MARCELLO VENEZIANI: “Le sette vite di Giuliano Amato”

Giuliano Amato gioca a tennis ma nel ruolo di pallina. Rimbalza da un campo all’altro, viaggia oltre le reti e si posa ora su un incarico e poi su un altro con lepida leggerezza. Il Giulianin fuggiasco. Nonostante il cognome, è il meno Amato dagli italiani: la ragione principale dell’odio popolare e bipartisan sono le sue favolose indennità e la sua pensione sovrumana, oltre che la leggendaria sua manina che entrò per la prima volta nei conti in banca degli italiani. Eppure nonostante l’indice di sgradimento altissimo, anzi il pollice capovolto, Amato è il jolly più richiesto della Repubblica italiana. per carità, è di rara intelligenza e versatilità. L’ultima nomina è di pochi giorni fa, quando è stato chiamato a guidare, lui che ha 86 anni, la commissione per affrontare le sfide del futuro e gli scenari dell’intelligenza artificiale; lui con la sua intelligenza ricca di artifici, faina in un corpo da colibrì. Si pensava che la Corte costituzionale sarebbe stato il suo ultimo incarico e invece il suo algoritmo colpisce ancora…
Accademico, economista, richelieu del sovrano, ministro e premier, presidente di tutte le commissioni, giurista, veggente (vedi Ustica): le sette vite del dottor Sottile. Disegnato come un ratto, il topolino montò sulla Treccani e assumere la presidenza dell’Enciclopedia. Amato schizza dal campo dei tecnici a quello dei politici, ha fatto l’arbitro e l’allenatore, il giocatore e il segnalinee; nella sinistra socialistap, poi craxiano, quindi anticraxiano, coi trust e all’antitrust, coi socialisti e i liberisti. Fu l’ultimo dei socialisti al potere ma anche il primo premier dell’era antisocialista, fu l’ultimo dei politici della prima repubblica ed il primo dei tecnici per gestire il passaggio alla seconda. Non si è capito se la sua riemersione fosse una postuma rivincita di Craxi o un oltraggio alla sua memoria. Gli eredi di Bettino propendono per la seconda. Ai funerali politici, Amato è il parente più stretto del defunto, il suo erede e il primo sospettato per il decesso. Nella guerra civile della sinistra giocò nel primo tempo coi guelfi e nel secondo coi ghibellini, riuscendo nell’intervallo a passar per vescovo e paciere. L’antico trasformismo nazionale lui lo indossa con britannica eleganza, fornendone una versione forbita e perfino rigorosa. La dizione colta, il suo volteggiare tra le parole come se fosse in tutù e scarpine, il fisico sottile e gli occhialini a metà naso da Amministratore Preciso, la sua natura anfibia, allevata con le anguille nella laguna di Orbetello, gli hanno consentito di sopravvivere e prosperare in climi così diversi, nonostante la costituzione gracile e l’assenza di un consenso politico. Il più politico dei professori e il più professore dei politici. Per anni faceva pendant con l’altro professore, Romano Prodi. Erano come pane & companatico, anzi mortadella & sfilatino. Come Prodi anche Amato visse nel cuore del potere nei terribili anni ottanta e poi sopravvisse immacolato. Si poteva essere ventriloqui di De Mita o di Craxi e conservare l’innocenza. Ha camminato sui carboni ardenti ma le sue zampine non si bruciarono.
Mezzo laburista mezzo liberista, Amato non fu l’uomo della Transizione ma la Transizione che si è fatta uomo. Transcraxiano, transocialista, transpolitico, transgiurista, Amato è il bus che collega il thatcherismo al socialismo. In termini scientifici Giuliano Amato si può definire transgenico. Spiegano i bioingegneri che l’animale transgenico “nasce da una cellula uovo fecondata in cui è stato inserito un gene proveniente da un’altra specie, allo scopo di modificarne le caratteristiche, e far loro sviluppare capacità che non avrebbero mai potuto acquisire spontaneamente”. Non vi sembra la sua biografia e la sua più precisa anamnesi? Come molti animali geneticamente manipolati, la sua intelligenza è superiore alla media. Collaborai con lui ai tempi in cui presiedeva il comitato dei garanti della repubblica ed ebbi conferma della sua fine intelligenza e della sua sagace ironia. Amato resta un perfetto e perfido consigliere del principe, che vive appollaiato sulla sua spalla e gli bisbiglia suggerimenti, o cinguetta agli astanti la grandezza del sovrano. Salvo sostituirlo appena cade in disgrazia. Minuto, tascabile e consultabile come un bignami, quasi un suggeritore auricolare, con l’omaccione Craxi faceva coppia perfetta: se il principe, come dice Machiavelli, dev’essere metà golpe (volpe) e metà lione, lui completava il leonino Bettino con la metà volpina. Un’eccellente spalla. Per mettersi in proprio gli mancavano però due cose: il consenso del Paese e il carisma della leadership. Gli manca il polso, ma ha bei polsini. Amato è un commissario, un vicario, un reggente. Una volta promise un governo snello, con pochi ministri, ma poi crebbero al ritmo di due al giorno, prima dei pasti.
Veniva dalla sinistra socialista, consigliò Craxi nella svolta presidenzialista, occidentalista e anticomunista, fu ministro del Tesoro liberista e privatizzatore, e poi sado-premier nell’esigere sacrifici feroci; acquisì benemerenze tra i cattolici per i suoi dubbi sull’aborto. Gli giovò il suo pedigreè di tecnico volpino e tesoriere di Stato, risuolato negli States. Per i socialisti restò un giuda alle spalle di Bettino, per la gente è lo spremitaliani per antonomasia, con quell’aria da meticoloso esattore delle tasse con gli occhialini sul naso, come Ino, il fratello di Topo Gigio. Ma l’illustre roditore ha la pelle dura e sopravviverà a ogni derattizzazione…

Panorama n. 46

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