I cretini sono sempre stati tanti al mondo. Gli ignoranti sono stati anch’essi una forza gigantesca nella storia dell’umanità. Gli arroganti pieni di sé sono stati una forza considerevole seppure non paragonabile alle prime due. Il mondo in fondo ha retto sulla separazione delle loro carriere. Ovvero la folla dei cretini e la massa degli ignoranti in fondo non avevano la pretesa di guidare e giudicare il mondo, magari erano consapevoli dei loro limiti, tiravano a campare, non si mostravano arroganti. Il più delle volte avevano l’umiltà di chi non sa o non capisce e ne è in fondo cosciente; non si azzardavano a erigersi a giudici, a trinciare giudizi su tutto ciò che non sapevano o non capivano, o che non era semplicemente alla loro portata e alla loro comprensione.
La novità perversa dei nostri anni è invece che l’ignoranza si è fatta presuntuosa, come la stupidità, e non solo: si compiace di sé, si esibisce, è pure vanitosa. E’ salita in cattedra, sul ponte di comando, emette sentenze. La distorsione del cittadino sovrano e del diritto di voto universale, l’avvento della società dei consumi di massa e del regno della quantità che prevale sulla qualità, a ogni livello, unita all’uso recente dei mezzi di comunicazione come i social e gli smartphone, ha permesso la sciagurata fusione delle carriere: nasce così il cretino presuntuoso e l’ignorante-arrogante, a loro volta fusi in una sola persona, col disvalore aggiunto della vanità, della pretesa di celebrità e riconoscibilità. L’ignorante e il cretino si sentono in diritto di giudicare il mondo e di pensare e agire come la loro testa, o quel che credono partorito dalla loro testa, decide di dire e di fare. Si illudono di giudicare con la loro testa perché non hanno nemmeno il minimo spirito critico di capire che aderiscono a giudizi prefabbricati e modi, mode e modelli prestampati. Senza sapere nulla di ciò di cui parlano, senza conoscere l’interlocutore se non attraverso un’etichetta, un dettaglio o un pregiudizio, esercitano così la loro supponente idiozia e la caricano pure d’ironia e di sarcasmo perché hanno capito che la ridicolizzazione dell’altro certifica la loro superiorità etnica, etica, intellettiva.
E’ comprensibile che di fronte a questo avvento barbarico di massa, si rimpianga la beata ignoranza o ingenuità della società contadina premoderna, che si accompagnava all’umiltà, a volte perfino alla vergogna, al pudore della propria insipienza e che poteva almeno aspirare a una minima estrema forma di saggezza, che ben espressero in epoche diverse Socrate e Nicola Cusano: so di non sapere e capisco di non capire, aspiro al più alla “dotta ignoranza” e al senso dei propri limiti. E di fronte al baconiano principio “Sapere è potere”, poteva obiettare, abbassando la cresta, che da un verso so di non sapere e dall’altro so di non potere; ossia non tutto è possibile, accessibile e a disposizione della mia volontà.
Chi intuì quasi un secolo fa questa fatale involuzione della specie in atto nella società di massa, fu un pensatore e sociologo famoso, José Ortega y Gasset. Ne La ribellione della masse del 1930, osservando i regimi totalitari di massa ma soprattutto l’americanizzazione in corso, il filosofo osservò: “l’anima volgare, riconoscendosi volgare, ha l’audacia di affermare il diritto alla volgarità e lo impone dappertutto”. Non è la volgarità il male, trattandosi di un limite inevitabile, diffuso e perenne; ma la pretesa di rendere sovrana la volgarità, le idee volgari, i gusti volgari, con la forza del numero e l’arroganza dell’ideologia che si fa spirito del tempo, forza storica.
Questo tipo umano non ha una definita collocazione politica e ideologica, anzi nasce dal collasso delle categorie ideologiche e politiche. Se vogliamo, si profilò sull’onda del Sessantotto ma diventò presto fenomeno trasversale. A voler essere più analitici potremmo dire che a sinistra è più facile trovare il mix tra arroganza, ignoranza e stupidità, per via della loro pretesa superiorità; mentre a destra l’ignoranza e la stupidità, seppur diffuse, sono ancora sfuse dalla pretesa di interpretare lo spirito del mondo e si arrogano meno il presuntuoso diritto di ritenersi i depositari del vero; parlano a titolo personale e non nel nome della storia. O si affidano ad autorità venute dall’esperienza, dalla tradizione, dal sentire comune, da ciò che si è sempre fatto, detto e ripetuto. A volte i due versanti sono uniti da una specie di disprezzo verso il mondo, quel rancore che inverte un originario complesso d’inferiorità in un complesso di superiorità, derivato dalla loro pretesa estraneità a quel contesto. Il canone vigente ha rifornito questa pretesa superiorità e questa tendenza a disprezzare il prossimo di potenti pregiudizi che sono divenuti lessico comune in ordine alle varie, presunte fobie (omofobia, sessuofobia, xenofobia, islamofobia), e all’accusa onnicomprensiva e onnivalente di fascismo.
Ma al di là di questa tendenza, il vero problema è la corsa sempre più veloce della società in cui noi viviamo verso la deculturazione radicale di massa. Attenzione, pericolo caduta masse. Stiamo procedendo con una rapidità impressionante verso una cancellazione radicale dell’habitat di saperi, concezioni, visioni, modelli di comportamento stratificati nel tempo. L’arroganza degli ignoranti si alimenta di questa desertificazione della cultura ma per altri versi la alimenta, la produce. L’irrilevanza del sapere, o quantomeno di porsi domande e conoscere i propri limiti, è alle origini di questa tendenza, su cui torneremo più ampiamente in seguito. Quel che si può dire è che di fronte a questa tendenza sono praticamente ininfluenti i governi, siano essi pseudodestrorsi che sinistrorsi. Non incidono, non ne hanno le capacità, forse la volontà e la possibilità di farlo. Scivolano come acqua o liquame sulle superfici lisce o porose della società e non producono cambiamenti, inversioni di rotta, segni di mutazione… L’intelligenza è in pericolo di vita e non sai a chi lanciare l’allarme.
La Verità – 17 dicembre 2023
Confesso che per me è sempre arduo interpretare compiutamente il pensiero e il linguaggio di Marcello Veneziani. Ma questo è un mio deficit culturale.
Quello che ho capito è che il mondo è popolato prevalentemente da cretini e da ignoranti .
E fino a qui ci sta. Quello che ci deve preoccupare è quando il cretino o l’ignorante sale in cattedra e pretende di insegnare o peggio d’ imporre al mondo la sua ignoranza e stupidità “compiacendosi ed esibendo vanità,” per lo più oratoria che culturale e sostanziale.
Ed è quanto abbiamo visto quando masse di cretini, ignoranti etc hanno portato al Governo del Paese giovani ignoranti, sotto acculturati ma in compenso dotati di boria e di presunzione, quando avrebbero dovuto ricorrere a forti dosi di umiltà in vista di dell’ impegno politico per il quale ingannevolmente sono stati eletti.
Cretinerie sono raccontate nei discorsi pseudo politici, ignoranza e presunzione di avere la verità in tasca ,” il diritto di giudicare il mondo e che il mondo debba ragionare come dice la loro testa” è ormai diventato il pane quotidiano che nutre il cervello di moltissimi italiani “grazie” ai potenti mezzi d’informazione che ci entrano in casa attraverso televisione, cellulari e altri stupefacenti mediatici.
Concludendo direi che lo slogan filmico “poveri ma belli” potremmo sostituirlo con “ ignoranti ma non stupidi, né cretini e soprattutto mai presuntuosi e vanitosi.”
Francesco Violini