NOI ITALIANI SIAMO SOTTOMESSI ALL’ARMA DEL DEBITO
I popoli possono essere sottomessi o tramite i carri armati o tramite l’arma del debito. Noi italiani, al pari di gran parte dei popoli della Terra, siamo sottomessi tramite l’arma di un debito pubblico e privato che è perpetuo, incontenibile e inestinguibile. Ormai viviamo per pagare i debiti dello Stato e i nostri debiti personali, al punto che concepiamo il culmine della felicità con la capacità di arrivare a fine mese saldando i debiti.
Per la precisione siamo sottomessi allo strapotere della grande finanza virtuale speculativa globalizzata, che non ha alcun corrispettivo con l’economia reale, ma sovrintende e manipola la massa monetaria a livello mondiale. Si tratta del più grande gioco d’azzardo al Mondo e della più colossale truffa di tutti i tempi.
Il Mondo è sottomesso allo strapotere di criminali che, creando dal nulla dei codici virtuali nella Rete, fraudolentemente spacciati per moneta anche se non sono l’equivalente del valore della ricchezza che si sostanzia di beni e servizi reali, hanno fagocitato l’economia reale; occupato finanziariamente gli Stati appropriandosi della loro ricchezza svuotandoli della loro indipendenza e sovranità; messo al potere dei Governi collaborazionisti perseguendo l’obiettivo di un “Nuovo Ordine Mondiale” assoggettando una umanità omologata e omogeneizzata; divulgano l’ideologia del pauperismo e dell’eliminazione della proprietà privata inculcando il messaggio “Non avrai nulla e sarai felice”; trasformano la realtà in virtualità e l’umano in transumano governato dagli ordini impartiti dalla cosiddetta “intelligenza artificiale”.
LA GRANDE FINANZA VIRTUALE SPECULATIVA È IL VERO POTERE FORTE
La grande finanza virtuale speculativa globalizzata è il vero potere forte del nostro Mondo ed è il male profondo dell’umanità. Corrisponde allo “shadow banking system”, sistema bancario ombra, o sistema bancario collaterale, l’insieme degli scambi che consentono forme di finanziamento “alternative” al sistema bancario tradizionale.
Stefano Di Francesco, operatore ed esperto finanziario, vice-Presidente dell’Associazione “Moneta positiva”, ha spiegato sul sito casadellacivilta.com:
A differenza delle banche tradizionali che si finanziano prevalentemente attraverso i depositi e hanno accesso, se necessario, alla liquidità della Banca centrale, queste “banche ombra non regolamentate” raccolgono attraverso il mercato, esponendosi a una potenziale carenza di liquidità, con il rischio di dovere vendere forzosamente e a prezzi ridotti le attività in portafoglio o chiedere supporto alle entità “sponsor” (ovvero alla società che fornisce il proprio ausilio nella quotazione dei titoli Abs, Asset-backed security, titolo garantito da attivi sottostanti), in un mercato regolamentato.
SONO PIU’ RICCHI DI TUTTI GLI STATI DEL MONDO MESSI INSIEME
La dimensione del sistema bancario ombra è passata da 26 mila miliardi di dollari nel 2002 a quasi 67 mila miliardi di dollari nel 2011 (pari al 111% del PIL mondiale), per poi ridursi, secondo l’ultimo “Global Shadow Banking Monitoring Report” dell’FSB (Financial Stability Board, Consiglio per la stabilità finanziaria), a circa 63 mila miliardi di dollari a fine 2020.
Il sistema bancario ombra ed il suo meccanismo di creazione di denaro sono la vera causa della crisi finanziaria, che poi si è riflessa sul sistema bancario tradizionale cristallizzando la liquidità.
Nel sistema bancario ombra, una tipica transazione si sviluppa in questo modo: un fondo hedge di Hong Kong acquista 1 milione di euro di BTP o di mutui cartolarizzati e li gira a Goldman Sachs che, a sua volta li presta a Credit Suisse, che infine li gira ad una assicurazione od ad un Fondo monetario od ad un fondo sovrano. Il fondo hedge, GS e Credit Suisse ottengono tutti e tre un milione di euro di credito, moltiplicando per tre il valore iniziale dato “in garanzia”, mentre i fondi sovrani, le assicurazioni, i fondi monetari sono quelli che in pratica prestano denaro reale.
Esiste quindi, in parallelo al sistema bancario tradizionale, un altro sistema non visibile al pubblico, poco conosciuto che coinvolge una dozzina di mega banche, qualche centinaio di fondi hedge, grandi assicurazioni, mega fondi e fondi sovrani. Tra questi operatori si creano una catena di prestiti in cui si reipotecano “safe assets” (in genere titoli di Stato, ma anche altre tipologie di asset come mutui cartolarizzati con rating elevati) come pegno, in prestiti che durano da qualche giorno ad alcune settimane ed in cui i titoli a garanzia sono utilizzati fino a tre volte. I prestiti della catena di reipotecazioni sono detti repos, (repurchase agreements), cioè accordi di riacquisto a una data preventivata fissata del pacchetto di titoli dato in pegno.
I TITOLI DI DEBITO DEGLI STATI SONO LA “MONETA BASE”
Il motivo per cui la crisi finanziaria globale (CFG) ha dunque dapprima colpito gli attivi delle banche attraverso la perdita di valore dei mutui e prestiti subprime cartolarizzati (2007 – 2008) e poi ha finito con l’investire il mercato del debito sovrano di paesi come la Grecia (nel 2009), la Spagna, il Portogallo, l’Italia (crisi dei BTP del 2011), risiede nel fatto che tutti questi titoli di debito risultano essere la “moneta di base” del sistema bancario ombra, l’ingrediente essenziale per la creazione di nuovo denaro.
Non è dunque vero che la crisi del debito sovrano sia legata agli elevati livelli di debito pubblico, alla spesa fuori controllo.
Nel 2008, quando i titoli cartolarizzati americani “spazzatura” crollarono, il sistema finanziario andò in crisi perché nessuno si fidava più delle controparti e le quotazioni delle istituzioni finanziarie più esposte (quelle con leva maggiore) come Bear Stearns, Merril Lynch, Lehman Brothers crollarono a picco in poche sedute.
Tecnicamente si ebbe una «rottura del meccanismo di trasmissione della politica monetaria», ovvero i tassi a breve smisero di muoversi intorno al tasso MRO e salirono senza sosta.
