LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Un giorno comune”

“Lo chiamano “nuovo” millennio nella eterna speranza che qualcosa veramente cambi: l’uomo, invece, è sempre lo stesso. Con il suo egoismo e con le sue passioni calpesterebbe anche la linea di confluenza di due eternità”
(Giorgio Bongiorno)

Nella notte di un giorno comune
Luci della città
Tutte presenti e allineate nelle strade
Deserte come cimiteri d’agosto
Dal bosco sono tutte uguali
Una brezza tagliente
Attraversa i sentieri fra le gaggìe
Ed entra nella carne
Umida ancora di neve recente
Bianca come la luna
Splendente come una cometa
Anche gli uccelli se ne sono andati
Lontano come il pensiero del sogno
I bimbi sono scomparsi
Dormono
L’acqua del fiume a valle
Disegna pigra la cantilena dei sassi
Per un momento sembra pace
L’autostrada è vuota e si confonde con i prati
Il letto di neve e foglie
Accompagna i miei passi
Scoppia la guerra stupida
inutile e improvvisa
Dei fuochi
A cancellare
Per un attimo la geometria boreale
Dell’ancella di Giove
A nascondere il carro di Kochab
Cento volte più luminosa del sole
Dicono
Sia una notte particolare
Continuo a vivere
In maniera comune
Questo momento comune
Disturbato dai bagliori kitsch dei cannoni
Costellazioni dipinte di colori rari
E di follia
Potremmo essere a Pristina
O nell’inferno di Cecenia
In questa atmosfera comune
Di gente comune
Niente diversa
Niente nuova
Niente migliore
Nella notte di un giorno come altri
Senza uccelli
Senza bambini
Senza luce
Senza pietà
Nel trilione di giorni
Comuni
Dicono
Alla confluenza di due millenni
Comuni
*

Foto di copertina: “Rete neuronica” dal web

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