Di Vittorio Zedda
Per poter dare a questa riflessione sull’oblio una esposizione in qualche misura ordinata e leggibile ho dovuto, prima di iniziare, riascoltare la sinfonia n°41 in do maggiore, K551, di Wolfgang Amadeus Mozart, quella che ricordiamo come la “Jupiter” di Mozart.
Non si è trattato di una stramberia cervellotica, qui raccontata per dar lustro ad un discorso, forse nemmeno originale. Si è trattato solo della necessità di ritrovare nella sinfonia citata un passaggio legato ad una emozione indimenticabile, provata tanti anni fa, che m’indusse però anche ad una riflessione angosciosa e, al contempo, per me in quel momento inevitabile. Non avevo altro modo per verificarne efficacemente il ricordo, se non cercando un disco fra i tanti della mia raccolta. Mi è bastato seguire i primi due “movimenti” della sinfonia per arrivare a riascoltare, e rivivere, alla fine del secondo ,l’ “Andante cantabile”, quello splendido e trionfante tema finale affidato all’intera orchestra, dopo una serie reiterata di fraseggi musicali che preludono al maestoso finale. Fraseggi affidati prevalentemente agli archi e agli strumenti a fiato che creano una atmosfera sospesa e carica di tensione in cui il finale ampio e corale dilaga e avvolge l’anima di chi ascolta. Sublime, estatico.
Avevo all’incirca 27 anni, quando provai quell’emozione per la prima volta. E che rinnovai ascoltando nel tempo tante altre opere musicali . Erano gli anni in cui la corsa agli armamenti delle superpotenze mondiali non si limitavano più alle terrificanti bombe “atomiche”, apparentemente mandate in soffitta a favore di quelle cosiddette “termonucleari”, in grado di distruggere il mondo intero. O così almeno si diceva.
Ed io, davanti al mio impianto stereofonico che faceva girare un grande disco di vinile, pensai allora, con la stessa angoscia che ci prende ancora oggi ad ogni nuova guerra: «E se l’umanità finisse di esistere, così come tutto finisce, chi più suonerà la “Jupiter”? Chi ascolterà Mozart? A che sarà servito tutta questa immensa capacità creativa, l’arte sopraffina dei liutai, degli Stradivari, dei Guarnieri del Gesù, lo studio di generazione di musicisti, l’opera di compositori di armonie sublimi, e l’ “Adagio” dell’ “Inverno” di Vivaldi e il “Concerto per archi ed oboe” di Benedetto Marcello e “Les Preludes” di Franz Listz e la “Sonata a Kreutzer” di Beethoven e le opere verdiane e poi ancora e ancora, secoli e secoli di musica, di canto e di arte d’ogni genere? Sarà il nulla. Silenzio. Buio. Oblio.
Eppure oggi mi è bastato riascoltare, dopo decenni, la “Jupiter”, per accorgermi gradevolmente che la ricordavo tutta, quasi nota per nota. Tutto nella memoria di uno che non sa suonare altro che il campanello della porta, ma che ha ascoltato molte più sinfonie, concerti, sonate, poemi sinfonici, fughe e quartetti che canzonette. Mi porterò tutto con me dall’altra parte dopo che sarà caduto «il muro d’ombra» di cui parla Ungaretti?
Sarebbe una consolazione, se così fosse: almeno affronterei il viaggio ben equipaggiato. Potrei canticchiare mentalmente, come tuttora faccio, arie d’opera o recitare versi danteschi della Divina Commedia rimasti impigliati nella memoria per la loro “contagiosa” e spesso struggente bellezza: «Ben se’ crudel se tu già non ti duoli pensando ciò che ‘l mio cor s’annunziava; e se non piangi, di che pianger suoli?».
A scuola ci facevano studiare a memoria poesie o brani manzoniani: «Addio monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi..». E poi «Ognuno sta sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole…».
In ogni caso per ora posso solo giudicare ciò che è utile ai vivi. O per lo meno a me. Quindi dico: non è stato inutile “imparare a ricordare”, o, sempre tornando al padre Dante: «Non fa scienza, sanza lo ritenere, avere inteso».
Se non si fosse capito, è l’oblio che m’angoscia. E tornando al nostro tempo, e ai nostri problemi d’oggi, in tema d’oblio vorrei citare Indro Montanelli quando accusava gli italiani di essere un popolo senza memoria, pur avendo alle spalle una storia millenaria e un grande passato, ricco di scienza e d’arte d’ogni genere.
Ma oggi pare che un italiano su due non sappia nemmeno più che significhi esserlo. Non ci consola sapere che è un problema diffuso anche oltre le nostre frontiere. Non solo in Italia, si dice, ma a livello planetario la vita e i costumi cambiano e una nuova forma d’oblio incombe sull’umanità intera.
