Da tempo giravano intorno, colpivano nei paraggi, cancellavano Chaucher e Shakespeare, Manzoni e Verdi. Ora arriviamo al Vertice, al Sommo Poeta, al Paradiso mandato diritto all’Inferno. Dico di Dante Alighieri, censurato in una scuola di Treviso. Un solerte professore, di quelli che purtroppo non mancano nella scuola italiana, un perfetto integrato (stavo usando un altro sostantivo) nella nuova Europa che si dà le martellate sui genitali e si dichiara europeista ma nemica della civiltà europea e della sua più alta tradizione, ha informato le famiglie islamiche di due suoi alunni che toccandogli di parlare a scuola della Divina Commedia, e trattandosi di un’opera religiosa, di quella spregevole e minore religione denominata cristiana, cattolica e romana, ha chiesto ai genitori se volessero per caso esonerare i due ragazzi dall’immonda propaganda fidei del fetentissimo poeta. E loro hanno creduto al professore, e hanno chiesto l’esonero dei due ragazzi. La sostituzione ha qualcosa di ancora più ridicolo: al posto di Dante i due ragazzi studieranno un programma alternativo dedicato a Boccaccio. Da noi si dice boccaccesco ciò che è considerato lascivo, peccaminoso, piccante. Sicché per la mente piccina del prof è offensivo per un islamico studiare Dante mentre il Decamerone di Boccaccio no. Un vero islamico o un normale istruito inorridirebbe per la sostituzione.
E dire che il nostro ambasciatore nel mondo è la società Dante Alighieri, diffusa anche nei paesi islamici, perché è il nostro poeta universale, il padre della nostra lingua e civiltà.
La storia di Dante islamofobo, che manda all’inferno Maometto, ha trovato recente consacrazione addirittura nelle Nazioni Unite, dove un’organizzazione non governativa, leggi ong per capirsi meglio, Gherus92, ha chiesto di abolire la Divina Commedia per le frasi offensive verso l’Islam contenute nell’opera. Presto si accoderà l’Europa a sancire una condanna all’inferno di Dante e all’esilio dai programmi scolastici perché Islamofobo e naturalmente anti lgbtq+.
Ora, per cominciare, è pura follia distruttiva la censura letteraria. E’ doppia follia distruttiva la censura retroattiva, che cancella secoli e millenni andati perché non conformi ai pregiudizi del presente. Ed è triplice follia distruttiva la censura verso i Grandi, i Capolavori d’Arte, Pensiero e Letteratura. Che si dovrebbe a rigore estendere pure ai Libri sacri di tutti i monoteismi, Corano incluso, decisamente in contraddizione con il catechismo woke di oggi.
Su Dante c’è poi un’aggravante e perfino una curiosa beffa. Se poco poco i docenti andassero oltre la scuola dell’obbligo, e si occupassero della letteratura che devono insegnare ai loro alunni, scoprirebbero che Dante si ispirò per la Divina Commedia a un libro nato nella cultura islamica, diffuso in Europa nella sua epoca e attribuito al suo tempo addirittura allo stesso Maometto: il Libro della Scala. Se solo sapessero di più dei Bignami o delle figurine Panini della Letteratura, saprebbero che Dante studia il pensiero antico tramite due arabi, Averroé, che chiama gran commentatore di Aristotele e Avicenna. E nel Limbo Dante colloca tra i giusti perfino Saladino, ritenuto un sovrano illuminato. Senza addentrarci negli studi esoterici e nelle assonanze con i Sufi; ma sarebbe troppo pretendere di conoscere quel che un grande studioso europeo convertitosi all’Islam, René Guenòn, scrisse a tale proposito.
Al tempo di Dante, Maometto era considerato nella cristianità come un prete che aveva abiurato alla fede, e perciò il Poeta lo colloca tra i seminatori di “scandalo e di scisma”.
Ma a parte tutto, a parte anche la grandezza del Poeta, al di là della percentuale di dissenso o consenso che si può registrare (formidabili atei e non credenti lessero e amarono il “poema religioso” dantesco) bisogna pur dire due cose. La prima è che non si può cancellare ogni pensiero divergente e ogni grandezza se non corrisponde al punto di vista del singolo lettore. Questa soggettivizzazione del mondo, questa cancellazione universale sulla base di ciò che piace o dispiace al singolo lettore e al suo mondo, è una bestialità anche dal punto di vista della tradizione islamica e del senso del giusto e del vero che dovrebbe riguardare tutti. Non possiamo ricostruirci a nostro gusto l’università, come se fosse un prefabbricato lego, solo con le cose che ci piacciono; il mondo, la storia, la civiltà, la letteratura esistono indipendentemente dall’occhio e dal gusto di chi l’osserva.
E infine, l’osservazione più elementare e più banale: ma sanno gli islamici in che paese sono venuti, di loro spontanea volontà? Faremmo mai noi in un paese islamico una richiesta del genere, e soprattutto troveremmo mai in un paese islamico un insegnante come quelli nostrani, che cancella la sua cultura, le sue radici per non offendere la nostra sensibilità europea, laica e cristiana?
Ma quando camminano per le strade d’Italia, questi islamici, non si sentono offesi dalle chiese, dalle cattedrali, dai musei, dalle opere d’arte, dai palazzi dedicati alla cristianità? Quando vanno nei nostri ospedali, si accorgono che sono spesso dedicati a figure di religiosi e di santi perché furono opere di carità edificate nel nome della religione cristiana, cattolica apostolica romana?
E se tutto questo dà loro fastidio, chiudano gli occhi, si tappino le orecchie, disattivino il cervello. O più semplicemente tornino nei loro paesi islamici. Lo dico senza nessuna ostilità ma come rigorosa conseguenza di quel che succede. Anche se alla fine la cosa peggiore non è che un islamico faccia l’islamico, ma che un italiano, un europeo, un insegnante si vergogni delle sue origini, le tradisca e faccia semplicemente quel che è: un ignavo (stavo per usare termini peggiori), che ignora le basi su cui vive ed è indegno di una grande civiltà.
La Verità – 25 maggio 2024