È una strategia un po’ rozza, ma bisogna riconoscere che ha una ferrea logica. La Francia e la Gran Bretagna sono state potenze coloniali. Hanno sicuramente portato qualche interessante dono, l’alfabeto latino, il concetto di asepsi e un paio di altre cose, ma hanno anche portato disprezzo, dolore, morte, schiavizzazione, sfruttamento. Molti colonizzati hanno amato Hitler, il nemico dei loro colonizzatori. Con la prima guerra mondiale crolla l’Impero Ottomano e il Medio Oriente diventa un protettorato inglese. Per le persone di religione islamica fu una tripla catastrofe. Si trovavano sotto il comando di infedeli. Il crollo dell’Impero Ottomano, il fatto che non ci fosse nel mondo una superpotenza islamica, dimostrava la sconfitta dell’Islam: Maometto ha ordinato ai suoi seguaci di conquistare, militarmente il mondo, i suoi seguaci erano piccole nazioni qualsiasi, quando non colonizzate dagli infedeli. In Palestina, terra quasi disabitata e miserabile, landa fatta di sassi, scorpioni, paludi malariche e deserto, i latifondisti avevano venduto a carissimo prezzo le terre ai sionisti, che le avevano rese coltivabili. Sotto l’Impero Ottomano i sionisti, ebrei, erano stranieri che compravano terre, terre che però sarebbero comunque appartenute all’Impero Ottomano, cioè a uno stato islamico. Avevano la statuto di Dhimmi, termine con cui si indica un infedele cui, in cambio di sottomissione e del pagamento di un tributo, è concessa “protezione”. Anche gli armeni erano Dhimmi. Nel momento in cui eserciti cristiani hanno attaccato l’Impero ottomano, hanno perso lo statuto di Dhimmi, sottomessi ma protetti, e sono stati massacrati. Con i crollo dell’impero ottomano gli ebrei in Palestina perdono la status di Dhimmi, e cominciano gli attacchi contro di loro. Dhimmi vuol dire anche che in qualsiasi momento le terre vendute avrebbero potute essere espropriate e loro cacciati, esattamente come è successo con i 900000 ebrei espulsi da un giorno all’altro, dopo averne incamerato i beni, dai paesi islamici nel 1949: si trattava di popolazioni che vivano in quelle terre da più di un millennio, in molti casi dalla Diaspora, da molto prima quindi dell’arrivo degli arabi, che sono persone che vengono dall’Arabia, e ovunque si trovino al di fuori dell’Arabia, dal Marocco all’Indonesia, ci sono arrivati con la guerra e la violenza. Queste popolazioni sono state espulse senza il minimo problema etico e giuridico in quanto Dhimmi: l’esistenza dello stato di Israele, ebrei armati, ha tolto a tutti gli ebrei lo stato di Dhimmi trasformandoli in nemici, Se l’Impero ottomano è rimpiazzato dagli inglesi, l’espulsione non è più possibile, le terre vendute diventano veramente vendute, vendute per sempre. La spartizione fu decisa nel 1916 con l’accordo Sykes- Picot. Ci fu poi un ininterrotto stillicidio di violenze, per cui il 2 novembre 1917 il governo britannico per voce del suo Ministro degli esteri Balfour si impegnò a sostenere la costituzione di un “focolare nazionale” ebraico in Palestina. Nell’islam se una terra è appartenuta all’islam, deve essere islamica per sempre, è blasfemia che non sia più islamica. Stesso discorso vale per il Libano, che era la terra dei cristiani maroniti, ma ora è stato islamizzato. Questo vale anche per la Sicilia e l’Andalusia. Particolarmente gravi gli attacchi agli ebrei di Gerusalemme nel giorno Pasqua del 1920. Quel giorno coincidevano tre festività religiose: la Pasqua ebraica, la Pasqua cristiana e la Nebi Musa musulmana. I mussulmani gridavano: “La Palestina è la nostra terra. Gli ebrei sono i nostri cani!” Ne seguirono aggressioni e saccheggi. Dopo questa concessione però non ci fu nessuna benevolenza da parte dell’Impero Britannico, che continuò a centellinare nuovi accessi. Le navi di ebrei venivano rimandate indietro. Le parole focolaio nazionale sono molto vaghe. In un memorandum datato 1 luglio 1922, Churchill chiarì che il Regno Unito non intendeva permettere che la Palestina diventasse “tanto ebraica quanto l’Inghilterra è inglese”. Sarebbe stata consentita un’ulteriore immigrazione, ma solo in misura compatibile con le esigenze dell’economia. Inoltre, la Transgiordania fu separata dalla Palestina e l’immigrazione ebraica in Transgiordania fu proibita. Iniziò così una spirale di estorsioni arabe. Dopo ogni scoppio di violenza, veniva istituita una commissione d’inchiesta britannica