Nel 2011, quando i BTP italiani persero il 25% del loro valore, si creò una situazione analoga a quella del 2008 e si rese necessario un intervento delle banche centrali, che tramite il Quantitative Easing, crearono miliardi di dollari per sostenere la crisi di fiducia e liquidità del sistema finanziario globale.
IL COMPITO DELL’ITALIA È PRODURRE BTP PER IL “SISTEMA BANCARIO OMBRA”
Si comprende dunque ora, perché vi sia così tanta pressione sull’Italia da parte della finanza globale, affinché prosegua sulla via dell’austerità e del pareggio di bilancio.
Il compito dell’Italia è quello di continuare a produrre BTP, un investimento sicuro utile alla proliferazione dello “shadow banking system”, che li impiega come moneta di base.
Il debito pubblico è funzionale al sistema finanziario; occorre produrre BTP “sicuri” da collocare sul mercato per remunerare investitori.
Occorre in primis, un bel debito pubblico come quello italiano, che costa un 4 – 5% di PIL di interessi l’anno; in secondo luogo, lo Stato deve spendere meno di quello che incassa verso i cittadini italiani (impoverendoli), perché così garantisce agli investitori finanziari che non ci sarà inflazione ed infine, restando nell’euro, gli investitori non soffriranno alcun rischio di cambio.
Dato che questi bonds devono rendere ogni anno, ma senza rischio per gli investitori, il Governo deve fare un avanzo di bilancio “primario”, in modo da non inflazionare mai neanche un poco l’economia reale e rimanere dentro l’euro che a differenza della “infida lira”, garantisce agli investitori offrendo un rendimento reale senza rischio di cambio.
Questo concetto, questo piano potremmo dire, discusso apertamente tra i banchieri centrali di tutto l’Occidente ed i rappresentanti dei mega fondi, richiede per l’Italia l’austerity ad oltranza e rimanere nell’euro. Perché senza bonds come i nostri BTP, che sono il terzo mercato al mondo per dimensione del debito pubblico, la piramide del mercato finanziario globale non funziona.
Oggi ognuno nell’economia globale ha un suo ruolo: gli americani hanno quello della polizia internazionale; i tedeschi producono macchinari complicati e veicoli di lusso; i cinesi producono quasi tutte le merci di bassa- media qualità; i giapponesi esportano tecnologia e l’Italia produce BTP!
Sotto l’innocente apparenza del discutere “come far funzionare meglio il mercato finanziario” (che parrebbe essere l’unico vero problema dell’umanità), nel documento 399 del Dicembre 2012 della BIS (Bank for International Settlements, Banca dei Regolamenti Internazionali) si teorizza apertamente che lo Stato è al servizio della rendita finanziaria, che la sua funzione è garantire che chi ha soldi li possa accumulare senza rischio, vivendo di rendita, senza usarli nell’economia ed investirli in qualche cosa di reale.
Ciò che è cambiato se proprio vogliamo trovare una differenza nella finanza globale dal 2007 ad oggi, è semplicemente il fatto che mentre nel 2007 venivano utilizzati come sottostante per le creazione di moneta al di fuori del circuito bancario tradizionale i mutui subprime (erogati a clienti “ad alto rischio”) e le obbligazioni ad essi collegate, oggi si utilizzano titoli di Stato, come i nostri BTP.
IL DEBITO MONDIALE SUPERA DI TRE VOLTE LA RICCHEZZA MONDIALE
Oggi la finanza di tutto il mondo è strutturata come uno schema piramidale, la cui sopravvivenza è legata all’indebitamento del prossimo. A fronte di un Pil mondiale (2022) di 102 mila miliardi di dollari, il debito mondiale (2022) è di 299 mila miliardi di dollari, pari al 293% del Pil.
Considerando che il Pil, Prodotto interno lordo, rappresenta il valore dei beni e dei servizi prodotti, è evidente che se il Mondo ha un debito pari a tre volte il valore della propria ricchezza, significa che il sistema finanziario mondiale è fallito.
GERMANIA E FRANCIA HANNO LA FINANZA PIU’ SPECULATIVA
Sul fallimento del sistema finanziario mondiale pesa in modo particolare un ammontare di «titoli derivati», valuta virtuale di natura speculativa sconnessa dall’economia reale, che secondo uno studio della Banca d’Italia del 2018 è stata pari a 2,2 milioni di miliardi di euro, l’equivalente di 33 volte il valore del Pil mondiale. A livello dei 27 Stati dell’Unione Europea, l’ammontare dei titoli derivati è stato di 660 mila miliardi di euro, pari a 44 volte il Pil dell’Unione Europea.
Le banche tedesche e francesi sono quelle che detengono la quota maggiore di titoli derivati, definiti «titoli tossici» e «titoli spazzatura» quando nel 2008 ci fu il tracollo della banca d’affari americana Lehman Brothers.
Solo la Deutsche Bank deteneva 48,26 mila miliardi di euro di titoli derivati, pari a 14 volte il Pil della Germania e a 30 volte il Pil dell’Italia.
Non è un caso che siano proprio la Germania e la Francia, la cui finanza è altamente speculativa, a comandare in seno all’Unione Europea avendo la necessità vitale di impadronirsi delle economie e di avere al potere degli Stati europei dei Governi collaborazionisti, per assicurare il riciclaggio di un ammontare di titoli derivati virtuali superiore di 44 volte il Pil europeo e trasformarli in beni e servizi reali.
I COSTI DELLA GUERRA FINANZIARIA SUPERIORI A QUELLI DELLE DUE GUERRE MONDIALI
I costi della guerra finanziaria globalizzata in corso risultano superiori a quelli della prima e della seconda guerra mondiale. I costi che ciascuno di noi paga per questa guerra finanziaria globalizzata sono incredibili se raffrontati con i costi delle due guerre mondiali.
A valori odierni, a fronte dei 4 mila miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, la Federal Reserve ha stanziato 7.700 miliardi di dollari per il sostegno alle banche dal 2007 al 2011, mentre l’Unione Europea nello stesso periodo ha dato 2 mila miliardi di dollari per il salvataggio delle proprie banche.
