Nell’ambito del progetto di ricerca EcoFoodFertility, uno studio multicentrico di biomonitoraggio umano ha rilevato una maggiore presenza di microplastiche associata a una qualità seminale inferiore. Questo studio ha individuato per la prima volta la presenza di microplastiche nei fluidi follicolari di 14 donne su 18 sottoposte a fecondazione assistita, completando così le valutazioni sull’apparato urogenitale maschile e femminile. È stata osservata una correlazione tra la concentrazione di microplastiche e parametri di ridotta funzionalità ovarica. Le microplastiche agiscono come vettori per altri contaminanti ambientali (diossine, policlorobifenili, ftalati, bisfenoli, metalli pesanti), che, legandosi ad esse, causano ulteriori danni agli organi riproduttivi, particolarmente sensibili agli inquinanti chimici. Attualmente, gli effetti delle microplastiche e nanoplastiche sono stati studiati principalmente su cellule in coltura, pesci e topi, dimostrando di indurre stress ossidativo, processi infiammatori e altri danni. Il ritrovamento di queste microparticelle in una matrice così cruciale per la conservazione del nostro patrimonio genetico rappresenta una preoccupazione per la salute riproduttiva maschile. Diversi studi condotti negli ultimi decenni hanno rilevato una riduzione del 51,6% del numero di spermatozoi a livello globale tra il 1973 e il 2018. Questo dato è ancora più allarmante se si considera che l’accelerazione del fenomeno è avvenuta negli ultimi 20 anni, soprattutto nei Paesi del Sud del mondo (Brasile, Nigeria, India, Cina), dove l’inquinamento è aumentato esponenzialmente insieme a tassi di sviluppo non sostenibile.