Ci vorrebbe un “Miracolo”, come già ha scritto Magdi Cristiano Allam nel suo libro “Un miracolo per l’Italia”. Ed è quanto mai opportuno che si cominci da casa nostra e, ciascuno di noi, da se stesso, a porre le premesse per un esame di coscienza e per un cambio di rotta. Combattendo quest’ultima determinante battaglia contro l’oblio. Perché questa mia riflessione, che attinge a reminiscenze di un percorso di vita, di emozioni, di apprendimenti e convinzioni maturate, ha trovato nel libro di Magdi un ulteriore motivo per contrastare, anche in extremis, l’oblio di se stessi.
Perché gli uomini e la loro civiltà vivono se ne è viva e operante la memoria. Ma oggi del presente stesso si perde il senso e la consapevolezza, nell’incalzare di eventi, fatti, stimoli e suggestioni che si sostituiscono continuamente e reciprocamente si cancellano. E così si perdono le radici e l’eredità di valori che ne sono la parte più preziosa.
Per me l’Ultimo Giorno è quello dell’oblio, quando l’ultimo uomo sarà scomparso. Recuperiamo la memoria. La vita è il contrario dell’oblio. Memoria e coscienza di quel che siamo potranno, spero, darci la misura di quello che potremo essere. Non sappiamo se e che cosa ci potrà servire “dopo”. Qui ed ora è l’oblio il nemico da battere. La vita è nella memoria viva, vissuta e rinnovata operosamente giorno per giorno.
Vittorio Zedda
Grazie Vittorio. Sono d’accordo con la tua riflessione. Mi ha fatto tornare in mente una frase di George Orwell in ‘1984’: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.” Il potere sa bene come, riscrivendo il passato e controllando la narrazione storica, può mantenere la propria posizione di autorità e decidere del nostro futuro approfittando dell’inconsapevolezza. Sta a noi agire contro l’oblio, farci difensori e attenti custodi della memoria del passato.
Che bella riflessione caro Vittorio, proprio vero che è “l’oblio che ci angoscia”. Le sensazioni vissute e le emozioni impossibili da dimenticare ci accompagnano per tutta la vita come un’esperienza indispensabile per poter andare avanti, e l’idea stessa che possano essere dimenticate ci spaventa. La musica ci suscita grandi emozioni, mi ricordo il concerto n.1 di Paganini con Salvatore Accardo, con i suoi rondò, il mio preferito, di cui mio padre, seppur stonato come una campana, ma attento alla mia passione per la musica, mi regalò il vinile. Fu una scoperta per me, e mi chiesi quella volta, e me lo chiedo ancora oggi, come fece mio padre a indovinare che sarebbe stato uno dei più bei regali di compleanno mai avuti? Quell’opera mi accompagna da sempre e mi ricorda mio padre. Dalle piccole cose che ci sembrano insignificanti, come l’odore del sigaro toscano fisso in bocca a mio zio, che percepivo al solo avvicinarmi al suo cancello, alle cose più grandi della vita come i momenti in cui si volta pagina, la laurea, la creazione di una famiglia, l’inizio di una carriera, sono tutte emozioni, piccole o grandi che siano. Scandiscono la nostra vita, ne costituiscono l’essenza, segnano la traccia della nostra esistenza. Grazie per la tua riflessione.
Grazie , caro Elio, per il tuo commento che rivela affinità nel sentire tra te e me. E’ vero : suoni, profumi e colori accompagnano emozioni e ricordi. Forse l’aver avuto in famiglia chi ha coltivato arti , come la pittura e la scultura e la musica , ha lasciato tracce in me che continuamente affiorano. La vita che corre via come il vento, non lascia tempo per raccontare. ma quando troviamo qualcuno che ci ascolta e condivide , è una vera benedizione. Te ne sono grato.
grazie a te Vittorio carissimo, davvero grazie
Come sempre rimango incantata nel sentirti parlare e raccontare storie di vita vissuta. La riflessione sull”importanza dei ricordi che riaffiorano ogni qual volta ascoltiamo una musica, rileggiamo una poesia, un brano di un libro mi fa pensare anche a quanto siano importanti”gli odori”. Per esempio pensiamo all’odore della nostra casa, ogni casa ha un odore. L’odore di un neonato e quello della nostra mamma. Odori rassicuranti che ci portano indietro nel tempo e fanno riaffiorare tanti ricordi. Anche io penso che finché avremo Vivi i nostri ricordi non cadremo mai nell’oblio. Grazie professore
Grazie Stefania per il tuo commento. Anch’io ho ricordi incancellabili di emozioni olfattive . Fino da bambino avvertivo il fascino della femminilità, anche se non potevo rendermi conto del perché : era troppo presto. Un giorno mi colpì il profumo di una mela, quello intenso e dolce di un frutto maturo, leggermente appassito : immediatamente mi fece pensare a quelle signore eleganti e profumate , conoscenti di mia madre, che io , allora bambino, incontravo per via e mia madre si fermava a conversare con loro. Ancora adesso il profumo di un certo tipo di mela mi ridesta quell’emozione sensoriale. Ancora grazie per il tuo apprezzamento.