Il “casus belli”, l’evento che viene assunto come il punto d’inizio della nuova guerra è il tracollo della banca d’affari americana Lehman Brothers il 15 settembre 2008, punto d’approdo dello scoppio della bolla immobiliare americana e del crollo del sistema dei mutui subprime concessi a soggetti che non possono aver accesso ai tassi più favorevoli del mercato per precedenti inadempienze, fallimenti e pignoramenti.
Questo fatto ha scoperchiato la realtà dei cosiddetti “titoli derivati” il cui valore deriva da un altro titolo o bene oggetto di speculazione finanziaria. Questa enorme quantità di denaro virtuale, che non ha un rapporto diretto con i beni e i servizi prodotti, viene scambiata quasi tutta all’esterno dei mercati finanziari regolamentati. Al pari dei “fondi hedge”, altamente speculativi, specializzati nelle operazioni di “vendita allo scoperto” che non prevedono il reale possesso dei titoli scambiati, con quote d’ingresso che non possono essere inferiori al milione di euro, offrendo dei rendimenti incredibili.
Questa massa impressionante di denaro virtuale è l’arma con cui i poteri finanziari globalizzati, da un lato, hanno avvelenato mettendo in circolo un tumore con metastasi incontrollabili in seno al sistema finanziario internazionale e, dall’altro, sono ormai in grado di destabilizzare il Pianeta, speculando sui prezzi di qualsiasi bene, prodotto o titolo stimato nelle borse mondiali, manipolando ad arte il valore dei titoli di Stato fino a determinarne o il tracollo o il decollo, provocando così la caduta di governi democraticamente eletti e l’imposizione di regimi tecnocratici disponibili nei loro confronti.
Ciò è quanto è accaduto in Grecia e in Italia con l’avvento al potere di due tecnocrati legati ai poteri finanziari globalizzati, Lucas Papademos e Mario Monti, dopo aver costretto Andreas Papandreou e Silvio Berlusconi a dimettersi, entrambi nello stesso mese di novembre del 2011, pur senza essere stati sfiduciati dal Parlamento.
MARIO MONTI DA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIURO’ IL FALSO
Mario Monti, il 16 novembre 2011, quando assumendo la carica di Presidente del Consiglio, prestò giuramento al cospetto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, pronunciando la formula rituale «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione», giurò il falso perché in quel momento era consulente internazionale della Goldman Sachs, la più grande banca d’affari privata al Mondo; era membro del Consiglio Direttivo del “Club Bilderberg”, organizzazione esclusiva dei grandi della finanza e della politica nel Mondo; era Presidente del Gruppo Europeo della “Commissione Trilaterale”, organizzazione fondata nel 1973 da David Rockefeller, ufficialmente per favorire la cooperazione tra Europa, Stati Uniti e Giappone; era membro del “Comitato consultivo di alto livello per l’Europa” di Moody’s, una delle maggiori agenzie di rating al mondo.
Solo successivamente, dopo la denuncia della stampa, Monti annunciò la “sospensione” della sua appartenenza a queste istituzioni finanziarie globaliste.
LA CAUSA DEL DEBITO È LA MONETA CREATA DALLE BANCHE A COSTO ZERO
La causa di fondo del debito incontenibile e inestinguibile è che la moneta viene creata dalla banche, con la conseguenza che lo Stato non può fare altro che accumulare sempre più debito. La moneta viene creata a costo zero dal sistema bancario, viene addebitata alla collettività iscrivendola a passività, è responsabile della crescita globale del debito senza controllo.
Il processo della perdita della sovranità monetaria iniziò nel 1981 con il cosiddetto “divorzio” tra la Banca d’Italia e il Ministero del Tesoro, che avviò la truffa del debito dello Stato nei confronti delle banche, la crescita dell’indebitamento pubblico e privato a beneficio delle banche, culminando nella perdita totale della sovranità monetaria con l’adozione dell’euro il primo gennaio 2002.
Dal 1863 al 1981 il debito pubblico era inferiore ad 80 miliardi di euro; dal 1981 in poi è salito in modo esponenziale ed incontrollabile fino a raggiungere nel 2020 i 2.600 mld (pari al 162% del Pil).
Da notare che la dinamica del debito non è dipendente da quella della spesa pubblica che, a causa delle politiche di austerità economica, si è andata via via riducendo nel tempo. Il debito cresce solo a causa degli interessi che sui cumulano sullo stesso nel tempo.
PER AVERE L’EURO LO STATO È COSTRETTO A INDEBITARSI PRESSO LE BANCHE
Nel caso specifico dell’euro, la Bce (Banca Centrale Europea) che ha la titolarità dell’emissione della moneta comune, dà la moneta solo alle banche commerciali.
In Italia attualmente l’unica banca commerciale interamente dello Stato è Mediocredito Centrale, controllato da Invitalia, Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A., partecipata interamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Mediocredito Centrale controlla la Banca Popolare di Bari e la Cassa di risparmio di Orvieto.
La Cassa Depositi e Prestiti, è una istituzione finanziaria sotto forma di società per azioni a controllo pubblico, con l’84% delle azioni del Ministero del Tesoro e il 15% di Fondazioni bancarie private.
Il Monte dei Paschi di Siena è stato al 64,2% dello Stato; dopo aver speso 8 miliardi di euro per salvarlo, l’attuale ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo di Giorgia Meloni, Giancarlo Giorgietti (della Lega), ha liquidato il 25% delle quote a soli 920 milioni di euro.
Lo Stato per poter disporre dei soldi necessari per far fronte al costo della Pubblica amministrazione, che nel 2022 è stato pari 1.033 miliardi di euro, il 54% del Pil, che è pari a 1.909 milioni di euro (2022), è costretto a emettere regolarmente titoli di Stato, Btp (Buoni del Tesoro Poliennali, della durata di 3, 5, 10, 15 e 30 anni), Cct (Certificati di credito del Tesoro di durata di 7 anni), Ctz (Certificato del Tesoro Zero-coupon, di durata di 24 mesi), Bot (Buono ordinario del Tesoro, della durata di 3, 6 e 12 mesi). Sono titoli di debito per i quali lo Stato paga degli interessi agli acquirenti che all’85% sono le banche.
Così facendo lo Stato aumenta il debito pubblico (2.762,5 miliardi), e aumenta gli interessi sul debito pubblico. Siccome lo Stato non può fallire, l’onere ricade sui cittadini, sulle famiglie e sulle imprese, con l’aumento delle tasse dirette o indirette che in Italia hanno raggiunto un primato mondiale oscillando tra il livello esorbitante del 60 e il 70 per cento.
