Non era mai successo prima. Siamo meno intelligenti dei nostri genitori.
Il Quoziente Intellettivo medio della popolazione mondiale sta diminuendo nell’ultimo ventennio. Memoria, abilità intellettuali e capacità di apprendimento stanno venendo sempre meno. I punteggi del Q.I. sono calati nelle ultime generazioni, a partire dai nati negli anni ’70. Mentre nei 30 anni precedenti i dati erano in crescita. Da circa 10 anni i figli sono meno intelligenti dei genitori.
A seguito della demolizione della famiglia, della destrutturazione di tutti i principali valori, dell’impoverimento etico della società, della rottura con i principi millenari della nostra civiltà, della fine delle certezze, a seguito di tutto ciò, abbiamo smesso di usare il cervello.
Non sappiamo più pensare, perchè non sappiamo più leggere, perchè non sappiamo esprimerci, ne’ oralmente, men che meno per iscritto, non sappiamo più dubitare, non sappiamo più capire.
Il quoziente d’intelligenza o quoziente intellettivo (QI), è un punteggio ottenuto tramite test standardizzati, che si prefigge lo scopo di valutare lo sviluppo cognitivo dell’individuo. Il QI è usato anche dai sociologi, che ne studiano la distribuzione nelle popolazioni e le relazioni con altre variabili. È stata dimostrata, in particolare, una correlazione tra QI e lo stato sociale dei genitori. Il QI medio, durante il XX secolo, per molte popolazioni, aumentava con una velocità media di 3 punti ogni decennio.
James Robert Flynn è stato uno psicologo e docente universitario, nato negli Stati Uniti e naturalizzato neozelandese. La sua notorietà è dovuta ai suoi studi sull’intelligenza umana. Per “Effetto Flynn” s’intende l’aumento progressivo e costante del valore del quoziente intellettivo medio, riscontrato nella popolazione mondiale, nella seconda metà del ‘900.
Dall’ anno duemila in poi, però, è stata registrata, nei paesi sviluppati, e quindi anche in Italia, un Effetto Flynn capovolto: in buona sostanza il quoziente intellettivo medio non solo ha smesso di salire, ma sta diminuendo.
Ed ancora, la Scuola Romana Rorschach (centro di studio e di somministrazione del test proiettivo Q.I. ideato dal medico psichiatra svizzero Hermann Rorschach) aveva accumulato, negli anni ’90, nel suo archivio, più di centomila test effettuati, a partire dagli anni 20. Con tale immane documentazione si potrebbe tracciare la storia psicosociale dell’Italia. Invero, quello che emerse da tale osservazione fu, sempre negli anni ’90, una reale preoccupazione, rispetto ai test somministrati nelle fasce più giovanili: appariva, mediamente, aumentata, in modo significativo, l’aggressività; risultava, in media, diminuita considerevolmente la capacità di comprendere e analizzare le questioni con “spirito critico”.
Il fenomeno è stato confermato anche dal politologo Christophe Clavé, che così ha scritto, in un articolo del novembre 2020:
«Il QI medio della popolazione mondiale, che dal dopoguerra alla fine degli anni ’90 era sempre aumentato, nell’ultimo ventennio è invece in diminuzione… È l’inversione dell’effetto Flynn. Sembra che il livello d’intelligenza misurato dai test diminuisca nei paesi più sviluppati. Molte possono essere le cause di questo fenomeno. Una di queste potrebbe essere l’impoverimento del linguaggio. Diversi studi dimostrano infatti la diminuzione della conoscenza lessicale e l’impoverimento della lingua: non si tratta solo della riduzione del vocabolario utilizzato, ma anche delle sottigliezze linguistiche che permettono di elaborare e formulare un pensiero complesso. La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo.
La semplificazione dei tutorial, la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono esempi di “colpi mortali” alla precisione e alla varietà dell’espressione.
Solo un esempio: eliminare la parola “signorina” (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all’estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l’idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie. Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.
Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall’incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole. Senza parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile. Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare. La storia è ricca di esempi e molti libri (Georges Orwell – “1984”; Ray Bradbury – “Fahrenheit 451”) hanno raccontato come tutti i regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c’è pensiero senza parole.
Come si può costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale?
Come si può prendere in considerazione il futuro senza una coniugazione al futuro?
Come è possibile catturare una temporalità, una successione di elementi nel tempo, siano essi passati o futuri, e la loro durata relativa, senza una lingua che distingue tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che è stato, ciò che è, ciò che potrebbe essere, e ciò che sarà dopo che ciò che sarebbe potuto accadere, è realmente accaduto?».
Ed ecco la risposta offerta da Clavé:
«Cari genitori e insegnanti: facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegnare e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata. Perché in questo sforzo c’è la libertà. Coloro che affermano la necessità di semplificare l’ortografia, scontare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana. Non c’è libertà senza necessità. Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.»
Se dunque l’intelligenza è direttamente collegata alla libertà, che cos’è dunque l’intelligenza? Elaborare modelli, pensare in astratto, trovare soluzioni, capire gli altri, prevedere le conseguenze delle proprie azioni, avere nuove idee. Queste sono solo alcune delle abilità intellettuali, mentali e psichiche che costituiscono l’intelligenza.
Ciascuna di queste abilità oggi è chiaramente in calo, fra le nuove generazioni.
Altri studi sono stati condotti da due ricercatori, Bernt Bratsberg e Ole Rogeberg, del Centro Ragnar Frisch per la ricerca economica, in Norvegia, che hanno esaminato un ampio campione di dati del quoziente intellettivo di giovani militari in Norvegia, per un periodo di quasi 40 anni. I risultati sono pubblicati sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America”.
I ricercatori hanno studiato i punteggi QI di 730 mila giovani uomini misurati in occasione della visita di leva, per il servizio militare norvegese, nel periodo dal 1970 al 2009. Il campione è stato suddiviso in due sottogruppi di età, i ragazzi nati fra il 1962 e il 1975 (che entravano come nuove leve dal 1970 al 1993) e quelli più giovani, nati fra il 1975 e il 1991 (con punteggi misurati dal 1993 al 2009). Ebbene, in media i valori del quoziente intellettivo di questi ultimi partecipanti erano più bassi di circa 7 punti, passando da una generazione all’altra. Fra i nati a metà degli anni ’70, che oggi hanno 43 anni, e i ragazzi nati nel 1991, che oggi hanno 27 anni, ci sono più di 5 punti di differenza. Quali le ragioni di questo angosciante fenomeno?
L’effetto Flynn, ovvero l’aumento del quoziente intellettivo medio, registrato dagli anni trenta del secolo scorso, era stato spiegato con i miglioramenti nella sfera della salute, dell’alimentazione e dell’educazione. In poche parole,
l’effetto Flynn era stato spiegato con il progresso della civiltà.
Oggi, l’inversione dell’ effetto Flynn viene attribuito principalmente a fattori ambientali esterni. Sono stati individuati, come responsabili del calo intellettivo dei giovani, la crisi sistematica della famiglia, il peggioramento dei sistemi scolastici, il declino dei valori educativi, l’impoverimento del linguaggio e l’uso crescente della tecnologia, di dispositivi elettronici, di televisione, di social e di media.
Potremmo concludere, paradossalmente che, se il livello d’intelligenza medio diminuisce nei paesi più sviluppati, anche in questo caso,
l’inversione dell’ effetto Flynn può essere spiegata con il progresso della civiltà…
Lastra a Signa, 01.12.2023
Stefania Celenza