STEFANIA CELENZA: “Del perché l’aborto non è un diritto”

Abbiamo già visto come certi principi atavici, certi valori millenari siano stati
erosi, con paziente, meticolosa e sottile pervicacia dalle ideologie
novecentesche, di ispirazione sessantottina e femminista in particolare.
Il valore della vita, innanzitutto e quello della famiglia, poi, sono stati
smantellati, tassello dopo tassello, ricercando ogni volta la condivisione,
l’apprezzamento e la accettazione popolare.
E’ forse possibile oggi, anche solo ipotizzare, l’abrogazione della legge del
22.05.1978, n. 194?
La legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, in Italia, ancora oggi è
un totem, una entità semidivina, da adorare per tutta la vita. Perchè?
Perchè si parte dal concetto principe che l’aborto sia un diritto.
Proviamo, allora, a fare qualche breve e semplice ragionamento in proposito.
Si è pervenuti a concepire l’aborto come un diritto, per contrastare la
precedente cultura giuridica che lo definiva un illecito.
Prima del 22 maggio del 1978 l’aborto era illegale.
La campagna politico propoagandistica che ha perorato la nascita della legge
puntò proprio su questo. Poichè l’aborto era proibito “le donne che ne
avevano bisogno” erano “costrette” ad abortire con ferri da calza e altri metodi
rudimentali, ad opera delle leggendarie mammane. Questa metodologia
metteva a rischio la salute e la stessa vita di molte donne.
La invocata liberalizzazione dell’aborto, così come la contraccezione, furono
fatte passare come una sorta di “educazione demografica”.
Dunque, non si partì dall’analisi delle profonde motivazioni storico-giuridicoscientifiche che che avevano portato a considerare l’aborto come illecito, ma ci
si limitò a commentare la pericolosità delle conseguenze su coloro che
intendevano violare la norma. E’ come se, per tutelare i rapinatori che
rischiano la vita durante l’azione illecita, si volesse non solo eliminare il reato
di rapina, ma renderlo addirittura un diritto.
Sono ancora testardamente convinta che il femminismo sia una invenzione
(geniale) degli uomini. Le donne hanno penosamente abboccato.
Provo a spiegare il mio pensiero, prima di essere lapidata, per quanto detto.
Parto da un dato di fatto oggettivo e banale. L’aborto, invocato come diritto,
sorge a seguito di un rapporto sessuale che non avrebbe dovuto essere
procreativo, sia per volere di entrambi i partner, sia e sopratutto per volere
della donna. Dunque, si tratta di un rapporto sessuale puramente ricreativo.
La gravidanza, in questo caso, costituisce un errore contraccettivo, un
imprevisto. Poichè la sublime capacità di accogliere la vita, seppure da un
rapporto sessuale ludico o sbagliato, appartiene esclusivamente alla donna,
voglio concentrarmi solo sul suo punto di vista. Semplifichiamo ancora di più.
Si sostiene che la donna, che rimanga gravida dopo un rapporto sessuale,
abbia il diritto di abortire, a prescindere. Dunque, si svalorizza anche l’atto
sessuale in se’, perché qualunque esso sia stato, la donna ha diritto di
“liberarsi” delle conseguenze. Se ciò è incondizionato (a prescindere,
appunto), significa che la donna pretende, all’origine, di avere rapporti
sessuali indiscriminti, promiscui, occasionali, non selezionati, perché di
qualsiasi genere sia l’atto che involontariamente si rivelasse procreativo, la
donna ha diritto di espellerne gli effetti.
Sul suo corpo e su quello della creatura che ne è originata.
A me sembra che più di diritto all’aborto, si stratti di diritto al libertinismo
sessuale.
C’è una enorme, straordianria e meravigliosa differenza fra uomini e donne.
Avere tentato di negare, ad ogni costo, questa differenza è stato il trauma e il
disastro più grande che le ideologie femministe abbiano potuto commettere.
Un danno irreparabile per la intera umanità.
La parità fra i sessi è un non senso.
La donna, per natura, è strutturata biologicamente, ormonalmente,
geneticamente e mentalmente alla maternità, a fare figli, a procreare, a
restare gravida e non al contrario. Il ciclo mestruale rappresenta l’esempio
concreto, oggettivo, tangibile della potenzialità e della vitalità riproduttiva
mensile della donna, dal menarca, alla menopausa. L’atto sessuale per la
donna è sempre potenzialmente finalizzato alla procreazione e questo è un
concetto profondamente radicato nel patrimonio biologoco e psichico di
ognuna di esse.
La sessualità, certo, può e deve essere anche gioiosa, spensierata per le donne,
ma mai avulsa da questa sua intrinseca, inevitabile e misteriosa potenzialità.
Non così per i maschi, che hanno il dovere antropologico di fecondare, il più
possibile. Tanto il loro ruolo biologico e naturale è questo, che la natura
preserva loro la fertilità per tutta la durata della loro vita.
Il maschio, dalla adolescenza in poi, sente dentro di se’ l’impulso irrefrenabile
alla inseminazione. E si comporta, anche inconsciamente, di conseguenza.
Il compito biologico e naturale dei maschi è quello di fecondare il maggior
numero di femmine possibile.
Il compito biologico e naturale delle femmine è quello di farsi fecondare.
Nel primo caso, il maschio, non risentendo di alcuna conseguenza del proprio