È del tutto evidente che lo Stato è avviluppato in una spirale suicida che lo obbliga a indebitarsi per ripianare il debito, con la conseguenza di condannare a morte i cittadini, le famiglie e le imprese costretti a pagare tra i più alti livelli di tassazione al mondo.
È veramente sconvolgente il fatto che lo Stato, depositario assoluto della prerogativa di emettere la moneta e unico vero garante della legittimità e credibilità della moneta, abbia rinunciato alla sovranità monetaria conferendo alle banche la prerogativa di emettere la moneta e auto-imponendosi l’onere di acquistare la moneta dalle banche, creando e alimentando così il debito pubblico che corrisponde a un vantaggio per le banche e a un onere per i cittadini che pagano gli interessi alle banche attraverso le tasse. Il debito pubblico italiano è per metà in mano agli stranieri, principalmente banche tedesche e francesi, e l’altra metà è interno all’Italia.
LA BANCA D’ITALIA È IL PIU’ GRAVE CONFLITTO D’INTERESSE: IL CONTROLLORE E IL CONTROLLATO SONO LO STESSO SOGGETTO
L’unica soluzione all’abbraccio mortale del debito è che la moneta venga emessa dallo Stato e non più dal sistema bancario, tornando ad un modello di gestione del credito che fino al 1980 aveva garantito il controllo delle masse debitorie e favorito lo sviluppo industriale.
Nel 1981 la Banca d’Italia cessò di acquistare le obbligazioni che il Governo non riusciva a piazzare sul mercato, causando la crescita del debito pubblico, l’avvio della truffa dell’emissione della moneta bancaria, la privatizzazione delle banche pubbliche.
La privatizzazione delle banche e di enti pubblici ha radicalmente trasformato la realtà della Banca d’Italia, che pur restando un ente di diritto pubblico, le sue quote sono al 94% detenute da banche e enti privati, a partire da Intesa San Paolo e Unicredit che detengono oltre il 30% delle quote. Solo il 6% delle quote sono della Cassa Depositi e Prestiti che non è interamente dello Stato ed è comunque una società per azioni quotata in Borsa.
La triste realtà è che in Italia abbiamo una sola banca interamente pubblica, al contrario della Germania dove circa il 60% delle banche sono pubbliche. La banca pubblica ha l’impareggiabile vantaggio di poter ottenere la moneta dalla Bce e dare la moneta allo Stato, alle imprese e ai cittadini a un tasso pressoché invariato. In Italia invece le banche private danno il denaro a un tasso superiore, determinando la condizione di notevole svantaggio rispetto alla Germania.
Essendo un ente di diritto pubblico la Banca d’Italia non può fallire e ha la facoltà di intervenire per salvare il sistema bancario italiano che è interamente privato.
Questa realtà fa della Banca d’Italia il più grave conflitto d’interessi nel nostro Paese dal momento che il controllore e il controllato sono lo stesso soggetto. Ed essendo la moneta la materia del controllo, ed avendo la moneta raggiunto uno strapotere nella nostra vita, si comprende bene l’assoluta e urgente necessità che la Banca d’Italia torni ad essere dello Stato.
Fu nel 1936 che il governo fascista nazionalizzò la Banca d’Italia che fino ad allora era una banca quotata in Borsa, espropriando gli azionisti privati e cedendo le loro quote a enti statali.
Ma a partire dalle privatizzazioni decise da un gruppo di politici e banchieri italiani e stranieri a bordo del panfilo Britannia della famiglia reale britannica attraccato al porto di Civitavecchia il 2 giugno 1992, il cui regista fu Mario Draghi all’epoca Direttore generale del Ministero del Tesoro, con il Governo presieduto da Giuliano Amato e Romano Prodi alla Presidenza dell’Iri, questi enti non più statali hanno acquisito il controllo della Banca d’Italia.
LA FINE DELLA CONVERTIBILITÀ DEL DOLLARO IN ORO
Il 15 agosto del 1971 il Presidente americano Richard Nixon, prendendo atto che l’ammontare dei dollari in circolazione a livello mondiale era pari a circa sette volte il valore delle riserve auree statunitensi, pose fine alla convertibilità del dollaro in oro.
Da allora siamo entrati di fatto un una nuova era, quella della «moneta legale», o «moneta a corso legale», o «moneta fiduciaria», o «moneta fiat», e si intende una moneta che, da un lato, non è garantita da riserve di materiali preziosi (ad esempio riserve auree) ed è quindi priva di valore intrinseco, dall’altro che il valore della moneta è legato essenzialmente alla credibilità dello Stato che la emette e alla fiducia accordata da chi riceve la moneta.
Ad oggi il dollaro è la valuta più accreditata al mondo perché il mondo attribuisce credibilità agli Stati Uniti e alla sua economia e noi ci fidiamo della validità del dollaro, anche se di fatto gli Stati Uniti sono il Paese più indebitato al mondo in valori assoluti, con un debito pubblico nel 2020 pari a 3,1 trilioni di dollari.
Oggi tutte le monete degli Stati, dollaro, euro o yen, sono monete legali, l’opposto della moneta-merce, il cui valore deriva dal materiale con cui sono create, d’oro o d’argento. La moneta-merce sostituì il baratto, parametrando il valore di un bene o di un servizio e consentendone lo scambio a distanza. La moneta-merce era pertanto strettamente connessa all’economia reale che si sostanzia di beni e di servizi posseduti o prodotti. Con la moneta-merce si era ricchi se si possedevano beni o servizi che sostanziano la ricchezza, oggi si è ricchi se si possiede la moneta anche se è di natura speculativa del tutto sconnessa dall’economia reale.
LA FINANZA SPECULATIVA PONE FINE ALLA “SEPARAZIONE BANCARIA”
Gli Stati Uniti si salvarono dalla “Grande Depressione” del 1929, la più grave crisi economica dopo la Prima Guerra mondiale che successivamente colpì il mondo intero, attuando la “separazione bancaria” con il Glass Steagal Act del 1933.
La “separazione bancaria” è una legge con cui lo Stato separa l’attività delle banche commerciali, quelle che raccolgono il risparmio dei cittadini e lo reinvestono nello sviluppo del territorio locale, dalle banche d’affari dedite a attività speculative. Sostanzialmente non permette che i risparmi dei cittadini vengano investiti in Borsa o in speculazioni finanziarie.
