Quei gabbiani che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. Quelli invece che aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque, e in un baleno.
(Richard Bach)
Gabbiani stanchi
Nella sera
Si adagia la schiuma minacciosa
Di tramontana
Nei sogni dei vascelli
Di fieri
Pirati
Danza fra le vele
Dei pensieri
Dei gitani del mare
Scogli ancora lucenti
nelle onde
Ardite dell’oceano
Vanno a posarsi su nuvole lontane
L’ orizzonte
Si tinge di vermiglio
Ormai c’è solo
Sulla costa ancora infuocata
Dei raggi del giorno
Il silenzio complice
E solenne
Del vento
Ho cercato negli anni
Di fuggire al frangersi delle onde
Sugli scogli del molo
Di camminare sulla rena umida della battigia
Di sfidare con sonora alterigia
Lo sguaiato stridio di bianchi gabbiani
Innalzati in volo
Sullo spicchio di costiera
Ricamato dalla risacca
Di ammirare estasiato
Le loro picchiate armoniose e solenni
Quell’angolo di paradiso delato nella memoria
E il gemito di fronde nel vento giocoso
della baia
Raggiungere poi la pace
Quella intatta
Incontaminata
Vicino all’orizzonte
Nel trepido silenzio di cielo e mare
Uniti dal perenne
Soave abbraccio dei secoli
Sospesi fra fantasmi di nuvole grigie
Danzano
Incontro a mare e cielo
Chiedono al vento d’autunno
E alle linee dei suoi capricci
Di cullare i loro sogni
Un naviglio
Scompare adagio all’orizzonte
Mentre il sole nasconde lontano
Come ogni sera
Oltre il profilo della baia
Il suo disco bruciato
Dalla fucina del giorno
***
I gabbiani, lo sapete anche voi, non vacillano, non stallano mai. Stallare, scomporsi in volo, per loro è una vergogna, è un disonore
(Richard Bach)