atto, su di se’, si rende sempre libero e attivo per ripeterlo.
Nel secondo caso, la femmina deve necessariamente fermarsi.
Il suo scopo vitale è compiuto. Adesso si deve occupare di altro.
Queste più che banali considerazioni sono il motivo del differente
comportamento psicologico ed affettivo degli uomini e delle donne, nelle
storie di amore.
Dunque, le donne si approcciano ad un incontro sessuale con un
atteggiamento senz’altro diverso da quello che hanno gli uomini. La donna
deve sempre stare necessariamente attenta a chi frequenta, con chi si
accompagna ed ancora di più con chi si accoppia. La gravidanza non deve
essere vista come un ostacolo o un incidente. E’ la gravidanza che deve essere
considerata un diritto. La donna ha diritto di portare a compimento ciò per
cui è stata strutturata. Non ha alcun diritto di reprimere la sua istintiva e
innata pulsione di dare la vita, di accudire un cucciolo, di allattarlo e di
tenerlo stretto a se’.
La gravidanza indesiderata (indesiderata per milioni di motivi) è sempre stato
un grande fastidio per gli uomini e non per le donne. Sono da sempre stati gli
uomini a precipitarsi a trovare il rimedio. Non le donne. Nella storia della
umanità sono stati gli uomini a “spaventarsi” (sempre per milioni di motivi)
per l’intoppo, a “preoccuparsi” per l’incidente, ad attivarsi per escogitare la
soluzione. Erano gli uomini a portare le donne dalle mammane. Le donne non
andavano ad abortire di loro volontà. Sovente l’aborto costituiva l’estremo
abuso che gli uomini compivano sulle donne che non avevano scelto per
madri dei loro figli. L’ultimo atto di dileggio sulle donne con le quali non
avevano intenzioni impegnative.
Come è stato possibile convincere le donne, allora, che quello di farsi
fecondare, impunemente, da chicchessia fosse un loro diritto?
Ecco perché mi sorge il sospetto che a far diventare l’aborto un diritto,
laddove prima era un reato, sia stato un puro, meschino interesse maschile.
Comunque la si pensi, è indubitabile che quella stagione di battaglie
ideologiche per l’aborto, per la contraccezione, per il divorzio abbia condotto
allo sfaldamento delle famiglie italiane, alla denatalità, all’innalzamento dei
suicidi, alla diffusione delle droghe, all’avvento del consumismo,
dell’individualismo e del relativismo etico.
La legge 194 passò perché tutti i sopradescritti giochi di prestigio ideologici
servirono, al tempo, per addormentare la coscienza dei tanti perplessi.
Tuttavia, al di sopra di tutte queste ambiguità, un grande politico, come
Giorgio La Pira, definì la legge sulla interruzione volontaria della gravidanza,
come “integralmente iniqua”.
Papa Luciani si espresse, senza incertezze, sulla contrarietà della Chiesa
contro l’aborto, perché “Se i Vescovi italiani, insieme al Papa, prendono
posizione contro l’iniqua legge che sancisce l’aborto, non è, come taluno
insinua, per intromettersi nelle cose della politica. Essi adempiono
semplicemente al loro ufficio di pastori, di servi e custodi della Verità da Dio
rivelata e stampata nel cuore umano. Tacendo, sarebbero essi stessi
condannati dal Signore…”.
Mi piace ricordare, a questo proposito, anche un’altra voce autorevole,
proveniente dal mondo laico, quella di Maria Montessori (1870-1952): una
donna, un medico che ha speso la vita per la pace e la fraternità umana.
Pioniera dei diritti dei bambini, dedicò l’intera esistenza al servizio
dell’infanzia e dell’educazione, divenendo la donna il cui volto fu stampato
sulle celebri mille lire.
Maria Montessori, insigne pedagogista italiana, definì il neonato come un
«embrione spirituale» e rispondendo ad una domanda, in occasione della
Conferenza per la “Crociata per il bambino”, in Barcellona, nel 1936, disse
«L’uomo quando incomincia? Comincia forse a sei anni di età? No, l’uomo
comincia dalla nascita. Anzi comincia molto tempo prima: comincia dal
concepimento».


Signa, 13.10.2023

Stefania Celenza

3 commenti su “STEFANIA CELENZA: “Del perché l’aborto non è un diritto”

  1. Condivido il tuo pensiero Stefania.
    Mi occorre però evidenziare che la Chiesa contraria all’aborto si è fermata all’ultimo Papa, cioè Benedetto XVi.
    Ricordo che una delle prime persone che ha ricevuto Bergoglio è stata la Bonino, la quale si è sempre vantata di aver procurato essa stessa numerosi aborti.
    Ma la serie di “cattolici” pro aborto è lunga e comprende un gran numero di persone che occupano posti decisionali, come Biden,ad esempio. Non fu un caso se il Santo Padre Benedetto XVI lo escluse dalla lista degli invitati alle sue esequie.
    Vogliamo poi parlare delle parole del card. Zuppi, riportate in un articolo della Bussola Quotidiana di qualche tempo fa che si è espresso a favore dell’immodificabilità della legge 194?
    Il fatto che persino la chiesa si sia allontanata dal Vangelo mi fa pensare che presto chi la pensa co.e noi tornerà ad essere perseguitato. Tutto questo mi ha infine convinto ancora di più che ci troviamo di fronte ad una neochiesa della quale non voglio farnparte, ma questo è un altro tema.

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