Negli Stati Uniti fu il Presidente democratico Bill Clinton nel 1999 a porre fine alla “separazione bancaria” con il Gramm-Leach-Bliley Act, avviando l’ascesa e il predominio delle banche d’affari e della speculazione finanziaria.
DRAGHI HA CONSENTITO ALLE BANCHE D’AFFARI DI FAGOCITARE LE BANCHE COMMERCIALI
In Italia la legge sulla separazione bancaria entrò in vigore nel 1936 sotto il fascismo, con la la “Legge Bancaria” che stabilì la nazionalizzazione di Banca d’Italia e la separazione tra banche d’affari e banche commerciali.
Ma il primo settembre 1993, con il “Testo Unico Bancario”, elaborato da Mario Draghi, all’epoca Direttore Generale del Ministero del Tesoro, promulgato dal Governo di centro-sinistra presieduto da Carlo Azeglio Ciampi che era stato il Governatore della Banca d’Italia, si pose fine alla “separazione bancaria” e le banche tornarono a poter svolgere sia attività di credito e risparmio sia attività speculativa.
Il risultato è che le banche d’affari hanno preso il sopravvento sulle banche commerciali, sono iniziati gli accorpamenti al punto che oggi in Italia non esiste più una sola banca singola ma solo gruppi bancari.
CON 1.500.000 LIRE UNA FAMIGLIA VIVEVA DIGNITOSAMENTE, CON 750 EURO NON SOPRAVVIVE
Il fatto incontrovertibile è che fino al 2001 una famiglia italiana di quattro persone, padre, madre e due figli, con 1.500.000 lire al mese viveva dignitosamente. Se il reddito arrivava a 2 milioni di lire, la famiglia di quattro persone viveva bene, nel senso che oltre a soddisfare le necessità di base poteva permettersi una vacanza di un paio di settimane affittando un appartamento al mare o in montagna.
Dal primo gennaio 2002 con l’entrata in vigore dell’euro, la famiglia di quattro persone è improvvisamente diventata povera, perché i corrispettivi in euro del 1.500.000 o 2 milioni di lire, pari a 750 o mille euro, si sono rivelati del tutto insufficienti a garantire anche semplicemente una vita dignitosa non a quattro persone ma a una sola persona.
È un fatto oggettivo che l’euro ha raddoppiato il costo della vita e dimezzato il potere d’acquisto degli italiani. Ciò che si acquistava con mille lire costò 1 euro, pari per la precisione a 1.936,27 lire, cioè il doppio.
La specificità e al tempo stesso l’anomalia dell’euro è che è l’unica moneta al mondo emessa in assenza di uno Stato. L’Unione Europea è un’organizzazione internazionale a cui aderiscono attualmente 27 stati, ma non è uno Stato, anche se di fatto s’impone in modo invasivo nei confronti degli stati membri come se essa stessa fosse uno Stato.
Di conseguenza la Banca Centrale Europea è l’unica Banca centrale al mondo che non risponde del proprio operato a uno Stato. Si comprende pertanto perché lo
Statuto e il mandato della Banca Centrale Europea hanno come finalità la stabilità dell’euro, mentre è del tutto velleitario immaginare che la Bce possa assumere come priorità lo sviluppo degli Stati e il benessere dei popoli.
Dei 27 Stati membri dell’Unione Europea, 18 hanno adottato l’euro e 9 Stati non intendono rinunciare alla propria moneta nazionale. E guarda caso sono proprio questi ultimi Stati quelli che economicamente stanno meglio.
Di fatto l’euro non è mai stato una moneta comune. La Germania paga un tasso d’interesse sul debito prossimo allo zero, mentre l’Italia supera il 3%. A causa dei sempre più stringenti e penalizzanti vincoli europei, le tasse in Italia, tra quelle dirette e indirette, arrivano al 60% mentre in Irlanda sono il 26% e la media nell’Unione Europea è del 40%.
IN ITALIA SI È PERPETRATO UN CRIMINE EPOCALE: LO STATO RICCO SI È TRASFORMATO IN UNA POPOLAZIONE POVERA
L’Italia ha di tutto e di più per far stare bene tutti, eppure ci sono, secondo l’Istat, 5,6 milioni di residenti in povertà assoluta, 2,9 milioni in povertà relativa, circa 3 milioni di italiani che per sopravvivere ogni giorno si mettono in fila alle mense dei poveri o, se la loro dignità non glielo consente, ricevono i pacchi viveri a casa.
Lo Stato, perdendo la sovranità monetaria, non potendo fare una politica monetaria comprensiva della svalutazione della moneta per rendere competitive le nostre esportazioni, finisce per svalutare i salari degli italiani per adeguarli ai salari dei paesi con un reddito inferiore.
In Italia si è perpetrato un crimine epocale: lo Stato ricco si è trasformato in italiani poveri. Al momento dell’adozione dell’euro nel 2002, il patrimonio delle famiglie italiane era stimato in 9.750 miliardi di euro, il più cospicuo di tutt’Europa, ovvero le famiglie italiane possedevano più delle famiglie in Germania, Francia o Gran Bretagna.
In Italia le aziende sane e d’eccellenza muoiono non perché hanno dei debiti ma perché vantano dei crediti, in un contesto in cui il principale debitore insolvente è lo Stato, che deve circa 53 miliardi di euro alle imprese.
Di fatto è proprio il debito statale a bloccare la circolazione della moneta nel sistema produzione-consumi. Se lo Stato non paga le aziende, gli imprenditori non riescono a pagare i propri creditori. Ma sono però costretti a pagare le tasse e tutte le altre utenze pubbliche.
E se a ciò si aggiunge che, da un lato le banche restringono annualmente il credito alle imprese e alle famiglie e, dall’altro, le tasse aumentano sempre di più, il risultato è che l’imprenditore è costretto a fallire perché non ha i soldi per pagare le tasse statali e locali, i propri fornitori e dipendenti.
LA CAMPAGNA TERRORISTICA CONTRO L’USCITA DELL’ITALIA DALL’EURO
Ad eccezione della classe politico-affaristica che ha svenduto l’Italia, tutti gli italiani che lavorano e, giorno dopo giorno devono far quadrare i conti, prendono atto che siamo precipitati nella peggior crisi dal dopoguerra e che sopravvivere è diventato sempre più difficile.
