Una fitta nebbia, forse una cataratta, è discesa in Italia e rende il paesaggio politico e civile indecifrabile, tra sagome fuggenti, soggetti smarriti, leader e partiti in cerca di riposizionarsi. Da lontano si distingue solo la piccola sagoma della Meloni, il resto è ombre in movimento.
Riassunto delle puntate precedenti: il lungo lockdown sanitario e lo strascico di emergenze che ne è seguito, l’intermezzo del governo Draghi e le improbabili alleanze alla sua base; poi l’improvvisa accelerazione estiva, il voto anticipato, il successo fatale di Giorgia Meloni e la nascita di un governo senza precedenti da lei guidato, ha spiazzato le ultime postazioni fisse, generando un paesaggio mobile, aperto a nuovi sviluppi e ricollocazioni.Esecrata inizialmente da tutti o quasi i grandi attori sulla scena, la Meloni è apparsa nei giorni a cavallo tra l’estate e l’autunno come l’unica soluzione a portata di mano. Non aveva competitori per Palazzo Chigi, ma solo nostalgici di Draghi e conservatori del reddito di cittadinanza. Il primo mese di governo guidato dalla Meloni ha ulteriormente spiazzato il presepe politico nostrano e i suoi affluenti e mandanti. Il suo criterio ispiratore sembra essere: enunciazione di massimi principi a cui seguono minimi cambiamenti. In tema di economia, migranti, giustizia, reddito di cittadinanza. Prevale la prudenza, il minimalismo, il piccolo scostamento, si lanciano solo piccoli segnali di nuove direzioni. Lei procede per gradi; anzi, visto il cognome, procede a fette.E questo guardingo gradualismo spiazza ulteriormente media e avversari: sarebbe stato facile attaccare drastici provvedimenti; diventa difficile prendersela coi minimi spostamenti. Così si passa dalla critica d’ordinanza, precostituita ma anche poco convinta e pochissimo efficace, all’osservazione sospettosa di quel che sta succedendo, in un continuo scambio di ruoli e di giudizi. Vano aggrapparsi ai vecchi schemi ideologici, prematuro capire se la Meloni stia realmente procedendo, tra slalom, frenate e bilanciamenti, verso una specie di sovranismo euro-compatibile, a piccole dosi, atlantista e nazional-conservatore; o è semplicemente alle prese con la quotidianità e le sue impellenze che affronta con realismo pratico e duttilità di approccio. Dissemina la strada di piccole rivendicazioni simboliche tratte del precedente repertorio di opposizione patriottica ma poi avanza con piccoli passi e graduali aggiustamenti. Di conseguenza non si sa bene cosa risponderle, a cosa opporsi, e in che modo. Dove va a parare? La sinistra richiama in servizio i vecchi arnesi propagandistici del pericolo fascista, reazionario, xenofobo ma nota lo scarso effetto del vecchio sillabario sinistrese, la nausea che produce nella gente l’uso del logoratissimo politically correct e delle sue applicazioni. Si barrica fuori tempo e fuori luogo dentro i suoi ultimi dogmi: migranti, lgbtq e antifascismo ma viene ogni giorno superata dalla realtà e rigettata dall’opinione comune e dai suoi veri bisogni. Non incide, è in una fase autistica.Troppo presto per giudicare, è vero; ma anche troppo inedita, senza precedenti, è la situazione per poter venire a capo di un giudizio più compiuto, traendolo dai vecchi pregiudizi.
Alla fine la gente deciderà sulla base degli effetti pratici, delle conseguenze sulla propria vita, prima che sulla vita del Paese. Intanto, preferisce mantenere aperta, con riserva, la porta al governo. Tutto sommato piace la Meloni, piace nei vertici internazionali, nel piglio decisionista e nel passo prudente; ma non sa ancora dove ci porterà.La sinistra non sa che pesci pigliare e nemmeno che leader esibire: sta chiudendo male la stagione con la faccia di Letta, ma non riesce ancora a vedere un volto alternativo e soprattutto una via, una linea nuova e condivisa. E’ nel marasma, tra abbozzi e balbettii. Chiede nuovi battesimi e facce meno usurate, ma non sa in che direzione andare. Più facile la posizione degli altri due oppositori: Conte, nel suo ultimo travestimento, è ora l’Avvocato dei Disoccupati Organizzati, preoccupato di mantenere il reddito di cittadinanza for ever, sennò minaccia sfracelli. Calenda fa il grillo parlante, in opposizione al Grillo silente, lavora ai bordi, si limita al gioco di rimessa. Renzi tace, incombe come una nuvola, ma non si sa dove e quando precipiterà in acquazzone e perturbazione. E gli alleati della Meloni? Non vogliono far saltare il tavolo, sarebbero cretini o rincretiniti, ma cercano di ritagliarsi un ruolo più vistoso e decisivo. Patiscono il protagonismo della premier, che è nei fatti prima che nelle sue intenzioni. Salvini mostra adesione al governo, esibisce sintonia, ma insieme cerca di marcare la sua presenza nel governo e ritagliarsi un ruolo; deve vedersela con l’autonomia regionale che è una spina nel fianco del governo ma anche per lui, incalzato dagli autonomisti interni. Berlusconi si pone ancora come garante del centro, dei moderati e dei liberali in un governo sovranista, ma è sempre più sbiadita la sua presenza; e il suo partito segue a ruota la sua eclissi, a cui non riuscirebbe a sopravvivere.La destra è presa dalla quotidianità del governare, si gode l’ebbrezza della primazia e del protagonismo, anche se non si converte in egemonia, da nessuna parte. Tutto continua ad andare nel verso di sempre. Assolti i preliminari obbligati, ossia il triplice inchino all’Europa, alla Nato e alla Dragonomics, nonché il ripudio drastico di ogni vaga fascisteria, la destra cerca come lasciare un segno cospicuo del suo avvento al governo, senza però generare traumi e reazioni forti dell’establishment. Sbrigati gli obblighi di continuità, deve ora mostrare e saper scegliere i segni giusti della discontinuità rispetto ai precedenti governi. Sennò che ci sta a fare, perché fu votata? Ombre mobili e Meloni alla prova.
