Un giorno faranno una guerra e nessuno vi parteciperà.
(Carl Sandburg)
Ogni tanto scoppia una strana nostalgia della guerra
C’è sempre una buona ragione
Che si fa strada ovunque
E giustifica l’uso delle armi
Odio e amore
Sottomissione
In tutti gli angoli della terra
Intenti a ripetere l’atavico
Ostile e squallido grido dell’attacco
Qualche volta è un lamento lontano
Una triste invocazione di morte
Tanto lontana perché l’eco
Ce la riporti come una preghiera
Che riesce a perdersi nell’oceano affollato della paura
Dell’angoscia
Della desolata disperazione
Dello scherno della resa
Della illusione della vittoria
Muoiono anche i guerrieri
Inutili eroi
Tumulati come le loro stesse vittime
Non ha perso nessuno
Non ha vinto nessuno
Qualche volta la distruzione è sotto casa
Ferite
Cicatrici
Patimenti e
Morte
Possono arrivare anche in casa
E allora
Riesce più difficile ignorarle
Come da secoli ci hanno abituati a fare
L’uso diretto della forza è una soluzione così povera per qualsiasi problema, ed è generalmente utilizzato solo dai bambini piccoli e dalle grandi nazioni.
(David Friedman)
In guerra siamo ben mimetizzati. Qualcuno nelle foglie, qualcuno nell’erba e qualcun altro dentro i tumuli.
(Milan Todorov)
Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.
È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.
Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.
“Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.
Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.
Siamo sempre poi finiti in una sorta di vicolo cieco, quello del mistero attorno al quale si dipana la vita, dove abbastanza facilmente si entra ma spesso meno facilmente si riescono a riconoscere i valori più profondi che animano e sottendono l’enigma esistenziale .
E sempre, come ad un appuntamento significativo di una importante cerimonia celebrativa, ci siamo ritrovati con le medesime domande e con le più svariate quanto spesso insufficienti e deludenti risposte.
Risposte che solo l’armonia della creazione insieme a tutti i misteri noti o ancora ignoti possono utilmente significare.
Carissimo Giorgio non posso non concordare con la salvaguardia del bene supremo della vita e con il dolore incommensurabile per la morte dei nostri cari. Tuttavia dobbiamo prendere atto che per sua natura l’uomo ha sempre cercato di imporsi e di dominare il prossimo, e che in assenza di regole e di sanzioni ha sempre finito per prevalere l’arbitrio a cui segue l’inevitabile repressione. Lo attesta il fatto che la nostra Storia è connotata da una successione di guerre. La pace appare come una parentesi. In questo contesto dobbiamo sicuramente mobilitarci per affermare la pace, ma l’unico modo realistico è di essere forti militarmente e sul piano della sicurezza, conformemente all’antico detto romano “Si vis pacem para bellum”. Grazie per il tuo contributo poetico che ci fa amare il bello e ci fa riflettere sul senso profondo della vita.
Magdi Cristiano Allam