Dopo avere letto l’articolo di Stefania Celenza “La famiglia come mitologia”, mi sono chiesta ancora: «Cos’è la famiglia?»
La Celenza, bravissima nella sua esposizione, ha un approccio tecnico-analitico. Giustamente cita Jung, sempre nel concetto di “analisi” e formazione dell’individuo. Esprime le influenze che “la famiglia” ha su sullo sviluppo di un individuo.
Partendo da un altro punto di vista, strettamente umano e spirituale, riprendo il grande Jung citando una sua frase mentre parlava del suo Libro Rosso: «..tutte le mie opere, tutta la mia attività creatrice è sorta da quelle iniziali fantasie, grande è la responsabilità umana verso le immagini dell’inconscio, sbagliare a capirle o eludere la responsabilità morale che abbiamo verso di esse, significa privare l’esistenza della sua interezza, essere condannati ad una vita penosamente frammentaria. Ho lavorato a questo libro per 16 anni, l’osservatore superficiale lo prenderà per un’assurdità e lo sarebbe effettivamente diventato, se non fossi stato in grado di afferrare la forza travolgente di quelle esperienze originarie, la mia famiglia e la mia professione, rimanevano sempre una gioiosa realtà, ed una garanzia che ero “normale e reale” …».
L’importanza che lui dà alla sua famiglia è fondamentale per capire quanto sia importante e “stabilizzante” per un individuo la presenza della “famiglia”. In primis, la famiglia per me è legata al concetto di amore. Ci sono voluti migliaia di anni perché l’uomo imparasse ad amare, mentre, l’amore per i propri discendenti era atavico e istintivo. Moltissime dittature hanno tentato di distruggere popolazioni partendo dalla distruzione dell’amore verso i propri famigliari. C’è una potenza nei legami di sangue ancora sconosciuta. Distruggere il “legame” significa distruggere le radici che sostengono l’albero che cresce in ognuno di noi.
Se pensiamo ad esempio a quanto è accaduto in Cambogia con i Khmer Rossi, seguaci del Partito Comunista di Kampuchea sotto Pol Pot, che ha sterminato quasi 3 milioni di persone. Agì principalmente con la distruzione dei nuclei familiari, dividendo uomini e donne ed educando i figli con la delazione a danno dei genitori stessi. Il comunismo ha tentato con le sue concezioni materialistiche lo svilimento e la distruzione dell’importanza della stessa, e, come altre dittature ha compreso che la distruzione dei legami famigliari portava ad un forte impoverimento nell’anima delle persone, alla perdita di riferimenti e di senso di individualità ed ad una maggiore manovrabilità.
Cosa che si sta riproponendo oggi. Disgregare il senso della famiglia porta all’aumento della percezione di isolamento, già fortemente accentuato negli ultimi tre decenni con lo sviluppo della tecnologia. Il concetto di famiglia, modificato, snaturato e trasformato, altera anche la percezione di amore verso il prossimo. Modifica la base del sentimento e l’autorità tra i rapporti di un nucleo famigliare. La perdita del senso della famiglia è l’inizio del decadimento sociale e la perdita dell’affettività tra gli esseri..
Sono d’ accordo. Hai toccato il punto che stiamo denunciando da tempo. La decostruzione, la delegittimazione e la banalizzazione della famiglia, sotto l’egida di una fasulla autodeterminazione individuale, creano persone sole, svuotate ed impoverite (in tutti i sensi). Una pacchia per il neocapitalismo consumistico.