per identificarne le cause, e ogni rapporto finale avrebbe stabilito che gli arabi avevano paura di essere cacciati dagli ebrei. Per ridurre i disordini, le commissioni raccomandavano sempre lo stesso rimedio, in dosaggi variabili: porre limiti all’immigrazione ebraica. Il Gran Mufti di Gerusalemme Amin el-Husseini, guidò le azioni di guerriglia, veri e propri pogrom, dal 1929 in poi. Nel momento in cui Adolf Hitler comparve sulla scena, inevitabilmente attirò le speranze islamiche da un lato dai palestinesi, dall’altro degli involontari sudditi degli imperi coloniali francese e britannico. Era nemico dell’Impero Britannico e della Francia, ed era nemico degli ebrei. Ha ricostruito tutta questa oscura parte della storia il libro “Nazi Palestine, the plans for extermination of the Jews in Palestine”, di Klaus Michael Mallmann e Martin Cuppers. I campi di concentramento non sono stati fatti in un giorno. All’inizio ci fu un allontanamento dalle cariche pubbliche, il divieto di matrimoni misti, e ovvi progetti di espulsione. Alla Conferenza di Evian del 1938 tutte le nazioni con l’esclusione dell’Honduras rifiutarono di accogliere gli ebrei tedeschi, sia perché non avevano capito, era inconcepibile, che rischiavano la vita, sia per non destabilizzarsi accogliendo minoranze. La Gran Bretagna vietò che andassero in Palestina per evitare altri disordini. Il Mein Kampf conteneva un passaggio violentemente anti-arabo, in un primo tempo Hitler aveva rifiutato con disprezzo la “guerra santa” dei musulmani, che aveva bollato come inferiori razzialmente. Una serie di colloqui del Gran Mufti con il gerarca nazista Alfred Rosenberg, portò invece ad una alleanza strategica. Le righe del Mein Kampf furono emendate nelle versioni per il mondo arabo e ci fu una arianizzazione degli arabi, che furono dichiarati non semiti, così che fosse chiaro che l’antisemitismo non li riguardava. L’odio condiviso per gli ebrei creò una convergenza crescente che portò a un cambiamento epocale nella politica estera tedesca, che alla fine degli anni ’30 spostò il suo focus dal cercare di accelerare l’emigrazione ebraica al fornire sostegno diretto ai nazionalisti arabi. L’intervento diretto della Germania nel mondo arabo iniziò con l’arrivo dell’Afrlka Korps in Libia nel febbraio 1941. Per i nazionalsocialisti questo evento era direttamente collegato ai piani strategici di vasta portata per la conquista dell’intero Medio Oriente. Nel momento in cui Hitler salì al potere è evidente e anche ovvio che divenne la speranza di chi voleva distruggere quell’embrione di nazione che sarebbe diventata Israele. Nel 1941 la Germania nazista sembrava invincibile. Nel Nord Africa la sua vittoria sembrava certa. A Berlino venivano elaborati piani molto specifici per garantire il genocidio degli ebrei in Palestina. Con l’invasione dell’Egitto alle porte, molti nazionalisti arabi che cercavano di eliminare la presenza britannica e francese nel Nord Africa e nel Vicino Oriente si rivolsero a un leader, il Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin el-Husseini, come guida. Il Mufti visitò le capitali dell’Asse e ebbe diversi incontri con Adolf Hitler. La Germania nazista non solo promise di porre fine alla “presenza coloniale” europea che aveva sostituito l’Impero Ottomano, ma si impegnò anche a spazzare via gli ebrei che vivevano in Palestina da tempo immemorabile, così come i nuovi arrivati con il movimento sionista moderno nel diciannovesimo secolo e in seguito alla Dichiarazione Balfour del 1917. Il processo di sterminio stava per essere attivato e gli ufficiali delle SS e dell’SD (Sicherheitsdienst Servizio di Sicurezza) erano stati selezionati e assegnati al compito. Dovevano operare dietro le linee con l’aiuto di coloro che nella regione erano ansiosi di unirsi alla task force. Quando l’Afrika Korps fu sconfitto a EI Alamein, l’Einsatzkommando (nome dato a squadre della morte mobili come quelle che agirono in Ucraina) spostò le sue operazioni in Tunisia, dove per molti mesi attuò crudeli politiche antiebraiche. Fu uno specifico programma di sterminio regionale nel contesto dell’Olocausto, di cui resta traccia negli statuti di Hamas e Al Fatah, che prevedono al primo articolo la distruzione dello Stato di Israele. L’articolo 7 di Hamas afferma che saranno assassinati gli ebrei ovunque si trovino nel mondo. Questo è un programma genocidario.