La Verità- 23 novembre 2022
Meloni, i piazzisti e gli spiazzati
Viviamo in un momento storico particolare, dove il potere finanziario comanda ormai il mondo e la globalizzazione ha ucciso la libertà di pensiero e quindi il pensiero unico, globalista, finanziario fa da padrone.
Il nuovo governo nasce sulle ceneri di decenni di mal governo e di transizione tra la vecchia repubblica e la nuova…si fa per dire repubblica.
Dopo governi distruttivi e dal popolo mai votati (PD in testa), abbiamo un governo legittimo voluto dal popolo.
Il governo del/della Presidente Meloni nasce dalle ceneri dell’alleanza PD-5 Stelle, nasce da una rappresentazione teatrale tragicomica, degna di una commedia di De Filippo, non sappiamo se ridere o piangere.
Il nuovo Governo si trova a gestire un periodo nefasto: il disastro della guerra voluta dagli USA con al comando un anziano Presidente con presunta demenza senile, e con il plagio di una presidenza europea di una signora impresentabile per contenuti, contro il popolo e la libertà. Alleata dei poteri forti e finanziari.
Un periodo di recessione economica, con una inflazione marcata, dove i tassi di interesse per un mutuo sono raddoppiati e dove le banche tutte d’accordo non fanno più i mutui a tasso fisso e fanno di tutto a quei pochi che lo chiedono di non erogarlo, e quindi bloccano il mercato immobiliare ed imprenditoriale (piccolo e medio), bloccando il commercio e quindi provocando anche loro una recessione.
Il caro energia, in un mercato libero, ma presumibilmente viziato da accordi strani, poiché i prezzi tra una compagnia e l’altra non si differenziano molto e quindi sono contro il cittadino.
La pandemia, presunta, vera, strana, i rapporti con la sanità nebulosi, con interessi che sono evidenti.
Il caro spesa, oggi andare a comprare il cibo, la nostra sussistenza è diventato pesante, i prezzi sono quasi raddoppiati.
Questo Governo nasce in un momento drammatico, con troppi problemi. Mi viene da pensare che il PD ha voluto perdere poiché non sapeva più cosa fare e ha lasciato la vittoria al centrodestra per addossare a loro tutte le responsabilità del disastro economico, sanitario, sociale e culturale che negli ultimi decenni hanno provocato in maniera scientifica.
Il governo si deve destreggiare con la quotidianità e con il disastro lasciato dai predecessori, si barcamena su problemi vecchi ed irrisolti e con i nuovi.
L’immagine disastrosa che abbiamo è figlia di facili costumi, la madre certamente poco casta ha partorito cose insensate e contro il popolo italiano.
L’ italoperetta con l’ europeretta sono riuscite nel tempo a distruggere i veri valori dell’ Europa e della nostra nazione, non si può addossare i problemi al nuovo governo, facciamolo lavorare per ricostruire.
Il popolo si aspetta una opposizione costruttiva non becera, fatta di proposte fattibili e condivise in pieno dal Parlamento. La vecchia politica, quella distruttiva dove se il governo propone un provvedimento giusto, positivo buono, lo affossa, con il preciso intento di distruggere per il proprio interesse il suo stesso popolo lasciamola al passato. Ricostruiamo un Italia unita sul piano sociale, economico, culturale, legale, quest’ultima parola dall’inizio della Repubblica mai stata.
Affidiamoci e dobbiamo fiducia di questo governo, ultima spiaggia, ultimo miraggio.