Ugualmente tutti gli italiani di buon senso ed onesti si ricordano e sono consapevoli che con la lira stavamo meglio, mentre con l’euro stiamo peggio. Infine tutti gli italiani che vivono con il sudore della propria fronte sono assolutamente certi che così non si può andare avanti e che in ogni caso dobbiamo cambiare.
Tuttavia gran parte sono sopraffatti dalla paura per ciò che potrebbe accadere se abbandonassimo l’euro, finendo per non rendersi conto che restare nell’euro significa comunque rassegnarsi alla condanna a morte.
Gli adoratori dell’euro sostengono a viva voce che la moneta unica è ormai un processo irreversibile e che riesumare la lira si tradurrebbe in una catastrofe di proporzioni immani: imprenditori e lavoratori si suiciderebbero in massa, i pensionati finirebbero tutti sui marciapiedi a mendicare, i risparmiatori vedrebbero sparire i loro depositi bancari, il costo della vita raggiungerebbe cifre impossibili a scriversi con milioni di zeri, gli italiani per sopravvivere si allineerebbero in colonna alle mense dei poveri, l’Italia si ridurrebbe a una repubblica delle banane perché non riusciremmo più a pagare gli interessi sul debito che schizzerebbero alle stelle dei pianeti più distanti.
Ma tutto ciò non corrisponde in realtà al nostro presente, alla tragedia in cui ci ha fatto sprofondare l’euro? Io dico che nella vita tutto è reversibile, compreso l’euro, mentre ciò che è irreversibile è il nostro inalienabile diritto alla vita, alla dignità e alla libertà.
L’ITALIA HA GIA’ SPERIMENTATO CON SUCCESSO L’USCITA DALLO SME, IL PRECURSORE DELL’EURO
L’Italia ha già sperimentato con successo l’uscita dallo Sme, il precursore dell’euro
Quando ci dicono che abbandonare l’euro e tornare ad avere una moneta sovrana si tradurrebbe in una catastrofe di dimensioni cosmiche, ricordiamoci che di fatto la lira ha già superato con successo l’uscita dal precursore dell’euro, lo Sme (Sistema monetario europeo) che, al pari dell’euro, era un sistema monetario con cambi pressoché fissi in quanto li vincolava a rigide bande di oscillazioni.
Ebbene nel 1992, prendendo atto che lo Sme aveva danneggiato la nostra economia, la lira tornò ad essere una valuta pienamente sovrana. Nonostante una svalutazione rilevante del 30%, l’inflazione non solo non aumentò ma addirittura si ridusse di mezzo punto e le esportazioni decollarono. L’Italia divenne la quarta potenza economica mondiale. Fu l’ultimo boom economico della nostra storia contemporanea, prima di finire fagocitati nella tirannia dell’euro.
TASSO DI CONCAMBIO DI 1 A 1 TRA L’EURO E LA NUOVA LIRA
Lo Stato al fine di difendere l’interesse supremo degli italiani, deciderà di mantenere immutato il potere d’acquisto stabilendo il valore di concambio di 1 a 1 tra l’euro e la nuova lira: significa che 1 euro varrà 1 nuova lira. Non torneremmo quindi alla vecchia lira al tasso di concambio di 1936,27, che dimezzò il nostro potere d’acquisto dalla mattina alla sera.
Dal momento che il 95% della massa monetaria in circolazione è “moneta bancaria”, ossia operazioni bancarie virtuali che avvengono tramite carte di credito, assegni e bonifici, mentre solo il 5% è moneta contante, l’incidenza del cambio dall’euro alla nuova lira sarà nulla per la quasi totalità delle transazioni finanziarie interne. Gli stipendi, i depositi bancari, le pensioni, i prezzi dei beni e dei servizi resteranno immutati.
Il tasso ufficiale di sconto rifletterà una politica monetaria espansiva e verrà mantenuto a livelli estremamente bassi. Il concambio permetterà di rinominare le attività e passività finanziarie esattamente della stessa entità di quelle precedentemente detenute in euro.
In termini nominali non cambierà assolutamente nulla. Chi percepiva uno stipendio di 1.500 euro, continuerà a percepire uno stipendio di 1.500 nuove lire; chi avesse acceso un mutuo bancario di 100.000 euro, continuerà ad avere un mutuo di 100.000 nuove lire. Anche i depositi bancari ed i risparmi non subiranno alcuna variazione, semplicemente verranno rinominati in nuove lire.
La paura che uscendo dall’euro vi possa essere un notevole deprezzamento della nuova lira, oltre che ad essere una ipotesi assolutamente teorica, riguarderebbe esclusivamente le transazioni verso l’estero, mentre non avrebbe alcun effetto sulle transazioni interne. Il prezzo del pane, della benzina, dell’energia non subirebbero alcun incremento sostanziale.
Nella rappresentazione delle conseguenze catastrofiche che si verificherebbero qualora abbandonassimo l’euro e adottassimo una nuova lira, si menziona il caso del prezzo del litro di benzina sostenendo che salirebbe alle stelle. Ebbene si tratta di una sciocchezza assoluta.
Se consideriamo che sul prezzo del litro di benzina grava circa il 70% di tasse e di accise imposte dallo Stato e che questo 70% non subisce alcuna variazione se viene riscosso in euro o nella nuova lira di pari valore, ciò che aumenterà sarà esclusivamente il costo della materia prima che corrisponde a circa il 25% del prezzo complessivo del litro alla pompa.
Gli economisti seri prevedono che, calcolando ad esempio una svalutazione media del 20% nei confronti del dollaro, l’aumento del prezzo del litro di benzina potrebbe essere del 5%, in quanto il prezzo del greggio incide per il 25% sul prezzo complessivo, tuttavia potrebbe essere annullato riducendo del 5% le tasse.
PIANO IN SETTE PUNTI PER USCIRE DALL’EURO
Un governo che ha a cuore il bene degli italiani annuncia che, in deroga al Trattato di Maastricht, l’Italia riscatta la sovranità monetaria e lo Stato torna a emettere direttamente moneta a credito.
La gestione ed il controllo della circolazione monetaria vengono svolti dalla Repubblica Italiana tramite la Presidenza del Consiglio dei Ministri e specificatamente il Ministero del Tesoro.
