Ascolta la poesia con la voce di Giorgio Bongiorno
Imperatore di tutti gli Imperatori
Al triste presentimento di Calpurnia
Agli auspici funesti degli indovini
Solo e grande
Senza la protezione degli ispanici cavalieri
Consegnò muto alla storia
Lo strappo della toga
Tetro segnale della fine
L’iniqua trama
Del vile assassinio
Colpito alla gola
da spade e pugnali dei traditori
si accasciava quel nobile altero corpo
Che tante volte aveva portato Roma
Alla gloria delle battaglie
Ai piedi della statua di Pompeo
Annientato da troppe ferite
Domandò sbigottito
Alla curia complice e sorpresa
Il perché di tanta feroce vendetta
Di tanto efferato terrore
In quella giungla di ferri sguainati
Nell’orgia del supremo sacrificio
Lanciò un urlo sovrumano
Al maledettissimo Casca
Chiese poi all’ultimo colpo vibrato
Anche tu Bruto
Figlio mio
Tirò incredulo
La veste sul suo viso affranto
Gli spasimi della fine
Gli occhi sbarrati
Poi l’atroce silenzio dell’agonia
E la gelida agognata morte del tiranno
Inondata dal sangue innocente
Davanti ai rostri del foro
In quella splendente edicola
Coperta d’oro e di porpora
Disteso sul cataletto d’avorio
Icona dei suoi sovrumani trionfi
Non poteva udire
Sul feretro inerme
Le tardive menzogne di Antonio
Tribuno insanguinato dalla congiura
Ma lo raggiunsero nel cielo dei grandi
L ’urlo di dolore del suo popolo
Le lacrime versate sul testamento
Il pianto inconsolato dei veterani
I lamenti dei Giudei
Liberati dall’oppressione
Bruciarono le tue membra dilaniate
Con i gioielli lanciati nel rogo dalle matrone
Le vesti dell’ultima festa
La toga strappata e vilipesa
Dalla turpe
Vigliacca
Violenza dei congiurati
Risuonano ancora
Dopo tanti secoli
Sulle ali del vento di ponente
Nel roseo profumato tramonto romano
Fra i severi colonnati del Senato
I tragici versi sull’umana ingratitudine
Del vecchio
Sapiente poeta Pacuvio
“Io ne avrei salvati tanti
Per conservare chi perdesse me”
***
Cesaricidio
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Assassinio di Giulio Cesare
“La morte di Cesare” (Musei Vaticani)
Data 15 marzo 44 a.C.
Luogo Curia del teatro di Pompeo, Roma
Coordinate 41°53′43″N 12°28′37″E
Coordinate: 41°53′43″N 12°28′37″E (Mappa)
Obiettivo Uccisione di Giulio Cesare
Responsabili Marco Giunio Bruto, Gaio Cassio Longino, Decimo Bruto e altri senatori
Motivazione motivi politici e personali
Conseguenze
Morti Gaio Giulio Cesare
Feriti Uno dei due fratelli Publio Servilio o Gaio Servilio Casca
È detto Cesaricidio l’assassinio di Gaio Giulio Cesare, avvenuto il 15 marzo del 44 a.C. (le Idi di marzo), a opera di un gruppo di circa venti senatori che si consideravano custodi e difensori della tradizione e dell’ordinamento repubblicano e che, per loro cultura e formazione, erano contrari a ogni forma di potere personale. Temendo che Cesare volesse farsi re di Roma, un numero variabile di circa 60 o 80 senatori, guidati da «Gaio Cassio, Marco e Decimo Bruto»,[1] congiurarono per uccidere il dittatore. Tra essi, oltre ai Pompeiani e ai repubblicani, vi erano alcuni sostenitori di Cesare che furono spinti a compiere questo assassinio prevalentemente da motivi personali: per rancore, invidia e delusioni per mancati riconoscimenti e compensi.[2]
Il cesaricidio, inteso nel senso prevalente di eliminazione fisica di chi si ritenga possa pregiudicare la libertà per fini di potere personale, ha assunto nel tempo il significato ideologico di estremo tentativo di difendere i valori delle libertà civili,[3] o al contrario quello di conservare ad ogni costo i valori della tradizione messi in pericolo da un potere giudicato come dispotico