Il rialzo dei tassi d’interesse è certamente un fenomeno globale, eccezion fatta per alcune regioni dell’Asia come il Giappone, che al momento sembra abbia intaccato in modo assai marginale la spirale inflazionista.
Negli USA ad esempio, l’aumento dei tassi ha si ridotto l’inflazione di qualche punto, ma il suo livello è sempre più del doppio di quello degli ultimi anni ( linea nera)

In Giappone ad esempio, con tassi d’interesse NEGATIVI, l’inflazione è più bassa di quella presente negli USA ed è quasi la metà di quella in UE… insomma pare che la chiave di lettura secondo la quale, alzando il tasso, scende l’inflazione non sia la più corretta.

Provando a ragionare infatti, se per anni le politiche espansive delle banche centrali, basate su tassi zero e iniezioni costanti di liquidità, non hanno fatto crescere l’inflazione fino al 2%, ovvero al target desiderato, perché mai l’operazione inversa, basata su un innalzamento dei tassi, dovrebbe funzionare?
Se quindi l’aumento dei tassi d’interesse non ha centrato gli obiettivi dal punto di vista di riportare l’inflazione al 2%, l’effetto distruttivo che ha avuto sui conti delle famiglie ed imprese è stato immediato e devastante. Come da copione.
Secondo i dati del sindacato bancario FABI, l’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi e la corsa dell’inflazione riducono il reddito disponibile e mettono in difficoltà i clienti delle banche nel rispettare le scadenze relative ai finanziamenti.
“Complessivamente, i crediti deteriorati delle famiglie sono arrivati, a marzo scorso, a 14,9 miliardi di euro: si tratta, nel dettaglio, di 6,8 miliardi di mutui non pagati, di 3,7 miliardi di credito al consumo non rimborsato (i classici finanziamenti accesi per acquistare beni come automobili, elettrodomestici e altri beni) e di 4,3 miliardi relativi ad arretrati di altri prestiti personali. Del totale di 14,9 miliardi, 5,7 sono già classificati come sofferenze, cioè credito che la clientela non rimborserà più, altri 7,1 miliardi sono inadempienze probabili, vale a dire denaro che realisticamente le banche non recupereranno, mentre circa 2 miliardi sono rate scadute, quindi posizioni debitorie meno a rischio.
Secondo la Fabi,” le difficoltà delle famiglie riguardano soprattutto i mutui a tasso variabile, particolarmente colpiti dall’aumento del costo del denaro portato dallo 0 al 4% in 11 mesi: questa categoria di prestiti immobiliari vale in totale circa 140 miliardi di euro e rappresenta un terzo del totale di 425 miliardi erogati.”
Siamo di fatto seduti sopra una polveriera che sta seriamente minacciando il livello di benessere della comunità, famiglie ed imprese italiane: prestiti sempre più onerosi, rate sempre più pesanti, perdita progressiva del poter d’acquisto.
E la BCE cosa fa? Annuncia di voler alzare nuovamente il tasso di interesse al 4,25% il prossimo 27 Luglio.
Proseguendo su questa linea fallimentare a pagare per primi saranno ovviamente le famiglie ed imprese che vedranno ridursi sempre più la propria ricchezza; poi sarà l’aumento delle sofferenze bancarie e le perdite sul mercato immobiliare a coinvolgere anche il sistema creditizio nella crisi, oltre alla perdita di valore dei titoli di Stato nei loro portafogli ( ricordiamo che attualmente il sistema bancario italiano detiene titoli per 590 miliardi di euro, dei quali quasi 400 sono titolo di Stato).

E’ chiaro quindi che stiamo sempre più affondando in una nuove fase di recessione economica in relazione alla quale le politiche messe in campo sono assolutamente sbagliate e deficitarie.
Quello che serve per riportare l’economia sul sentiero delle crescita sostenibile e del benessere collettivo è la realizzazione di politiche economiche e monetarie anticicliche, impossibili però da realizzare in un contesto come quello attuale della moneta debito, creata solo attraverso i prestiti dal sistema bancario.
Le soluzioni ci sono già, alcune sono già state applicate con successo, altre sarebbero pienamente funzionanti in poche settimane: creazione di un sistema di banche pubbliche, emissione di Conti di Risparmio al posto dei BTP, utilizzo della moneta fiscale ( tipo Superbonus) che, lo ripetiamo, NON è debito pubblico.
Purtroppo ciò che manca è il coraggio e la volontà politica di ribellarsi ad un sistema predatorio in cui pochi guadagnano a scapito di moltissimi che vengono sfruttati ed impoveriti senza pietà.
Speriamo che una maggiore consapevolezza di tutti noi su questi temi, possa aiutarci a demolire questo ambiente ostile alla vita, alla famiglia, al benessere collettivo.