Il piano dovrà svilupparsi come segue:
1 – Attraverso la preventiva creazione di un sistema bancario pubblico, fornire allo Stato un sistema di acquisto del debito pubblico senza dover dipendere dagli acquisti fatti dalla Bce; in pratica, utilizzare inizialmente il sistema bancario pubblico come prestatore di ultima istanza ed in un secondo momento, usciti dall’euro, riportare la Banca d’Italia a questo ruolo essenziale.
2- Interrompere l’emissione di Btp e finanziare il debito emettendo Bot od altre tipologie debitorie in modo tale da ridurre il tasso d’interesse sullo stesso e realizzare una politica di “repressione finanziaria”, ovvero pagare interessi sui Bot inferiori all’inflazione che, nel corso degli anni andrebbero a ridurre il debito pubblico.
3- Al fine di evitare che la speculazione attacchi il nostro debito, dichiarare la valenza fiscale dei titoli del debito italiano, ovvero che lo Stato li accetterà al valor nominale per il pagamento delle imposte.
4- Per evitare distorsioni nei prezzi, stabilire il tasso di concambio di 1 euro per ogni nuova lira (cambio 1 a 1).
5- Attraverso la Banca d’Italia, o anche il sistema bancario nazionale, o mediante la creazione di crediti d’imposta elettronici e cedibili (che non sono debito pubblico), procedere ad una massiccia riduzione delle imposte di almeno 150 miliardi di euro, realizzando una creazione permanente di moneta mediante emissione di titoli di Stato finalizzati alla riduzione delle imposte ed al rilancio dell’economia.
6- Varare una nuova regolamentazione del sistema bancario disciplinandone sia l’ammontare del credito erogabile in relazione al valore dei depositi, che la qualità dello stesso ovvero, attraverso le direttive della Banca d’Italia, individuare selettivamente l’ammontare (quantità) e la destinazione del credito (qualità) in modo da evitare il formarsi di bolle speculative come ad esempio, quella immobiliare.
7- Nell’immediatezza dell’abbandono dell’euro predisporre meccanismi, come tasse sui movimenti capitali, per evitare la fuga di questi arrivando in caso di necessità a predisporne il blocco totale.
PROGETTI PER PROMUOVERE LO SVILUPPO
Una volta che lo Stato potrà tornare ad emettere direttamente moneta a credito ed una volta che verrà nazionalizzata la Banca d’Italia (liquidando le quote azionarie oggi in possesso delle banche ed enti privati), o in alternativa affidare in via esclusiva al Ministero del Tesoro l’emissione della moneta tramite la Zecca di Stato, cesserà la truffa del debito pubblico bancario che tornerà ad essere una partita di giro tra due istituzioni entrambe statali, il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia.
A quel punto per risollevare le sorti della nostra economia e consentire agli italiani di ritornare a vivere, lo Stato senza indebitarsi presso le banche e senza aumentare le tasse, potrà emettere direttamente moneta e immettere sul mercato l’ammontare del denaro necessario per realizzare una strategia straordinario per il rilancio dello sviluppo.
Questi sono alcuni provvedimenti da me concepiti:
1- Restituire i 53 miliardi di crediti delle aziende.
2- Finanziare un Piano straordinario per la messa in sicurezza del territorio nazionale, per salvaguardare dalle conseguenze dei terremoti e del dissesto idro-geologico la vita dei cittadini e il nostro patrimonio ambientale e culturale, le risorse ineguagliabili, inestimabili, non clonabili e non delocalizzabili che possediamo, affidandone la gestione agli imprenditori privati, dando la priorità ai piccoli e medi imprenditori radicati sul territorio e in ogni caso favorendo le imprese italiane rispetto a quelle straniere.
3- Finanziare un Piano straordinario per acquisire l’autonomia e l’indipendenza energetica anche attraverso la gestione integrata dei rifiuti a livello nazionale. I rifiuti, che comunque noi produciamo, sono una risorsa straordinaria destinata a diventare la fonte di una ricchezza cospicua e perpetua. Le tecnologie esistenti permettono la realizzazione di un ciclo virtuoso in cui si effettua il riciclaggio e il recupero dei rifiuti e la loro valorizzazione energetica trasformandoli da prodotto di scarto, fonte di inquinamento dell’ambiente che lede alla salute, in risorsa vitale che ci renderà del tutto autonomi sul piano energetico.
4- Finanziare un Piano straordinario di ricollocamento del personale della Pubblica amministrazione eccedente o comunque improduttivo, sia attraverso dei corsi di formazione e riqualificazione professionale nel caso di passaggio ad altri incarichi, sia erogando micro-crediti a fondo perduto per avviare attività imprenditoriali autonome previa adeguata verifica.
5- Conseguire l’autonomia alimentare ripristinando la realtà delle coltivazioni diversificate e su piccoli appezzamenti di terra a gestione familiare.
6 – Garantire all’Italia la sovranità informatica promuovendo una infrastruttura autonoma dai colossi mondiali, Amazon, Facebook, Twitter, Youtube, specie dopo che recentemente hanno dimostrato di essere parte integrante della dittatura mediatica finalizzata a sottometterci al Nuovo Ordine Mondiale.
7 – Il consolidamento delle nostre Forze armate, con la ricostituzione dell’Esercito di leva e il sostegno all’industria bellica.
8 – Il consolidamento delle nostre Forze dell’ordine, con l’unificazione dei vari corpi (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Guardia carceraria), l’arruolamento delle giovani leve, la dotazione di armamento adeguato, l’addestramento professionale continuativo.
LE TRE “T” DEL NUOVO MODELLO DI SVILUPPO: TERRA, TRADIZIONE, TALENTI
Il nuovo modello di sviluppo per l’Italia è basato su tre “T”, “Terra, Tradizione, Talenti”, che corrispondono ai tre patrimoni ambientale, culturale e umano ineguagliabili, inestimabili, non-clonabili e non delocalizzabili dell’Italia: siamo il Paese più bello al mondo, abbiamo il patrimonio culturale più cospicuo dell’umanità, la creatività degli italiani è un valore aggiunto che crea eccellenza in ogni scibile umano.
Vanno concepiti come volani dello sviluppo la filiera agroalimentare d’eccellenza; il turismo che veicola i vari comparti produttivi; la creatività nell’ambito artistico, umanistico e scientifico; la tutela dell’autenticità ed esclusività dei beni immobili, delle opere dell’ingegno, dei prodotti italiani sul territorio nazionale e in tutto il Mondo.
