di fare quello che la sua funzione richiederebbe è stato messo a tacere e la sua carriera diplomatica distrutta. Perché? Sembrerebbe che l’Italia preferisca sacrificare i suoi figli sull’altare delle buone relazioni, dimenticando che così facendo sacrifica il proprio futuro.
Quindi il nazismo è morto ovunque, ma sopravvive nello Jugendamt. Un bambino tedesco è un bambino tedesco, appartiene al Volk, il popolo tedesco. Il fascismo è morto ovunque, ma sembra sopravvivere il concetto di sudditanza all’alleato germanico della incomprensibile sottomissione dei tribunali minorili che accettano decisioni dei tribunali tedeschi invece di imporre decisioni proprie dove sia applicata la legge italiana.