L’ITALIA IL PAESE NUMERO 1 AL MONDO PER LA QUALITA’ DELLA VITA
L’Italia ha tutti i requisiti per diventare il Paese numero uno al mondo per la qualità della vita. Ora l’Italia è inesorabilmente perdente perché siamo costretti a competere sul piano della quantità dei beni e dei servizi, producendo il più possibile al minor costo possibile, ciò che si traduce nella crescita del Pil ma nella riduzione dei cittadini in stato di schiavitù esistenziale e di povertà economica.
Lo Stato definisce le linee guida dello sviluppo e affida la gestione dello sviluppo agli imprenditori privati che hanno a cuore il successo della propria attività.
Lo Stato, restringendo l’ambito delle proprie competenze, dovrà snellire considerevolmente il proprio apparato burocratico e ridurre drasticamente i propri costi, cominciando ad eliminare i compensi stratosferici dei dirigenti pubblici compresi quelli dei magistrati, così come cesserà di sostituirsi agli imprenditori eliminando le strutture clientelari e parassitarie, le Municipalizzate, le Partecipate e tutti i “postifici” che sperperano il denaro pubblico alimentando la corruzione e favorendo la criminalità organizzata, offrendo dei servizi onerosi e inefficienti.
Serve un nuovo modello fiscale basato sul principio che “le tasse si pagano una sola volta alla fonte” e che “non si tassano beni acquistati con denaro tassato”, a partire dalla casa che è il bene rifugio in cui ha investito l’80% delle famiglie italiane.
La drastica riduzione dei costi dello Stato, l’autonomia amministrativa e finanziaria dei Comuni, l’affidamento della gestione dello sviluppo agli imprenditori privati, consentono un drastico abbattimento della tassa unica con una sola aliquota del 20%, da corrispondere direttamente ai Comuni.
Questo favorisce l’accertamento che le tasse vengano pagate da tutti senza alcuna eccezione, perché in seno alla comunità locale è più difficile evadere le tasse così come è più difficile rubare il denaro pubblico.
Un’unica tassa equa è l’antidoto sia all’evasione fiscale sia al lavoro nero che in Italia rappresentano circa un quarto del Pil, assicurando maggiori risorse a beneficio dell’insieme della collettività.
I Comuni, sulla base del principio della solidarietà nazionale, versano una quota delle tasse allo Stato per consentire l’esercizio delle funzioni di sua esclusiva pertinenza, la Difesa, la Sicurezza, la Politica estera, la Sanità, l’Istruzione, la Giustizia, la tutela dei beni strategici dell’acqua, il clima e il territorio.
NON C’È PIU’ TEMPO: MOBILITIAMOCI PER IL RISCATTO DELLA SOVRANITA’ NAZIONALE
Non c’è più tempo: mobilitiamoci per il riscatto della sovranità nazionale
La situazione economico-sociale dell’Italia era difficile prima della pandemia di Covid-19 e ora è diventata disperata.
Già prima della pandemia in Italia ogni giorno morivano mille partite Iva, micro- imprese a gestione familiare, con la perdita definitiva di un patrimonio imprenditoriale, la devastazione delle famiglie, l’impoverimento degli italiani e l’istigazione al suicidio dei soggetti più fragili.
E più passa il tempo più l’insieme del nostro tessuto economico e sociale si deteriora e più perdiamo pezzi della nostra civiltà, trasformandoci man mano in colonia economica cinese e una landa deserta sul piano valoriale, facile preda del radicalismo islamico.
Questa classe politica venduta ai poteri finanziari globalizzati, capaci d’indebitare il mondo intero per un ammontare pari a tre volte il valore del Pil mondiale, non è più in grado di risollevare le sorti dell’Italia e perseguire il bene degli italiani. Prolungano scientificamente la nostra agonia per ridurci a un tale stato di prostrazione che, tra non molto, noi italiani li ringrazieremo quando a fine giornata ci concederanno il piatto di minestra.
Non c’è più tempo. L’unica via d’uscita da questa tragedia è il riscatto della nostra sovranità monetaria, uscendo dall’euro; attuando simultaneamente la nazionalizzazione della Banca d’Italia, la creazione di un sistema bancario pubblico con Medio Credito Centrale, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Bari e Carige, per garantire liquidità al sistema produttivo ed anche per finanziare direttamente lo Stato senza dover passare per il sistema bancario ed il mercato; bisogna separare le banche commerciali dalle banche d’affari e limitare la loro capacità di credito alla quantità di depositi raccolti presso la clientela.
È arrivato il momento di mobilitarci per il riscatto della sovranità nazionale sul piano monetario, economico, legislativo, giudiziario, della difesa e della sicurezza, alimentare, energetico e informatico, affinché l’Italia acquisisca una indipendenza autentica come Stato nazionale sovrano.
Riscattare la sovranità monetaria affrancandoci dall’euro è parte integrante della nostra liberazione dalla dittatura relativista che pervade questa Unione Europea. Il peso specifico del sistema di potere incentrato sulla moneta unica va di pari passo con l’imposizione, attraverso le leggi europee che corrispondono all’80% delle leggi nazionali, di una strategia che ci sta spogliando di ciò che sostanzia l’essenza stessa della nostra umanità.
Se dobbiamo liberarci di questa Unione Europea che ci impone leggi finanziarie inique e vessatorie, come il Fiscal Compact, il Mes o Fondo Salva Stati e il Patto di stabilità, lo dobbiamo fare soprattutto perché sta scardinando la certezza di chi siamo come persona, famiglia naturale, comunità locale, valori non negoziabili a partire dalla sacralità della vita, certezza delle regole che si sostanziano non solo di diritti ma anche di doveri, il legittimo traguardo del bene comune. Ecco perché noi diciamo «No all’euro» e anche «No a questa Unione Europea».
Cari amici, andiamo avanti sulla retta via a testa alta e con la schiena dritta, forti di verità e con il coraggio della libertà. Con l’aiuto del Signore insieme ce la faremo a realizzare il miracolo per far rinascere la nostra civiltà, salvare gli italiani, riscattare l’Italia.
Magdi Cristiano Allam
Fondatore della Comunità “Casa della Civiltà”
Lunedì 8 aprile 2024